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LʼOriana, se fosse viva, si incavolerebbe di brutto

TELEBESTIARIO di Francesco Specchia

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"Me ne vado portando via con me l'immagine di un paese destinato all'infelicità...". La suddetta frase è pronunciata da Vittoria Puccini nei fragili panni di Oriana Fallaci (L'Oriana, Raiuno lunedì e martedì, prime time, un misero 14% di share) in riferimento all'Iran di Khomeini; ma si attaglia facilmente alla sensazione insufflata dalla stessa fiction nello spettatore medio.

Infelicità. Tanta infelicità. Un sudario d'infelicità ricopre il tentativo - coraggioso, ma maldestro - di trasporre le gesta della più grande giornalista italiana d'ogni tempo. Eppure, teoricamente, sulla carta, la storia c'era tutta. C'era la parte avventurosa dell'eroica cronista in elmetto sui campi di fango e sangue del Vietnam ("Buttavamo i vietcong dall'elicottero dopo averli fatti confessare", le confessa un ufficiale americano con accento terribilmente simile a quello di Alan Friedman); i proiettili nella schiena beccati durante le manifestazioni di piazza messicane; l'errabondare con la sigaretta perennemente in bocca negli orrori della Grecia dei colonelli. C'era anche la parte sentimentale: gli incontri neanche troppo segreti all'Hotel Continental di Saigon; la love story tenera e ferocissima con Panagulis; il rapporto col babbo "destinatario di un amore burbero e profondo"; il tira-e-molla tra i ricordi nell'intervista con una giovane aspirante giornalista alla quale Oriana - in riferimento alle sue finte nozze prima del famoso incontro intervista con Khomeini - rivela: "Non è assurdo che l'unico matrimonio della mia vita sia stato con un religioso islamico?" e la ragazza esulta: "Che ganza!".

Ecco. A "Che ganza!" la vera Oriana avrebbe estratto un mitragliatore leggero. Sulla carta la materia era viva, insomma. Purtroppo ne è una uscita una cosina bidimensionale, un'accozzaglia di flashback ricuciti dalla presenza della protagonista, la Puccini. La quale - figura fragile e minuta rispetto alla possanza dell'Oriana - impostava la drammaturgia non nell'interpretazione, ma sull'imitazione. Per non dire della regia a tratti narcotica. Meglio, allora la riduzione teatrale che ne fece, anni, fa Monica Guerritore.

"Se fosse stata ancora viva, di certo Oriana Fallaci avrebbe impedito tale scempio, non prima di aver massacrato verbalmente chi se n'è reso responsabile", scrive Domenica Naso sul "Fatto Quotidiano". Concordo. Spero solo che ora a nessuno venga in mente una fiction su Montanelli...