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Il lavoro, bene comune da difendere

LʼAd di ManpowerGroup Italia e Iberia Stefano Scabbio spiega: "La rivoluzione non starà nel difendere il posto di lavoro ma il lavoro"

stefano scabbio manpower fatti e misfatti
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Il lavoro è ritornato negli ultimi giorni prepotentemente al centro del dibattito nazionale. Il governo Renzi ha infatti delineato con il Jobs Act, un nuovo programma di riforme che interessano il mercato del lavoro e intervengono in modo diretto sull'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

È questo il tema affrontatonel corso della puntata di giovedi di "Fatti e Misfatti", approfondimento del canale Tgcom24, condotto dal direttore di New Media Mediaset Paolo Liguori.

Al dibattito hanno partecipato Giovanna Martelli, deputata PD e componente della commissione Lavoro della camera e Stefano Scabbio, Presidente e Amministratore Delegato di ManpowerGroup Italia e Iberia che ha fatto il punto sulla situazione del mercato del lavoro in Italia, con un occhio critico alle modalità di gestione dei rapporti di lavoro.

Secondo Scabbio, “l'economia attuale chiede ai lavoratori di sostenere le trasformazioni che stanno investendo le imprese e, allo stesso tempo, i lavoratori chiedono a gran voce una formazione più adeguata e maggiore protezione. Le regole rigide non devono essere un'ossessione e la flessibilità deve essere un requisito fondamentale per rilanciare il mercato occupazionale”.

“I tre 'perni' sui quali deve fondarsi il futuro assetto del mercato del lavoro italiano” continua Scabbio “devono essere le semplificazioni normative, gli ammortizzatori sociali che da ammortizzatori passivi (come la cassa integrazione) devono trasformarsi in ammortizzatori attivi (che implicano un'attività del lavoratore e dei servizi) e l'efficienza dei servizi al lavoro”.

C'è bisogno quindi di un modello come quello spagnolo dove, dopo le riforme del governo Rajoy, si è lavorato sui servizi al lavoro con un ampio coinvolgimento anche del settore privato e di società come ManpowerGroup. Allo stesso tempo il governo si è mosso riducendo l'imponibile fiscale con il risultato di un incremento degli investimenti esteri soprattutto provenienti dalla Francia.

Quest'azione combinata ha portato a un immediato incremento delle opportunità occupazionali e a una forte spinta alla crescita. L'Italia ha bisogno di agire seguendo lo stesso percorso e di muoversi sul mercato occupazionale superando anche lo scoglio culturale della completa dipendenza dal settore pubblico.

Il Paese è bloccato e la polemica sull'articolo 18 diventa sterile davanti a riforme che vogliono davvero portare la cultura del lavoro da una logica di obbligazione di mezzo ad una logica di obbligazione di risultato.

La vera rivoluzione culturale non starà, infatti, nel difendere il posto di lavoro ma nel difendere il lavoro.

“Recenti studi” conclude Scabbio “hanno dimostrato che in sistemi con alta protezione del lavoro l'industria riesce a svilupparsi solo su settori industriali e maturi con scarsa adozione di tecnologie innovative. Se si vuole continuare a essere un Paese moderno e continuare ad attrarre talenti c'è bisogno di un mercato che richiede la disponibilità del lavoratore allo svolgimento di lavoro flessibile ed elastico e al datore di lavoro il potere di modificare con maggiore facilità la collocazione temporale della prestazione lavorativa (flessibilità orizzontale)”.

Sono inoltre necessari percorsi d'istruzione e formazione come parte integrante del sistema occupazionale e partire da una loro modernizzazione può essere un primo passo verso il cambiamento. Bisogna quindi ridefinire il ponte tra scuola e lavoro con un'ottica di formazione continua che segua le richieste del mercato.