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Diabete,trapiantate cellule pancreas su 41enne: primo caso in Europa

Lʼintervento è stato concluso con successo allʼOspedale Niguarda. Secondo gli esperti si tratta del primo caso in Europa e del quarto a livello globale

Dall'Ospedale Niguarda di Milano arriva un nuovo passo avanti nella lotta al diabete.

Un gruppo di medici ha effettuato con successo su un paziente di 41 anni un nuovo tipo di trapianto di isole pancreatiche, ovvero le cellule che producono insulina. Si tratta di un intervento, il primo in Europa e il quarto a livello globale, che punta a curare il diabete di tipo I attraverso una "impalcatura" biotech. Secondo gli esperti, l'uomo "ora non ha più bisogno di auto-somministrarsi insulina".

Un'operazione mini-invasiva - Il paziente sottoposto all'operazione convive con il diabete dall'età di undici anni. Grazie a una procedura chirurgica mini-invasiva, gli sono state trapiantate le cellule deputate alla produzione di insulina che la malattia aveva messo fuori uso. "La nuova procedura sperimentale - spiegano gli specialisti - è stata messa a punto dal Diabetes Research Institute, un centro di eccellenza diretto da Camillo Ricordi all'Università di Miami, dove sono stati seguiti i primi due casi al mondo".

La nuova tecnica - "Attualmente le cellule insulari vengono infuse nel fegato - osserva Luciano De Carlis, direttore di Chirurgia Generale e Trapianti - ma molte di esse non sopravvivono in questo ambiente, a causa di una reazione infiammatoria che ne compromette il funzionamento". Con la nuova tecnica, che prevede di iniettare le cellule nell'omento (il tessuto che ricopre e protegge gli organi dell'addome) con la chirurgia detta videolaparoscopica, "si è aperta una nuova via".

Sostanze nel sangue - L'opinione degli scienziati è che "questa tecnica di ingegneria tissutale sarà fondamentale per permettere la sperimentazione clinica di nuove tecnologie per evitare l'uso di farmaci anti-rigetto, che oggi limitano l'applicabilità del trapianto di isole ai casi più gravi di diabete". Le isole pancreatiche di un donatore, spiegano nel dettaglio gli esperti, sono state inglobate in un'impalcatura biologica combinando il plasma del paziente con la trombina. "Queste componenti, quando unite, creano una sostanza gelatinosa che si attacca all'omento e mantiene le isole in quella posizione. L'organismo assorbe gradualmente il gel lasciando le isole intatte, mentre si formano nuovi vasi sanguigni che forniscono l'ossigenazione e gli altri nutrienti necessari per la sopravvivenza delle cellule".

La ricerca continua - Grazie a questa evoluzione, concludono gli specialisti, "si punta a ottenere una sopravvivenza più prolungata delle isole pancreatiche rispetto a quanto avviene per l'infusione nel fegato. In futuro sarà possibile anche applicare microcapsule e altri dispositivi per ridurre la necessità della terapia immunosoppressiva".