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Mafia Capitale unico motore di Roma

Ramazzo o non ramazzo? Lʼeditoriale di Mario Giordano per "Libero"

Mario Giordano
tgcom24

Armiamoci e ramazzate. Voi cominciate pure, Alessandro Gassmann arriverà. Tra un po'. Qualche settimana. O qualche mese. Che ci volete fare? Lui ha avuto l'idea, non dovrà mica metterci pure la fatica, no? Almeno non subito. Roma fa schifo, urge intervenire. Ma anche l'urgenza ha i suoi limiti: prima, intanto, bisogna finire di girare il film in Uruguay, Onda su Onda, con Rocco Papaleo. Poi, ovviamente, bisogna andare in vacanza. Non vorrete mica che il sindaco Marino, con tutto quello che ha già rovinato, rovini pure le vacanze al rampollo d'oro, figlio di cotanto padre e amico di cotanti amici? Arrivederci a settembre: fra l'altro fa pure un po' meno caldo, non si suda e non ci si rovina la messa in piega.

La ramazza allora potrà finalmente saltare fra le mani di Alessandro Gassmann. O, al massimo, della sua colf.

La proposta social, lanciata dall'altra parte dell'Oceano, a assoluta distanza di sicurezza dai cumuli di immondizia, ha subito avuto un grande successo. E' ovvio: che c'è di meglio, in una domenica d'estate, per far parlare di sé? In questi tempi grami l'esibizione del senso civico giova agli attori assai più che l'esibizione dei pettorali in spiaggia. E Alessandro Gassmann, uno che a queste cose è sempre attento, uno che si divide tra Amnesty e Vanzina, un'apparizione nei campi profughi e una nei Cesaroni, non poteva perdere l'occasione. Salviamo Roma con la ramazza? Ferve dibattito e i giornali si sono subito buttati a capofitto con le domande fondamentali della giornata: che cosa ne pensa Gigi Proietti? E il comico Enzo Salvi detto Er Cipolla? E Gianfranco D'Angelo, quello reso celebre da has fidanken?

Ramazzo o non ramazzo, questo sembra il dilemma. Come se il problema di tenere pulita la città sia davvero dei cittadini, accompagnati dai nomi più o meno vip. E invece il fatto stesso che ci si ponga questa domanda è la dimostrazione che la risposta dovrebbe essere un'altra. I cittadini, in effetti, non dovrebbero ramazzare l'immondizia ammonticchiata negli angoli di Roma. Piuttosto dovrebbero ramazzare la giunta Marino, responsabile di tutto ciò. Perché, non so se la notizia è arrivata in Uruguay, ma in un Paese civile gli elettori sono chiamati a fare pulizia in un unico modo: con lo spazzolone? Col mocho vileda? Con Spic&Span e cera Grey? Macché: con il voto. Trattasi di Mastrolindo democratico: lo passi e spariscono le incrostazioni.

E che di incrostazioni a Roma ce ne siano parecchie è piuttosto evidente. Si ha l'impressione, in effetti, che scoperchiato il pentolone di Mafia Capitale la giunta municipale si sia progressivamente dissolta nel nulla. Perde i pezzi, non ha più ragioni per stare insieme, non trova nemmeno le modalità per agire. Come se il malaffare non fosse stato un cancro da estirpare, un bastone fra le ruote della macchina amministrativa, un impedimento alla corretta gestione della città: al contrario, sembra che il malaffare sia stato elemento costitutivo, centrale, quasi onnicomprensivo, tanto che togliendolo non resta nulla. Campidoglio: corruzione e poco altro, Buzzi e Carminati e poi il deserto. Sotto le tangenti, niente.

Se non fosse stato così, infatti, una volta scoppiato il bubbone le singole amministrazioni avrebbero cominciato a funzionare, no? E invece fateci caso: Mafia Capitale egemonizzava l'assistenza stranieri e l'assistenza stranieri non è mai andata in tilt come ora. Mafia Capitale si occupava di verde pubblico, rifiuti e pulizia e verde pubblico, rifiuti e pulizia sono mai andati in tilt come ora. Mafia Capitale entrava pesantemente nei trasporti e i trasporti non sono mai andati in tilt come ora, tanto da costringere il sindaco a una umiliante e assurda richiesta pubblica di scuse. Il risultato è devastante. Guardare la Roma di Marino in questi giorni, infatti, è un po' come guardare un tossicodipendente all'ultimo stadio, uno di quelli pieni fino al collo, irrecuperabili: tu gli togli l'eroina, ma capisci subito che lui non ce la fa a salvarsi perché ormai la droga è entrata nel suo sangue, nel suo cervello, nel suo corpo, corrodendo e corrompendo tutto il resto. Magari è pulito, ma non sta in piedi. Non può stare in piedi. Nemmeno se s'appoggia a una ramazza d'autore. Anzi, d'attore.