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Voci dalla curva 2013/14

I commenti di Tgcom24 e i tweet dei big match

voci dalla curva
tgcom24

Tra fascino, sfottò e veleni torna la Serie A, croce e delizia di milioni di tifosi italiani.

In questo spazio scrivono loro, mandano un commento a caldo della squadra del cuore. Scrivono qua anche i giornalisti della redazione di Tgcom24, ma vi invitiamo a mettere nero su bianco opinioni e pareri. Mandateci la vostra "voce dalla curva"

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VENTINOVESIMA GIORNATA

QUI SAMPDORIA


Che Samp ragazzi. La squadra che ha demolito il Verona a Marassi è solo lontana parente di quella che aveva preso tre gol a Bergamo senza reagire. Contro l'Hellas è arrivata una vittoria netta, perentoria, di rabbia. Fatta anche di grandi giocate. Cinque reti che possono sembrare eccessive, alla luce delle occasioni create dai gialloblu, ma che inquadrano bene la determinazione messa in campo da Palombo e compagni. Mihajlovic aveva chiesto uno scatto d'orgoglio e i suoi l'hanno accontentato, in particolare chi aveva giocato meno. Il tecnico serbo ha dato una sterzata provando a cambiare modulo e giocatori, non a caso i primi due gol sono arrivati da Sansone e Renan, due mancini importanti.. Una risposta positiva comunque è arrivata da tutti, la squadra ha dimostrato di esserci ancora e di avere l'intenzione di chiudere il campionato onorandolo fino in fondo. La brutta esperienza dello scorso finale di stagione sembra sia servita da lezione ai blucerchiati, che potrebbero togliersi lo sfizio di precedere il Genoa in classifica. In tutto questo, l'uomo simbolo della rinascita targata Mihajlovic è sempre di più Soriano. Convocato per il recente stage di Prandelli, sembra finalmente essere sbocciato come ci si aspettava al suo arrivo da Monaco di Baviera. Cassano diceva di lui che sarebbe diventato uno dei migliori, ora si capisce il perché.

Simone Ottavis
@SimoneOttavis

QUI

LIVORNO


No, non ci siamo. Ogni viaggio, un pianto. Il solito Livorno formato trasferta si fa maltrattare dal Toro dello scatenato Immobile ("pensa se si muoveva..." hanno commentato con la dissacrante ironia che li contraddistingue i tifosi livornesi) ed esce con le ossa rotte dalla trasferta di Torino. Certo, gli alibi non mancano: con Mbaye ed Emeghara squalificati i forfait di Emerson e Benassi hanno mandato all'aria tutto lo scacchiere di Mimmo Di Carlo. E quando le cose si fanno difficili questo gruppo si squaglia: non lotta, resta sulle ginocchia, aspetta inerte il fischio finale. Questo non è accettabile. Mai. Quest'anno gli amaranto non hanno mai vinto in rimonta. Se si prende gol, ciao ciao tre punti. Sempre. Un bel problema. Fortuna che si torna subito in campo, mercoledì Paulinho e compagni saranno di scena a Bergamo contro l'Atalanta. Campo tradizionalmente ostico, c'è da sperare che i nerazzurri siano gasati (e sazi) dall'impresa di San Siro. Fare punti è d'obbligo anche perché i prossimi avversari si chiamano Inter e Juve...

Luca Aprea
@cafeponci


VENTISETTESIMA GIORNATA

QUI JUVE


Oggi, prima di venire in redazione, sono passato un attimo in merceria: mi servivano ago e filo. C'è uno scudetto da cucire sulla maglia, l'ennesimo: trattasi del terzo consecutivo dell'era Conte, l'uomo che ha cambiato la storia della Juventus dopo gli anni bui post-Calciopoli. Il sole splende su Torino anche oggi, lunedì 17 marzo, perché il campionato è finito e la Juve è campione d'Italia. Come dite? Non lo è ancora? Vabbè, che precisini che siete. Con la vittoria sul Genoa, la scaramanzia può andare a farsi un giro. Nulla potrà evitare l'inevitabile: la squadra più forte, in una competizione lunga, vince praticamente sempre. E da tre anni a questa parte, tocca alla Juve. A Marassi, però, è stata dura, perché gli avversari - come spesso accade - contro di noi giocano la partita della vita. Il povero Bertolacci, tanto per dire, dicono abbia bisogno di un nuovo polmone. La partita poteva essere certamente più semplice, anche perché il Genoa ha giocato uomo su uomo a centrocampo accettando sempre la parità numerica. Due attaccanti centrali (noi) e due difensori sempre addosso, e uno dietro; con (quasi) nessuno a protezione davanti, perché Matuzalem aveva il compito di rompere le cosiddette a Pirlo. Il progetto di Gasperini, per la verità, era già crollato a fine primo tempo, quando la Juve, proprio sfruttando l'uomo-contro-uomo, aveva sfondato grazie a quel genio che è Pogba e a quel campione che è Osvaldo. Una bandierina di troppo, però, ha vanificato tutto, costringendoci a soffrire anche nel secondo tempo: 'numero' di Bertolacci e facile parata di Buffon, mani di Antonelli e si continua, mani di Vidal e si fischia: rigore e parata di Buffon su tiro - tiro si fa per dire - di Calaiò. "E' andata", avranno pensato molti. "Oggi si pareggia", avranno pensato altri. Senza gol all'attivo dopo un'infinita striscia di 40 partite consecutive, tra l'altro. Sì, sarebbe stato un peccato. Per questo serviva la giocata di un fuoriclasse autentico, Andrea Pirlo. Punizione dai 24 metri, palla all'incrocio e tanti saluti a Perin. Quando uno ha quei piedi, c'è poco da fare. Se non applaudire...

Alberto Catalano



QUI SAMP


Se questa è la Samp “formato salvezza”, i tifosi blucerchiati si staranno già preoccupando. L'obiettivo vitale è stato quasi raggiunto attraverso la vittoria sul Livorno, con la zona calda lasciata a diversi punti di distanza. Se ormai anche la matematica sembra essere a portata di mano, il pericolo emerso dalla trasferta di Bergamo è quello di rivedere il film dello scorso finale di stagione. Dopo che Delio Rossi traghettò la squadra alla permanenza in A più o meno in questo stesso periodo, il rendimento della Samp crollò nelle ultime giornate. Squadra sazia, ambiente rilassato, qualche giocatore che iniziava a preservarsi. La sconfitta con l'Atalanta, sembra ripercorrere la stessa sceneggiatura. Uno 0-3 deludente, arrivato meritatamente, nonostante un paio di gol mancati di poco nel primo tempo. A parte la seconda rete, arrivata dopo un mezzo pugno di Benalouane su Regini, le altre due sono arrivate da errori dei singoli, un rinvio sbagliato e un liscio in area. Un segnale di “leggerezza” da parte dei giocatori? Sicuramente la debacle non è andata giù a Mihajlovic, che non ha la minima intenzione di tirare già i remi in barca. Da questo finale di campionato c'è ancora tanto da guadagnare; un po' più di continuità da parte di Gabbiadini, il rilancio di Maxi Lopez, la forma da ritrovare da parte di Eder, qualche giovane cui dare spazio (Fornasier per esempio). L'errore dello scorso anno non deve essere ripetuto.

Simone Ottavis
@SimoneOttavis


VENTISEIESIMA GIORNATA

QUI TORO


Eh no, ragazzi, così non va. Certo, anche stavolta l'arbitro di turno ci ha messo del suo (ma come si fa a non vedere il fuorigioco di Okaka nel primo gol della Samp?), ma questo Toro, alla sua seconda sconfitta consecutiva, la terza nelle ultime quattro gare, sta pericolosamente facendo dei passi indietro rispetto alle tante cose belle fatte vedere finora. Senza scendere troppo in analisi tecniche, tutti i reparti sembrano in affanno. In difesa l'assenza di uno come Moretti si è fatta sentire, e ci sarà da ridere domenica prossima senza Glik, Maksimovic e Bovo, tutti ammoniti e tutti squalificati. Il centrocampo quest'anno non ha mai veramente brillato, e la vena calante di Cerci e Immobile fa emergere impietosamente i limiti di un reparto dove il nuovo innesto Kurtic non è riuscito a fare la differenza. Se po manca El Kaddouri, l'elemento di maggior spessore in mezzo al campo, allora è notte fonda. Nulla può togliere a questi ragazzi i meriti per una stagione ancora straordinaria, ma in questa fase cruciale del campionato dove, nelle prossime quattro partite, incontreremo Inter, Napoli e Roma, sarà bene ritrovare la concentrazione per raggiungere il traguardo di questa stagione, la salvezza. Poi ci sarà concesso toglierci qualche sfizio. Per l'Europa ci attrezzeremo il prossimo anno.

Domenico Catagnano
@DCatagnano


VENTICINQUESIMA GIORNATA

QUI TORO


L'amaro in bocca è più amaro che mai, a mente fredda. Certo, quel rigore non fischiato pesa come un macigno, ma guardiamo un po' a casa nostra, provando a non arrabbiarsi (eufemismo) per l'ennesimo derby arbitrato male. Abbiamo giocato da Toro nei primi venti minuti e negli ultimi dieci, ma per un'ora siamo riusciti a costruire ben poco e la porta di Buffon l'abbiamo vista col cannocchiale. E' emerso in tutta la sua fragilità il valore del nostro centrocampo, vero punto debole della squadra. Cosa che già sapevamo, ma una cosa è mascherare i limiti con squadre alla nostra portata, altra cosa è farlo con la capolista. In più, là davanti, Cerci non è riuscito a fare il Cerci, trottolando troppo spesso a vuoto, anche per l'ottima linea difensiva dei cuginastri. Insomma, anche se rispetto al derby d'andata abbiamo fatto grandissimi progressi, è ancora mancato il risultato. Li abbiamo arginati abbastanza bene, ma non è bastato. Ed è un peccato, perché la sensazione è che stavolta potevamo interrompere questa maledizione che dura ormai da troppi anni. Certo, se avessimo trasformato quel rigore che ci toccava, staremmo qui a commentare un'altra partita...

Domenico Catagnano
@DCatagnano


Dopo la beffa (mancata espulsione di Vidal, rigore evidente negato, El Kaddouri ammonito e squalificato per la prossima partita) è arrivata anche l'umiliazione. Eh si, perchè 25.000 euro di multa per i due striscioni inneggianti la tragedia di Superga dimostrano che anche di fronte ai morti si può manifestare nella maniera più becera ed irriverente, umiliando non solo i tifosi, ma tutti quegli sportivi e non, che nel dopo guerra in quello squadrone avevano visto la forza di una nazione per potersi rialzare e tirare avanti. Illustrissimo Dottor Tosel, vorrei capire quali sono i parametri usati per arrivare a tale sanzione (considerando che anche nel derby dello scorso campionato erano apparsi simili striscioni, per cui sono pure recidivi). Ma Lei le curve le chiude solo per discriminazione territoriale? Credo di interpretare il pensiero di molti, affermando che sia nell'arbitraggio di Rizzoli che nelle Sue sanzioni, si vedano distintamente due pesi e due misure... e ovviamente a farne le spese non sono mai i potenti!

Mario Tasso




QUI JUVE


Siamo talmente tanto avanti in classifica rispetto al Toro - e, Roma a parte, a tutte le altre 18 squadre di serie A - che ci prendiamo il lusso di arrivare dopo il cugino granata nello scrivere la “voce dalla curva bianconera”. Diciamolo subito: chapeau di fronte a chi non grida, non urla, ma al massimo evidenzia. E ci sta, perché ieri è andata bene a noi, e male a loro. Che possono lamentarsi un pochino, ma non sbraitare: nulla di clamoroso (vedi rigore su El Kaddouri) è alle nostre spalle. Bravo anche Ventura, che in questa rubrica criticai pesantemente per l'isterismo mostrato dopo Juve-Toro 3-0 (per gradire) dell'1 dicembre 2012.
Ma parliamo di calcio, l'unica cosa che interessa agli appassionati veri. Sapete che vi dico? Vi dico che sono un pochino preoccupato. Nel derby non è stata vera Juve: ritmi lenti (voluti solo a tratti), finale di partita col magone (voluto per nulla), poca aggressività a metà campo (Vidal malino, Pogba sufficiente o poco più), nessun aiuto dai cambi, scarso apporto dei tifosi (basta con gli scioperi e, soprattutto, con Superga, please).
I campioni, però, sono campioni non a caso, e stavolta è bastato Tevez per vincere una partita fondamentale per abbassare la cresta alla Roma, vittoriosa a Bologna. La prossima potrebbe essere una domenica da sogno (o da “incubo”): la Juve se la vedrà con il Milan a San Siro, la Roma ospiterà l'Inter. Ballano punti importanti, perché ormai mi pare sicuro: qualcosina (di troppo) per strada, la Juve lo perderà. Come prevedibile, chi guardava ai 100 punti (o ai 97 dell'Inter calciopolesca) ha bisogno di un oculista. Va bene vincere, va bene stravincere, ma 100 punti (in Italia) probabilmente è davvero impossibile farli.
PS. Se a sbagliare sarò io, per un anno mi taccio. Giuro.
PPS. Il Toro non vince un derby dal 9 aprile 1995 e non segna un gol in un derby dal 2002. Perché ricordarlo? Perché la cosa mi diverte non poco...

Alberto Catalano



QUI SAMPDORIA


In casa blucerchiata, dopo le ultime due partite, deve risuonare un solo monito: la salvezza non è ancora stata raggiunta. Certo, gli otto punti di vantaggio sulla terzultima sono un buon bottino, ma il campionato è ancora lungo. Troppo, per tirare già i remi in barca. La sconfitta contro il Milan è arrivata giocando male, lottando poco e nervosamente. Solo un paio di occasioni create e una difesa troppo ballerina per reggere l'impatto con un Milan in fase di ricostruzione, ma che comunque è sempre il Milan. Le attenuanti per Mihajlovic ci sono tutte, troppo pesanti infatti le assenze di Gastaldello e De Silvestri dietro, considerando il valore complessivo della rosa. Importanti anche le sviste arbitrali ai danni della Samp, penalizzata in occasione del gol di Rami e forse in un paio di altre circostanze (pesantissimi i due gialli in trenta secondi a Maxi Lopez). Aggiungendo le incertezze di Da Costa il quadro è completo. Detto questo, l'ex Seedorf ha meritato la vittoria, la sua squadra ha giocato meglio, praticamente dominando il primo tempo. La salvezza per il Doria è largamente alla portata, ma manca ancora qualche punto. Da fare il prima possibile per evitare pericolosi patemi e un finale di stagione come quello dello scorso campionato, con la squadra virtualmente in vacanza già ad aprile.

Simone Ottavis
@SimoneOttavis


QUI LIVORNO

Un cuore grande così ma non è bastato. Alla fine di un primo tempo letteralmente dominato in lungo e in largo da un Hellas Verona che ha ampiamente dimostrato di meritare la classifica che ha nessuno si sarebbe mai aspettato un ritorno di fiamma dei nostri. E invece è successo. Si ama il calcio soprattutto per questo. Nessuna partita, anche quella più blindata, è chiusa prima del fischio finale. Nessuna. Due gol (bellissimi peraltro) in 120 secondi e oplà tutto ribaltato: Livorno all'assalto e Verona in affanno. Tutto ciò non toglie però che le assenze pesantissime di Luci (in bocca al lupo capitano!) Ceccherini, Benassi, Siligardi e Biagianti siano davvero troppe per questa squadra soprattutto al cospetto di un avversario più forte. Troppo brutto e rabberciato il Livorno del primo tempo per essere quello vero. Ripartiamo dalla foga della ripresa consapevoli però che da solo il cuore non è sufficiente per conquistare la salvezza. In ogni caso niente è perduto, la volata è ancora lunga e i nostri sono ancora nel gruppo. Anche Sassuolo, Catania e Bologna hanno perso. Con un po' di fortuna e con questa generosità ce la possiamo fare. Crediamoci.
Luca Aprea
@Cafeponci


VENTITREESIMA GIORNATA

QUI SAMPDORIA


Ogni squadra, anche tra le cosiddette grandi, ha la propria bestia nera. Si tratta di un'altra squadra che puntualmente, in qualsiasi momento della stagione, le mette i bastoni tra le ruote e spesso la batte, anche se magari ha venti punti in meno in classifica. La bestia nera della Samp negli ultimi 20 anni è il Cagliari, contro il quale già un pareggio ultimamente era accolto con sollievo dal popolo blucerchiato. Nell'ultimo match di campionato invece l'incantesimo si è spezzato, sull'onda lunga del derby vinto con gol di Maxi Lopez. Gastaldello dopo dieci minuti l'ha messa dentro di testa e poi ha eretto le barricate nel secondo tempo. Questo perché i sardi, nonostante le assenze, si sono resi pericolosissimi; i tifosi cagliaritani recriminano anche su alcune decisioni arbitrali che hanno danneggiato la loro squadra, ma anche Daniele Conti era da espellere dopo un'entrataccia sulla gamba di De Silvestri. La Samp continua così il suo cammino verso la salvezza, condotta da un Mihajlovic sempre più Re Mida. Quello che tocca si trasforma. L'ultimo della lista è Okaka, girovago e oggetto misterioso nelle ultime stagioni, un colosso all'esordio con la maglia del Doria. Con Sinisa la squadra aggredisce, ma sa anche soffrire, difendersi con le unghie e lasciare in campo ogni goccia di energia. Garrone gli ha rinnovato il contratto con un sms durante una trasmissione televisiva, ora glielo faccia firmare nero su bianco.

Simone Ottavis
Twitter: @SimoneOttavis


VENTIDUESIMA GIORNATA

QUI JUVE


Anche se a Gennaio la temperatura nel nostro Paese non è delle migliori, con pioggia, vento e neve su quasi tutto il territorio italiano, c'è ancora un'isoletta felice dove splende il sole e la temperatura sale fino a 59 gradi, quell'atollo ha un nome, e si chiama Juventus. Non sono tanti i numeri che servono a far capire quanto si stia bene sull'isoletta abitata solo da campioni fatti di cuore, passione e una voglia inarrestabile di vincere: 22 partite giocate, 54 gol segnati e solamente 16 gol subiti. Solo 16? Si perché dovete sapere che in fondo al campo non c'è uno qualunque a gestire l'orchestra, c'è un maestro che da 13 anni dirige una delle più grandi squadre di tutti i tempi, Gianluigi Buffon…per noi “Gigi”. E anche ieri sera a Torino la Vecchia Signora ha fatto quello che sa fare ogni domenica, vincere 3-1, riducendo in uno squisito “spezzatino” l'Inter di Mazzarri con i gol di Lichsteiner, Chiellini e Vidal. Come molto spesso accade. sempre ad aprire le danze ci pensa il “cecchino”, Andrea Pirlo, con una palla piazzata di contro balzo sulla testa dello svizzero, che con fare elegante la butta in rete e manda in delirio lo Juventus Stadium. Fine primo tempo, l'Inter che sfiora il pareggio ma il pallone vola alto con Palacio. Si torna in campo, subito in mischia, e Chiellini la butta dentro col piede sbagliato, quello destro, che gli fa segnare il quarto gol stagionale: “Giorgione” è un difensore, ricordiamocelo! La squadra di Walter Mazzarri non fa in tempo a riprendere le forze che subito arriva lui, Vidal, per noi (tifosi juventini) “Arturo”, che come se avesse un appuntamento inderogabile ogni domenica, apporta una “X” nella sezione del calendario “Impegni rispettati”, fare gol: si perché dall'inizio della stagione ne ha messe di crocette, ben sedici fino ad ora. La partita si conclude con una rete di Rolando che fa evitare il pesante 3 a 0 e che fa rimanere gli interisti a 33 punti, sesta in classifica e con solo 8 partite vinte. Per quanto riguarda il “Gigi”, “l'Arturo” e il "Giorgione" scusate se li chiamo così, ma noi juventini siamo una famiglia, e a casa mia i parenti non sono abituato a chiamarli per cognome!

Lorenzo Stagnoli



QUI TORO


Se Farnerud avesse colpito di testa con la stessa precisione con la quale tira le bombe da fuori area, probabilmente saremmo qui a commentare un'altra partita. Poteva essere un trionfo, invece è stata "solamente" una conferma di solidità e di buon gioco. Attenzione, nessuna recriminazione: avremmo sottoscritto per un pareggio a San Siro e, alla fine, l'1-1 è stato il risultato più giusto. Ma l'impressione -e che bellissima impressione!- è che questa squadra possa giocarsela con tutti senza timori reverenziali. Certo, il Milan ancora non è "squadra", Seedorf sta cercando di amalgamare le virtù dei suoi singoli che presi ad uno ad uno, nel complesso, valgono più dei nostri. Ma questo Toro ha gioco, è gruppo unito e in campo si è visto. E ha quei due davanti che garantiscono imprevedibilità. Cerci ha delle pause ma quando si innesca fa sempre paura, Ciro è al gol numero 11 in campionato e, di questo passo, nulla ci vieta di pensarlo lassù, in testa alla classifica dei bomber

Domenico Catagnano
@DCatagnano


VENTUNESIMA GIORNATA

QUI TORO


Mettiamola così: all'andata un gol in netto fuorigioco non visto dal'arbitro aveva spianato la via alla vittoria dell'Atalanta. Oggi la giacchetta nera di turno ci ha praticamente regalato il rigore che ci ha consegnato i tre punti. Nel calcio, a volte, va così, e le compensazioni arrivano nella maniera che non ti aspetti. Il penalty su Cerci (realizzato dal nostro golden boy) non c'era, ma c'era quello su Darmian (sbagliato da Immobile) e c'è stata una supremazia territoriale chiara per quasi tutta la partita. Insomma, alla fine qusto successo arrivato in maniera bizzarra poteva anche starci, e pazienza (sic!) se una volta tanto siamo stati noi i favoriti dela Dea Bendata, notoriamente poco amante del granata. Siamo sesti, in una posizione che ci apre la strada per l'Europa, e a questo punto è obbligatorio crederci. Siamo alla seconda vittoria consecutiva, non prendiamo gol da tre partite, e ormai è un dato di fatto che questa squadra ha trovato gli equilibri giusti. Padelli è sempre più sicuro, funziona la linea Maginot Moretti-Glik-Maksimovic, il superbo Darmian e Masiello (o Pasquale) spingono e difendono sulle fasce, al centro si alternano bene Farnerud, El Kaddouri, Brighi e Vives, e davanti Cerci e Immobile vanno che è un piacere. Con l'Atalanta qualcosa non ha funzionato, ma i tre punti sono arrivati e questo conta. Voliamo e la vendetta è stata servita. E già sabato prossimo, col Milan, c'è un'altra partita balorda del girone di andata che chiede giustizia...

Domenico Catagnano
Twitter: @DCatagnano




QUI JUVE


Questa settimana si torna al vecchio stile: una lunga serie di considerazioni buttate lì in ordine sparso, giusto per confondere le idee ai nostri affezionati lettori. Si parla di Lazio-Juve 1-1. Quindi: se dovevamo interrompere la straordinaria striscia di dodici vittorie consecutive, non poteva esserci modo migliore (in 10 dal 25' e sotto 1-0 per un calcio di rigore comunque sacrosanto); chi ci segue, sa da tempo dell'importanza di Llorente nell'economia del gioco di Conte in questa stagione: all'Olimpico, Nando ha fatto il massimo del massimo (se volete i dribbling alla Ronaldo, cercate altrove); il nostro mister "vede" il calcio come pochi: i cambi (zero, a parte quello obbligato di Storari) ne sono l'ennesima dimostrazione; l'arbitro Massa mi sta parecchio antipatico: non doveva fischiare la fine, doveva far andare avanti le due squadre fino a quando una non metteva al tappeto l'altra. E chissenefrega del regolamento; a volte, i pareggi sono più emozionanti delle vittorie; Pogba ha giocato per due, invece Vidal stavolta è sembrato uno bravo e nulla più; Chiellini, per la Juve, che gioca a tre in difesa, è molto molto importante; a vedere Lazio-Juve mi sono divertito come raramente mi era accaduto nel recente passato; Reja è tutto tranne che un genio, ma sa dare sempre una logica alle sue squadre; la Roma si è avvinicata due punti: pazienza (ma occhi sempre ben aperti); il gol del re Leone è stato il giusto premio di tre giocate tutte perfette: Tevez addomestica il pallone da campione e lo serve perfettamente a Lichsteiner che controlla bene e crossa esattamente dove deve crossare, Fernando usa la testa come solo lui sa usare: bravi!; Marchisio, a fine partita, ha chiesto quale fosse la differenza tra il fallo di Buffon e quello (non sanzionato) di Castellazzi sulllo stesso Marchisio in Inter-Juve di un anno e mezzo fa: ce lo chiediamo anche noi; il mister ha annunciato che non parlerà più fino al termine della stagione: spero ci ripensi perché non condivido per niente la scelta.

Alberto Catalano



QUI MILAN

I tifosi del Milan ricorderanno che l'amatissimo (non da tutti) professor Seedorf era a volte identificato dalle tribune di San Siro con un altro affettuoso nomignolo, che voleva sottolineare l'evidenza delle sue terga, ulteriormente esaltate dal pantaloncino bianco – che si sa, non snellisce. Soprannomen omen, verrebbe da dire assistendo ai suoi primi 180 minuti di campionato da allenatore rossonero. Prima Verona e poi Cagliari, ringraziamo caramente la dabbenaggine di due avversari (Gonzales e Cabrera, hasta la sconfitta siempre) che hanno concesso a una squadra in riserva mentale e fisica di raddrizzare e vincere due partite giocate circa 15-20 minuti cadauna. Il Milan è in panne, negarlo al di là del doppio colpo sarebbe davvero da curvaiolo cieco e talebano: c'è un problema evidente di condizione e ce n'è anche uno tattico, perché senza volere essere a nostra volta allenatori improvvisati, sembra chiaro che il 4-2-3-1 è un vestito che non sta bene a questa squadra. O perlomeno, con questi interpreti. I due mediani dovrebbero avere un altro passo rispetto a Montolivo e De Jong, così come appare chiaro che il vertice – vale a dire il centravanti – deve avere delle caratteristiche da vera punta centrale e non da continua “variante sul tema” come è peculiarità di SuperMario. Per tacere della situazione sugli esterni, dove i due terzini non vengono molto aiutati dai trequartisti, spompi e non proprio ricchi di propensione difensiva. Morale: approfittare della ventata della buona sorte per apportare cambiamenti, provare magari a tornare anche al caro, vecchio “albero di Natale” e lavorare – tanto – sul campo. Pregando che il “c…one” di Seedorf si estenda anche al Pazzo, che finalmente rimanga intero per un po', serve come il pane. La sua zampata del Sant'Elia e la sua faccia felice verso gli spogliatoi è stata una bella sigla di coda per la domenica, lieto fine di un film a lungo del terrore.

Andrea Saronni
Twitter: @andysaro



QUI SAMP


La partita con il Bologna rischiava di essere una trappola per la Samp, cadendo proprio in mezzo all'ottima prova contro la Juventus e al derby di settimana prossima. Lo è stato fino a un certo punto, visto che il pareggio interno lascia l'amaro in bocca, ma consente di allungare la striscia positiva a Marassi. Un po' di delusione in casa doriana comunque c'è, soprattutto per non aver saputo mantenere il vantaggio subendo un rigore più che evitabile allo scadere. Il match contro Diamanti e compagni ha confermato le impressioni destate da quando Mihajlovic è arrivato in panchina; tanta corsa, grinta e voglia di vincere, che però si scontrano spesso con una rosa qualitativamente limitata e alcune disattenzioni difensive. Detto questo, il Sassuolo ha perso e i punti sulla terzultima sono diventi cinque. All'orizzonte c'è già la stracittadina, partita che rischia di passare alla storia come il “derby senza tifosi”. Nel frattempo, il mercato sta per chiudere e la società non ha portato a termine nemmeno un acquisto. Solo una fitta (e giusta) opera di sfoltimento, per ora; è comunque lampante come il gruppo attuale necessiti di qualcosa, considerate anche le remore dell'allenatore nel fare dei cambi. Le note più positive continuano ad arrivare dall'attacco, dove Eder e Gabbiadini stanno giocando alla grande. Il gol che quest'ultimo ha segnato al Bologna dimostra quanto il suo sinistro sia educato. Viste le zolle che si alzavano oggi dal prato del Ferraris, in occasione della rete sarebbe stato più facile sparare il pallone nelle vicine carceri.

Simone Ottavis
Twitter: @SimoneOttavis



VENTESIMA GIORNATA

QUI TORO


C'era da prepararla così, con un avversario galvanizzato da un super poker e affamato di punti salvezza: contenimento, ripartenze, velocità, sperare di metterla dentro e ancora contenimento, contropiede e chiuderla. Soggetto e sceneggiatura di Giampiero Ventura, perfetti interpreti i torelli granata, che non sono stati fermati neanche dal pantano. Espugnato il Mapei Stadium, battuto il Sassuolo 2-0, siamo ancora lì, vicini più alle posizioni di vetta che a quelle di coda. Ma andiamo oltre. Prandelli in tribuna doveva avere occhi solo per il fenomeno Berardi e invece chi si è messo in mostra è stato Ciruzzo nostro, centometrista nel fango, cocciuto su ogni pallone, che ha gonfiato la rete per la decima volta in campionato. Senza rigori Immobile sarebbe capocannoniere della Serie A, e con Rossi fuori uso è troppo immaginare il suo esordo in nazionale già alla prossima contro la Spagna? Ed è troppo immaginarlo in azzurro in coppia con Cerci? Fino a poche settimane fa tutto ciò era fantacalcio, ora non è un semplice vaneggiare: abbiamo la migliore coppia gol del campionato, e con un mondiale alle porte, con quello che passa il convento, un posto per i nostri "gemelli diversi" non è una semplicemente una possibilità, ma un dovere.

Domenico Catagnano

@DCatagnano



QUI JUVE


"Ragazzi, domenica c'è la Samp in casa, aggiungete una biglia al pallottoliere". Ecco, come spesso accade le brutte sorprese sono dietro l'angolo. La vittoria (la dodicesima consecutiva di questo impressionante - termine scelto non a caso - cammino bianconero) è arrivata lo stesso, ma stavolta si è sofferto. Più del previsto e più del dovuto. Merito della Samp, perché la Juve era entrata in campo come sempre: incazzata, concentrata, e col solito talento che si porta appresso. La partita l'ha subito presa in mano Pogba, che in ogni singolo match, ad un certo punto, preferibilmente nella ripresa, dà l'impressione di poter dominare l'incontro a proprio piacimento; cosa strana per il gioco del calcio dove si gioca in undici, e ancor più rara se pensiamo che di un ragazzo di 20 anni si continua a parlare. Del francese l'intuizione che Vidal ha trasformato nell'1-0, di Llorente il 2-0 che ha illuso Conte. Tra parentesi: per chi non se ne fosse accorto, la straordinarietà della Juve è questa: il giocatore più decisivo nello svolgimento del gioco di Conte è proprio Llorente, uno che in valore assoluto vale certamente meno di Pogba, Vidal, Pirlo, Tevez e altri. Con lo spagnolo è cambiata la Juve che adesso gioca meno di scatto ma regge sempre 90 minuti. L'autogol di Barzagli non ha impedito a Conte di andare negli spogliatoi avanti di due gol, perché il rigore di Vidal è stato spedito sotto l'incrocio con la solita glaciale precisione del cileno. Ripresa a ritmi bassi? Sì, fino al gol di Gabbiadini. Tre a due e Buffon super impegnato, sia a parare sia a rinviare dopo i "legni" degli avversari. "Débacle" in arrivo? Macché. Chi ha Pogba in squadra, tendenzialmente vince: destro dai 20 metri, e per la Samp restano solo i complimenti. Sinceri. Quelli che, moltiplicati per dodici, meriterebbe la Juve, ad oggi una squadra "monstre" pronta a scivere una pagina storica del calcio italiano.

Alberto Catalano



QUI UDINESE


Due volte in vantaggio e in superiorità numerica per tutto il secondo tempo. Eppure 'sta tristissima Udinese è riuscita a buttare via anche questa occasione per smuovere la classifica, che oltrepassata la metà campionato inizia a farsi preoccupante: venti punti, una miseria. Che l'obiettivo dovesse essere la salvezza e “non facciamoci illusioni, siamo una provinciale”, nelle passate stagioni Guidolin l'ha recitato come un mantra. Scaramanzia pura, in realtà si lottava per l'Europa. Questa volta invece è tutto vero: non c'è un barlume di gioco, il centrocampo corre ma non è in grado di costruire palloni giocabili per l'unico terminale offensivo, Di Natale, solo e inesorabilmente lui... sempre sia lodato il capitano per quanto fatto in passato, ma quest'anno proprio non va: troppo statico ed estraneo alla manovra, sembra quasi di giocare in dieci. Mancano i suoi colpi da fuoriclasse, manca soprattutto una spalla con cui possa dialogare: O Mago è elegante ma poco concreto, Badu si danna l'anima e qualcosa combina – gol strepitoso il suo, da vedere – Pereyra si adatta a qualsiasi ruolo, ma ognuno viaggia su frequenze diverse e senza una mente che imposti la trama non si va lontano. Contro la Lazio, tanto per complicarci un po' la vita, Brkic si è concesso una giornata di follia coronata dalla sconcertante uscita che è valsa il gollonzo del 2-2. Poi ci ha pensato Hernanes a mettere un punto (esclamativo) sul tabellino con una legnata mancina da paura, l'ennesima al morale dei friulani.

Federica Zille



QUI SAMP


Poche squadre hanno segnato due gol allo Juventus Stadium: vengono in mente Milan, Real Madrid e Galatasaray, oppure l'Inter di Stramaccioni che ne fece addirittura tre. Non le ultime arrivate. Ora in questa lista c'è anche la Samp targata Mihajlovic, uscita dalla tana della Juve con una sconfitta, ma anche consapevole di aver giocato una gran partita contro chi ne aveva già vinte undici di fila. Come ha detto Sinisa, “risultato giusto, ma se avessimo fatto il 3-3…”. In effetti, dopo il gol e la successiva traversa di Gabbiadini (a proposito, il suo sinistro ricorda davvero quello di Gigi Riva) i tifosi doriani ci hanno sperato, hanno azzardato immaginare un'altra clamorosa rimonta dopo quella dello scorso anno. Non si vedono facilmente i bianconeri sbagliare tanto dietro, specie sui calci piazzati. Purtroppo però i sogni a volte s'infrangono, specie se davanti hai la corazzata di Conte. Quelli la buttano dentro sempre, anche quando pensi di poterli raggiungere. Il tiro a giro di Pogba ha spento le speranze per questa partita, ma non quelle di salvezza per i blucerchiati. La Samp attuale se la gioca con tutti, anche a rischio di subire una goleada, cercando di nascondere le lacune tecniche di una rosa che andrebbe ritoccata. Quando c'è uno squalificato, a Torino erano ben due, si vede parecchio. Comunque, come si dice in questi casi, sono altre le partite da vincere. Certo è che su quella traversa ci abbiamo sperato.

Simone Ottavis


@SimoneOttavis



QUI LIVORNO


Tutto come previsto. Il doppio colpo di grazia inferto dal presidente Spinelli alla squadra amaranto con l'esonero di mister Nicola e la cessione di Schiattarella non poteva avere altro esito di quello, desolante, visto sabato pomeriggio sul prato dell'Olimpico. Il fatto che davanti ci fosse la Roma di Garcia, ovvero l'unica squadra che in grado tenere testa alla super Juve, ha reso tutto ancora più evidente. E umiliante. E' di queste ore la notizia di un summit tra lo Sciu Aldo e mister Nicola. Niente trapela ma forse l'evidenza è giunta agli occhi del nostro vulcanico e testardo numero uno. Incrociamo le dita e speriamo.

Luca Aprea


@Cafeponci


DICIANNOVESIMA GIORNATA

QUI SAMP


Si diceva che non segnasse, che fosse discontinuo e, per farla breve, che non fosse un giocatore da A. Eder Citadin Martins, per tutti semplicemente Eder, sta invece smentendo gli scettici a suon di gol, volate palla al piede e slalom tra gli avversari che non hanno altra scelta se non quella di abbatterlo. Dopo gli exploit di Frosinone ed Empoli e le esperienze in chiaroscuro di Brescia e Cesena, il brasiliano sta diventando sempre più il valore aggiunto di questa Samp, rilanciata alla grande da Mihajlovic. Proprio il tecnico serbo ha i meriti maggiori nell'impennata di rendimento di Eder, giunto a 9 gol in campionato dopo la doppietta all'Udinese, la prima nella massima serie. Basta compiti di marcatura e un ruolo di punta centrale che, non senza sorpresa, il giocatore sta dimostrando di saper svolgere alla grande. Se dovesse esplodere definitivamente anche Gabbiadini, i tifosi della Samp si ritroverebbero in campo una coppia davvero importante. Per ora, la squadra si è tolta dal pantano delle ultime posizioni, ha girato a 21 punti e dopo il cambio in panchina ha perso solo a Napoli. Nel prossimo turno arriva la trasferta contro la Juventus: la sensazione è che la carta del miracolo sia già stata giocata lo scorso anno con la doppietta di Icardi, ma questa nuova Samp può fare bella figura anche allo Stadium. Peccato per le squalifiche di Krsticic e Soriano, urge un'altra intuizione di Sinisa.

Simone Ottavis
Twitter: @SimoneOttavis



QUI

JUVE


La Juve di Conte si è meritatamente ritagliata uno spazio nella centenaria storia della Vecchia Signora: nel calcio moderno 11 vittorie di file sono qualcosa di bestiale, qualcosa che capisci pienamente quando vedi l'esultanza della concorrenza se centra due o tre affermazioni consecutive. I record sono fatti per essere battuti, spiega il mister, ma la sua esultanza sul gol di Marchisio a Cagliari la dice lunga sulla sua voglia di centrare questo primato. Undici vittorie, 33 punti uno dopo l'altro mentre il resto del calcio nostrano va a caccia dello spirito del samurai, di carneadi dei due mondi o addirittura di ExtraTerrestri vari. A Cagliari si è vinto senza giocare al massimo, soffrendo e ringraziando il piedone di Buffon (a proposito, da quanti anni lo danno per finito?). Per questo la forza della Juve di Conte non è solo tecnica o fisica: è psicologica, fatta di fame e applicazione. Inutile girarci attorno: la forza di questa Juve è Antonio Conte. Un qualsiasi altro allenatore con lo stesso identico gruppo di calciatori non avrebbe mai ottenuto due scudetti, due supercoppe e - ora - undici vittorie di fila. Questa considerazione non fa altro che aumentare la rabbia per come sono andate le cose in Champions: Conte ha preparato la stagione per avere una Juve al top in primavera, convinto di arrivarvi in corsa su due fronti italiani e sul più importante europeo. Invece la sirenette danesi ci hanno inguaiato e cacciato dall'Europa che conta e che meritiamo. Pazienza: la nostra storia passa da 11 vittorie e dalla prelazione per il terzo titolo. La storia di altri è fatta di rovesciate o di cartone.


Sauro Legramandi
Twitter: @Sauro71

QUI GENOA


Aiuto, chiamate i Ghostbusters. Per favore, mandateli a Roma a recuperare i fantasmi formato trasferta dei giocatori che di solito scendono in campo al Luigi Ferraris. Perché è vero che tra Roma e Genoa c'è la stessa differenza che passa tra Messi e Cabral (ultimo acquisto del Grifone che, vista la mancanza di qualità, va a pescare dalla panchina dell'ultima del campionato inglese l'ennesimo giocatore con i piedi montati al contrario), ma è altrettanto vero che, nell'imperfezione del calcio, grinta, corsa e voglia di spaccare il mondo, possono a volte fare miracoli. E invece il Genoa da esportazione, è una sbiadita immagine di se stesso. Parte sconfitto in partenza, con moduli e interpreti assurdi, catenacci annunciati che si infrangono alla prima prodezza degli avversari (che sia Tevez, Diamanti, Sau o Florenzi, poco importa). In più, andare a giocare in questo modo senza Gilardino a Roma, è come se Rocco Siffredi girasse un film porno invece che con la sua, con la “dotazione” di un comune mortale: può esserci tutto il mestiere del mondo o la buona volontà, ma il risultato è che mancano i mezzi per "fare bene". Capitolo a parte merita l'espulsione di Matuzalem, certamente una delle menti calcisticamente più fini della squadra ma anche una grandissima testa calda. La caotica espulsione (arbitri sempre protagonisti altrimenti che raccontano alla fidanzata/moglie la sera?) è il premio a una scenata isterica, diabolicamente ispirata da Gasperini che lo sostituisce proprio per evitare che si faccia espellere. Se non fosse che salta la prossima partita, ci sarebbe da sbellicarsi dal ridere. Insomma, al Genoa fare punti in trasferta non interessa e interessa ancora meno giocarsela contro le prime della classe. Da buoni genovesi, propongo a Preziosi di non mandare nemmeno la squadra a Firenze o Napoli: belìn, almeno risparmiamo su viaggio, vitto e alloggio.

Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco



QUI TORO


A volte, nel calcio, vince la logica. Con due squadre senza punte doveva, logicamente, finire 0-0 e in effetti è andata così. Toro-Fiorentina, però, non è stata una brutta partita, granata e viola hanno corso e giocato ma, là davanti, nessuno ha trovato il guizzo per metterla dentro. Per quanto ci riguarda, Cerci si è confermato indispensabile, ma altrettanto indispensabile è Immobile. Senza Ciro il genietto di Valmontone ha costruito e finalizzato, ma non è riuscito a segnare: mica si può pretendere tutto da lui! Il problema è che Barreto e Maggiorini, pur armati di buona volontà, non la metterebbero dentro neanche a giocare a Subbuteo, e Larrondo pronto al rientro, difficilmente potrà diventare l'uomo della provvidenza. Insomma, dietro i "gemelli diversi" del gol c'è il nulla, e in pieno mercato di riparazione quacuno ne deve tener conto. Detto questo ci presentiamo al giro di boa a 26 unti, l'anno scorso, complice quel puntaccio di penalizzazione, eravamo a venti. L'Europa è ancora lontana, ma noi quest'anno dovevamo fare un campionato tranquillo. Sta andando bene e poteva andare pure meglio, ma abbiamo capito che svolazzando coi pensieri ci chiamiamo le batoste. Ergo, pensiamo a salvarci, per i sogni di gloria c'è tempo.

Domenico Catagnano
Twitter: @DCatagnano


QUI LIVORNO

Alla fine Aldo Spinelli ce l'ha fatta. Davide Nicola, il vero artefice della promozione in Serie A, è stato esonerato. Il mister, con un gruppo che si era salvato a stento dalla LegaPro e ancora sconvolto per la tragedia Morosini, aveva firmato, al debutto in cadetteria, il suo capolavoro. Intelligenza, umiltà, psicologia e sapienza tattica. Queste le doti dell'ormai, ahinoi, ex tecnico amaranto. Una decisione che il Pres ha preso contro squadra, dirigenti, città, tifoseria, stampa. Contro tutto e tutti, logica compresa. La salvezza (è)ra ancora possibile con un paio di rinforzi mirati. Invece si è scelto di cacciare l'allenatore, ovvero l'unico vero valore aggiunto in grado di fare la differenza. Non ci saranno acquisti e la rosa, se possibile, sarà ulteriormente indebolita. Schiattarella, uno dei giocatori chiave, è ad un passo dall'ambizioso Spezia, squadra di Serie B. Una parola che oggi suona come una condanna senza appello. Il prossimo anno il Livorno celebrerà i suoi 100 anni di Storia. Sarebbe stato bello festeggiare in Serie A. Peccato.

Luca Aprea

@Cafeponci


DICIOTTESIMA GIORNATA

QUI TORO

Bentornati sulla terra. Abbiamo accarezzato dopo oltre 35 anni il sogno di una quarta vittoria consecutiva in serie A, abbiamo immaginato di lanciarci definitivamente nelle sfere alte della classifica, e invece ci ritroviamo a commentare una brutta sconfitta vecchia maniera. In vantaggio, rimontati e tutti a casa. A Parma quest'anno come l'anno scorso. Anzi, ci è andata pure bene, perché allora di pere, sempre dopo essere passati in vantaggio, ne incassammo quattro. Mentre scriviamo ci sono ancora ignoti i motivi per cui Ventura abbia sbattuto fuori dopo un tempo Ciro e Ale, il meglio del meglio del meglio. A quanto pare si sarebbe arrabbiato (eufemismo) con i due che non avrebbero seguito le sue indicazioni tattiche. Boh.
Sta di fatto che, con tutto l'affetto che si può provare per loro, cosa si poteva combinare con Meggiorini e Barreto davanti, due che ultimamente solo per vedere la porta hanno bisogno di un cannocchiale? Centrarla, poi non ne parliamo. Fare un gol non ce lo immaginiamo neanche. E ora? Ora speriamo solo che tutto torni nella normalità, a quella bella normalità a cui ci eravamo abituati, fatta di bel gioco e di punti. Ventura ha voluto dare una lezione ai nostri "gemellini", bene. Ma ricuciamo presto lo strappo, perché senza di loro non si va da nessuna parte.


Domenico Catagnano

QUI JUVE


La chiesa, lui, Antonio Conte, a differenza di Rudy Garcia, l'aveva rimessa al centro del villaggio già un anno e mezzo fa quando, conquistando il trentesimo scudetto della storia bianconera, probabilmente il più bello di sempre, la Juve era tornata a comandare il calcio italiano dopo il tentato omicidio - omicidio, sia chiaro, non suicidio - di Calciopoli. Lo scudetto numero 31 è servito 'semplicemente' a dare una pennellata alle mura della chiesa, sempre lì, bella com'è, al centro del villaggio. Adesso è davvero tutto pronto per il tris: a fugare ogni dubbio, l'esagerato successo (3-0, in scioltezza) conquistato contro la Roma, seconda in classifica. Prima della partita, i punti di distacco erano cinque. Adesso sono otto.
Vincere era importante ma non necessario. Pero, c'era un però. Conte, Andrea Agnelli, Vidal, Chiellini, lo Stadium, e il popolo bianconero intero, non potevano accettare le assurde provocazioni di Totti e De Rossi arrivate in settimana. E, soprattutto, serviva la decima vittoria consecutiva (come la striscia iniziale della Roma, giusto per ribadire dove deve stare la chiesa).
Più che una vittoria, è stato un trionfo. Conte si è mangiato Garcia dal punto di vista tattico, Vidal si è mangiato Strootman sotto tutti i punti di vista, Totti si è mangiato da solo, lo Stadium si è mangiato gli avversari dalle 20.45 alle 22.35. Come spesso accade, l'ha sbloccata Vidal, l'ha vinta il centrocampo, a tratti l'ha spaccata Tevez, l'ha teleguidata Conte. Per la Rometta, una consolazione: avendo partecipato al match-scudetto, può ritenersi soddisfatta, è comunque stata "parte dell'evento".
PS. Nel calcio si può vincere, perdere, o pareggiare. La Roma, con le interviste di capitano e vicecapitano in settimana, aveva deciso anzitempo di rovinare tutto quel che aveva costruito in quattro mesi eccellenti. Arrivata a Torino, ha deciso di perdere anche la faccia. L'entrata killer di De Rossi su un compagno di Nazionale ha tanto ricordato il calcione di Totti a Balotelli una volta persa una sfida in Coppa Italia. Chi non sa ancora spiegarsi la dimensione provinciale della squadra capitolina, è finalmente servito.

Alberto Catalano

QUI LIVORNO
Peccato, peccato e ancora peccato. Un Livorno tutto cuore e grinta esce sconfitto dal "Franchi" al cospetto di una Fiorentina tutt'altro che irresistibile. Nicola con un centrocampo foltissimo e una difesa arcigna ha letteralmente intasato la manovra viola, lenta e prevedibile per gran parte del match. Ciliegina sulla torta Benassi, schierato a sorpresa e di gran lunga il miglior amaranto in campo. Purtroppo il colpo di testa di Mbaye è finito sulla traversa mentre quello di Gonzalo in fondo al sacco. Poi ci ha pensato SuperNeto che dopo averne combinate di cotte e di crude per tutta la stagione ha scelto il derby come giorno di gloria e ha parato tutto. La domanda sorge spontanea: perché non giochiamo sempre così? Capitolo a parte merita la vicenda Rinaudo-Rossi. Premessa doverosa: Pepito è un giocatore tanto splendido quanto sfortunato, un patrimonio del calcio a cui vanno gli auguri di una pronta guarigione. Detto questo la caccia all'uomo aizzata da Montella e Andrea Della Valle è stata inqualificabile. Come hanno chiarito le immagini l'intervento del difensore amaranto è un normale fallo di gioco e il contatto avviene quando la gamba del bomber viola è già in torsione innaturale. Accusare Rinaudo di non aver chiesto scusa dopo averlo cacciato in malomodo dopo che si era presentato negli spogliatoi viola proprio per sincerarsi delle condizioni di Rossi è pura malafede. Un presidente come Della Valle che ostenta così tanto il fair play non può permettersi di dare del farabutto a nessuno. Montella non può dire che era un fallo cattivo e intenzionale. Le reazioni isteriche dei tifosi sul viola sul web stupide e deprecabili. Qualcuno deve chiedere scusa. E questo qualcuno non si chiama Leandro Rinaudo. Luca

Luca Aprea
Twitter: @Cafeponci



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SAMPDORIA


Sinisa si è fermato al San Paolo. La striscia positiva di Mihajlovic si interrompe a Napoli, sotto ai colpi degli uomini offensivi di Benitez. Una sconfitta che ci può stare, ma che lascia comunque dell'amaro in bocca per com'è arrivata. La Samp infatti ha condotto una partita all'insegna della parola d'ordine inculcata dal tecnico serbo: mentalità. La squadra non ha fatto bunker, anzi, ci ha provato a viso aperto. Tanto che le occasioni create sono state colossali, vedi la traversa pazzesca di Gabbiadini, il palo-palo di Sansone e un contatto dubbio tra Armero e Regini. Un paio di disattenzioni dietro sono però state fatali, come al solito gli errori contro le grandi si pagano a caro prezzo. Anche in questa occasione i blucerchiati però hanno dimostrato di essere una squadra nuova che adesso gioca, se la gioca e mette in difficoltà gli avversari. A questo punto deve essere la società a fare la sua parte, svanito il "Cassano 2" un paio di innesti di qualità sembrano davvero necessari per ottenere la salvezza. La zona calda è sempre lì.

Simone Ottavis
Twitter: @SimoneOttavis



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MILAN


Il vecchio (si fa per dire, averne di vecchi così) e il bambino: in mezzo, il solito poco, ma che stavolta è sufficiente. La classe di Kakà e la freschezza di Cristante consentono al milanista di tirare il fiato, di cogliere qualche minimo sindacale di buoni auspici dal nascente 2014. Spedendo in cavalleria tutto quello che (non) si è visto tra il primo e il secondo sigillo di Ricky: il solito braccino, la solita fragilità difensiva, le solite scene mute: su tutte, quella di Alessandro Matri, che ormai sconfina nel caso. Il ragazzo - l'ha sottolineato anche Allegri a fine partita - giocherà anche per la squadra: ma a un centravanti è lecito chiedere, ogni tanto, di tirare in porta, o di proporsi per farlo. All'ex pupillo di Conte nessuno ha mai contestato le qualità tecniche: certi suoi controlli, certe sue scelte risultano sconcertanti. E' chiaro che è tutto lì, nella testa, e il Milan attuale - purtroppo per lui - non ha tempo, non è il posto ideale per ritrovare tranquillità e punti di riferimento. Allegri, con ritardo degno di Trenitalia, ha cambiato buttando finalmente nella mischia baby Cristante: non aspetti altrettanto con Pazzini che a questo punto, considerando il contributo dello scorso anno e la sicura fame di pallone derivante dal lungo stop, deve tornare la prima alternativa a Balotelli se non il suo partner in caso di forfait di Kakà o di Honda. A proposito, l'esordio in tribuna del giapponese è stato positivo, portare fortuna è già una bella presentazione: solo non abbiamo capito gli occhiali da sole anche al crepuscolo, il Milan, oggettivamente, è stato tutto meno che abbagliante.

Andrea Saronni



DICIASSETTESIMA GIORNATA

Qui Sampdoria

Gemellaggio in gradinata, partita vera in campo, anche se Samp e Parma non si rovinano le feste di Natale e portano casa un pareggio che soddisfa entrambi. Amauri e compagni per aver strappato un punto da Genova, i blucerchiati per non aver interrotto la striscia positiva. Il gol di Eder aveva messo le ali al popolo doriano, ma per come si è messa poi la partita il punticino si può considerare un ottimo risultato. Lo ha sottolineato lo stesso Mihajlovic, consapevole che la Samp di oggi è quella che ha impressionato meno dal momento del suo arrivo. Nel secondo tempo le palle gol sprecate dal Parma hanno fatto venire i brividi sulla schiena a tutta Marassi, con la banda di Sinisa che ha concesso troppo in difesa, come nell'azione del pareggio di Lucarelli. Girare a 18 punti prima della pausa è comunque una buona base in attesa del girone di ritorno, considerando come stava la squadra neanche due mesi fa. Peccato solo non aver rivisto Cassano nello stadio che l'aveva accolto come un figlio; le voci di mercato su un suo ritorno stanno diventando insistenti, nel frattempo lui è autoescluso dal match con una squalifica mirata. In attesa di capire se Garrone sarà in vena di regali posticipati a gennaio.

Simone Ottavis


SEDICESIMA GIORNATA

QUI LIVORNO


Vedi amaranto e poi risorgi. Il Livorno sta diventando lo specialista di una pratica pericolosa: rilanciare le squadre in crisi. Dopo Sampdoria e Bologna, omaggiate di tre punti d'oro nel loro momento più basso, i nostri fanno un pensierino di Natale anche alla Lazio del traballante Petkovic. Squadra assente, mai in partita, risultato inevitabile. Klose, al rientro dopo l'infortunio, non poteva ricevere un bentornato migliore. Quel che ci chiediamo è...perché? Come è possibile mostrare cuore, impeto e rabbia contro il Milan e poi scomparire al cospetto di una compagine al momento tutt'altro che irresistibile? Mister Nicola a fine gara ha detto che "se non sputiamo sangue non possiamo competere con questa gente qua". Assolutamente d'accordo. Troppi blackout, accendere la luce, please. Sabato al "Picchi" arriva un'Udinese in crisi. Ma con i regali di Natale abbiamo già abbondantemente dato. Ora anche basta.

Luca Aprea
Twitter @Cafeponci



QUI SAMPDORIA

La Samp torna da Verona con tre punti pesantissimi, ottenuti contro una diretta concorrente dopo una partita condotta in maniera impeccabile. Una vittoria che con il Chievo vale doppio, specie se abbinata a quella arrivata con il Catania nel turno precedente. Neanche il tifoso più ottimista si sarebbe aspettato un impatto simile dal cambio d'allenatore, con la cura Mihajilovic che sta dando risultati clamorosi, sia dal punto di vista tattico che da quello mentale. La svolta nella testa dei giocatori è il punto di rottura con la gestione precedente: la squadra attacca, pressa a tutto campo, gestisce la palla senza mai buttarla via e rischia poco. Il tecnico serbo ha coinvolto tutta la rosa nel progetto e Soriano è il simbolo di questo cambiamento. Il centrocampista nato in Baviera sta stupendo per impegno e qualità, dimostrate solo a sprazzi nelle scorse stagioni. Anche Krsticic è tornato sui livelli della scorsa stagione, nel fango del Bentegodi è stato tra i migliori. Ora servono calma e piedi per terra, seguendo “Kennedy” Mihajilovic verso la salvezza.

Simone Ottavis
Twitter: @SimoneOttavis

QUI GENOA

Se le partite durassero davvero 90 minuti, il Genoa sarebbe oggi praticamente salvo e in lotta per un posto nelle coppe. Purtroppo, a volte, ne durano qualcuno di più. E così il Grifone, in due gare, ci ha rimesso le penne (e tre punti). Merito, oggi, di un mix letale di sfiga, errori tecnici, errori dell'allenatore e pure errori arbitrali. E se per la prima i rimedi sono pochi, si può provare con un po' di sale in campo come insegnava l'indimenticato Anconetani, per gli errori c'è sempre una soluzione. Ad esempio insegnare che quando vinci, la palla si gestisce, non si butta via come se non ci fosse un domani. Così, magari, avremmo visto meno mostruosità, vedi la palla persa di Biondini che ha dato il via all'azione del pareggio o, ancora peggio, un irresistibile assist di Calaiò per gli avversari, dopo un'inspiegabile discesa palla al piede verso la porta sbagliata. A proposito di Calaiò: cambiare moduli e inserire giocatori a sorpresa è una delle cose i genoani non hanno mai digerito di Gasperini. Un protagonismo basato sulla presunzione che lo schema sia superiore alle giocate dei singoli. E così, Lodi, dopo una discreta gara, resta ad ammuffire in panchina, mentre nella ripresa il greco dal cognome impronunciabile, viene sostituito da Sturaro il cui ruolo, per tutta la ripresa, resta avvolto nel mistero. Ma fa peggio quando inserisce nel finale l'inguardabile De Maio al posto dell'acciaccato Bertolacci, scompaginando la squadra e costringendola a passare nei minuti di recupero dalla difesa a 3 a quella a 4. Era così difficile sostituirlo con Cofie? Evidentemente sì. Meglio fare le cose cervellotiche che quelle semplici. Quanto all'ultimo ingrediente, gli errori degli arbitri, forse sarebbe meglio aprire un piagnucoloso dossier come fanno tutti gli altri. Perché anche oggi, abbiamo assistito a falli invertiti, corner non visti, entrate dure tollerate da una parte sola. Ma soprattutto due minuti prima del gol, Lucchini, già ammonito, trattiene platealmente Gilardino. Fallo ma nessun cartellino. A spiegare il perché, lo stesso arbitro che, si legge nel labiale, dice a Gilardino: "Tanto è finita e ormai avete vinto”. Ora, ok che sei vestito come un corvo, ma una gufata così non si vedeva da quando Renzi "incoronò” Bersani alle primarie presentandolo come "il futuro premier". Ecco, la prossima volta, caro Banti, caccia fuori il cartellino e tieni per te i tuoi pronostici. Che la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo e non ha bisogno di qualcuno che prenda la mira per lei.

Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco


QUI TORO


Ah che bellezza, ah che soddisfazione! Finalmente si raccoglie il meglio della bella semina di inizio campionato! Con le unghie e coi denti, chiudendo la partita quando serviva, abbiamo espugnato il Friuli con un 2-0 che ci consolida nella parte sinistra della classifica, da soli al settimo posto. Sembra che -finalmente- abbiamo imparato la lezione. Riusciamo a mantenere il vantaggio, a non prendere gol e questo secondo successo consecutivo fa del nostro torello una squadra matura, cinica, che può affrontare qualunque avversario senza timori. Udinese annullata, mai veramente pericolosa nonostante il forcing tra il primo e il secondo gol. E questo grazie a una prova maiuscola di tutta la squadra, attenta in difesa e pronta nelle ripartenze. Abbiamo fatto due gol, potevamo farne altrettanti. Cerci è il nostro faro, ma bravi davvero tutti, dai due goleador -Farnerud continua a stupire, Immobile alla fine il suo golletto l'ha fatto- a Padelli, che sembra un altro portiere rispetto a quello impacciato di qualche settimana fa. Avanti così, ragazzi.

Domenico Catagnano
@DCatagnano



QUINDICESIMA GIORNATA

QUI TORO


Finalmente, ragazzi, finalmente. Una bella vittoria d'altri tempi, da Toro. Pazienza se non siamo riusciti a chiuderla sul 2-0, pazienza se non abbiamo giocato bene come altre volte, ma, diamine, questo 1-0 con la Lazio può rappresentare il salto di qualità in questo campionato. Se fino ad adesso siamo stati tanto belli ma altrettanto ingenui e sfigatelli, con i biancocelesti abbiamo finalmente visto una squadra che sa soffrire, sa tenere il risultato fino alla fine e, soprattutto, non ha preso gol. Minore qualità ma tanta quantità, una vittoria che ci proietta stabilmente nella parte sinistra della classifica, con più punti della stessa Lazio e del Milan, e non è poco. Mai così in alto nell'era Cairo, e ovviamente speriamo sia solo l'inizio di una svolta nella mentalità di approccio alla gara. Menzione particolare per il nostro capitano, quel Glik che quest'anno ha funzionato a corrente alternata ma che ha lo spirito Toro nel sangue. Ha segnato il gol decisivo, ha sorretto la difesa, è stato capitano vero insomma. Ritrovarlo nella sua massima forma anche per le partite che verranno potrebbe essere uno dei migliori acquisti per il mercato che si sta riaprendo. Alla facciazza di chi, invece, in questo Toro sembra proprio non volerci rimanere...

Domenico Catagnano
@DCatagnano



QUI JUVE


Un venerdì da leoni. Era quello che ci voleva per espugnare Bologna, trasferta insidiosa per chiunque, anche per chi guida la classifica (che, come da pronostico, è tornata ad essere la Juve, nonostante la Roma, lei sì, stia andando contro-pronostico). Quello del Dall'Ara era un esame per chi, come Quagliarella, Vucinic, Peluso, Ogbonna e Isla, il campo lo vede poco. Eppure, tutto è andato alla perfezione. Merito di chi si allena ogni settimana come se dovesse scendere in campo ogni santissima domenica e, soprattutto, merito del mister che, giorno dopo giorno, ha creato una squadra con un'identità molto (ma davvero molto) precisa (solo Bayern, Borussia, Arsenal e, ovviamente, Barcellona garantiscono “la prestazione” al di là del risultato finale).
Come spesso accade, dopo un inizio arrembante, l'ha sbloccata il 23. Poi, il mister ha chiesto di “usare la testa”, perché martedì c'è il Galatasaray. E così Pirlo e compagni – pardòn, il barbuto non c'era: Vidal e compagni – hanno cominciato a controllare la situazione senza mai rinunciare a efficaci blitz offensivi. E nella ripresa, con Llorente e Tevez in campo, la questione si è chiusa. C'è voluto Chiellini al minuto 89 per sedare il nervisismo (fuori luogo) di Poli, ma la questione poteva (e doveva) essere chiusa prima. Pazienza. L'importante erano i tre punti. Una piacevolissima abitudine alla quale non vogliamo rinunciare. Possibilmente, mai.

Alberto Catalano


QUI LIVORNO


Volevamo una prova d'orgoglio, l'abbiamo avuta. Contro il Milan gli amaranto hanno giocato una partita bellissima mostrando grande spirito di squadra e attaccamento alla maglia. Un pari che vale tre punti. Anche perché se non c'era il miglior Balotelli (personaggio discutibile, ma che talento...) i rossoneri, davvero brutti per ampi tratti, difficilmente l'avrebbero sfangata. Grandissimi Duncan e Mbaye che hanno subito fiutato l'aria di derby ma il vero eroe della serata è stato Luca Siligardi che oltre a segnare un bellissimo gol, uno dei suoi, è finalmente sembrato tornare sugli alti livelli della scorsa stagione. L'infortunio è alle spalle, il 'Sili' c'è. La dedica finale è per mister Nicola, che sabato, se mai ce ne fosse stato bisogno, ha mostrato di avere saldamente in mano cuore, anima e testa di questa squadra. Ora sotto con la Lazio, non un passo indietro!

Luca Aprea
@Cafeponci



QUI SAMPDORIA


I tifosi doriani finalmente possono lasciarsi alle spalle i timori delle prime partite e dire: “Dai che ci siamo!”. La vittoria ottenuta con il Catania proietta la Samp fuori dalla zona retrocessione e porta nell'ambiente blucerchiato una ventata d'entusiasmo dovuta alla striscia positiva di Mihajlovic. Il tecnico serbo ha ottenuto due vittorie e due pareggi da quando siede sulla panchina del Doria, ribaltando i pronostici più cupi, che davano la squadra già spacciata. Più che dal punto di vista tattico, la mano di Sinisa si sta notando clamorosamente nella testa dei giocatori, che ora giocano con scioltezza e senza i timori d'inizio stagione, provando giocate che prima non si vedevano. Soriano è l'emblema di questa trasformazione, ma anche Gabbiadini sta arrivando ai livelli che la società si augurava potesse raggiungere. La traiettoria disegnata per il 2-0 al Catania ne è la dimostrazione. Una grossa menzione va poi a Eder, vero uomo in più fino a questo punto; corsa, grinta e giocate decisive lo stanno consacrando elemento da Serie A, cosa di cui molti dubitavano. La classifica sicuramente non può lasciare tranquilli, ma cavalcando quest'onda lunga si potrà arrivare alla sosta natalizia fuori dalle sabbie mobili, obiettivo indispensabile per guardare con calma alla seconda parte di stagione.

Simone Ottavis


@SimoneOttavis


QUATTORDICESIMA GIORNATA

QUI LIVORNO


La maledizione Chievo non perdona. Ancora una volta i Mussi Volanti planano in picchiata sulle Triglie amaranto, mai in partita. Dato che è Natale il Cèo ci piazza tra pandori e tutti a casa. Una squadra grigia come le orribili maglie sfoderate al "Bentegodi". A fine gara le cronache narrano di uno Spinelli furibondo e pronto ad esonerare Nicola. Ma il mister, vero artefice del miracolo labronico e autentico valore aggiunto di questa squadra, non può e non deve rischiare il posto. Cacciarlo sarebbe assurdo oltre che autolesionistico e irriconoscente. In queste ore, città, stampa, squadra e anche i suoi più fidati collaboratori (Perotti e Capozucca su tutti) stanno cercando di far cambiare idea al presidente. A gennaio servono rinforzi caro "Sciu Aldo" non un nuovo tecnico. Perché come recitava uno degli striscioni più belli della scorsa entusiasmante stagione: "Né Mourinho, né Guardiola...solo Davide Nicola!"

Luca Aprea
@Cafeponci



QUI SAMPDORIA


Erick Thohir sperava di poter festeggiare con i tre punti la prima partita della sua nuova Inter. L'urlo di vittoria del magnate indonesiano invece è rimasto strozzato a pochi minuti dalla fine, quando la sassata di Renan si è improvvisamente infilata nell'angolino. Colpa di una Samp grintosa, che ha avuto il merito di rimanere aggrappata alla partita fino al novantesimo, nonostante il divario tecnico in campo e alcune delle solite difficoltà nella creazione del gioco. Mihajlovic in queste settimane è però riuscito a rianimare una squadra che sembrava smarrita e impaurita, osando anche schierare tre punte a San Siro e giocandosela a viso aperto. Altro merito del tecnico serbo è quello di aver azzeccato un altro cambio, i due gol della sua gestione sono arrivati infatti dalla panchina. Tra questi, Soriano sembra finalmente essere diventato un elemento affidabile e su cui poter puntare. In definitiva, i due pareggi con Lazio e Inter sono una premessa importante per la volata salvezza. Questa Samp ha tutte le carte in regola per arrivare ai 40 punti; se la società dovesse intervenire sul mercato a gennaio, magari con qualche patema in meno.

Simone Ottavis
@SimoneOttavis



QUI UDINESE


Rode, crollare dopo novantun minuti di stoica resistenza rode. Ammesso che non avremmo meritato di vincere, nonostante le due occasioni d'oro capitate sui piedi di quell'adorabile egoista di Di Natale, strappare un punticino nella tana dei campioni d'Italia ci sembrava mission tutt'altro che impossible. E invece niente, vince l'assedio dei bianconeri – quelli nati dopo – e noi ce ne torniamo a casa consapevoli di aver raggiunto una forma fisica ottimale, di concedere ancora troppi varchi in difesa, di avere un attacco in crisi mistica e dell'impossibilità di concepire i cambi di Guidolin: proprio quando l'Udinese sembrava aver trovato coraggio e sicurezza, il Guido tira fuori l'unico in grado di mettere ordine là davanti per un giocatore di contenimento; poi, all'87', butta nella mischia un trequartista. Un vero enigma. Doverosa una menzione speciale per il nostro portierone, silenzioso e concreto come sono i grandi: quanto ci era mancato questo Brkic! Non palleggerà con il chewing gum, non avrà un look anni Sessanta, non rilascerà dichiarazioni taglienti, ma ci piace. Forse perché è il prototipo del friulano. Non l'hanno minimamente colpito i teneri insulti che piovevano dalle baby curve – settori chiusi per “razzismo”, giusto per ricordarlo. Insomma, crescono bene questi piccoli juventini, simpatici proprio come i loro papà.

Federica Zille



QUI INTER


Spiace che il Presidente appena insediato abbia dovuto vedere un secondo tempo così scarso. La sua faccia a fine partita diceva tutto, e speriamo che già non pensi “ma chi me l'ha fatto fare, stavo così bene là, fra l'altro faceva più caldo”. E si capisce che ha lottato tutto il tempo con il piumino per scaldarsi le gambe e la voglia di mandarli tutti a quel paese. Gambe di gelatina, idee congelate, i nostri sono rientrati in campo e si è capito subito che non ci capivano nulla. Ballavano come burattini e meno male che Cambiasso (San Cuchu) prendeva qualche pallone lì nella nostra tre quarti. Altrimenti poteva finire anche peggio. La presunzione di avere in pugno la partita ha fatto il resto, e l'ottimo Sinisa (nostalgia canaglia…) ci ha messo nei guai. Ormai li conosciamo bene i nostri eroi. Lo sappiamo che quando cominciano a trotterellare, a perdere palloni in svariati modi (piede a banana, incaponimento a volere sfondare la barriera di tre avversari, il lancio al fantasma formaggino, il bisticcio in difesa….), ad essere inchiodati sulle gambe, ecco lì prendono il gol, possibilmente sul finire di partita quando il tifoso medio conta i minuti, i secondi e spicci per portarla finalmente a casa. Ma niente, di questi tempi non ce la facciamo. Benvenuto nel magico mondo del tifoso interista medio, caro Presidente Thohir. Qui non ci si annoia mai.
Lella Confalonieri

QUI TORO
Alla già lunga lista delle partite "vorrei ma non posso" aggiungiamo questo Genoa-Torino, dove siamo passati in vantaggio, abbiamo sprecato e, come troppo spesso ci capita, siamo stati rimontati. Un 1-1 che lascia l'ennesimo amaro in bocca, un'altra vittoria sfumata un po' perché non siamo stati bravi a chiudere il match (complice un Perin in giornata paro-tutto-io e un attacco impreciso) e un po' perché se non riusciamo a prendere almeno un gol a partita non siamo noi. Che dire? Siamo in una tranquilla posizione di centroclassifica ma ci mordiamo le dita perché potremmo essere più in alto, e la sensazione è che dobbiamo a rassegnarci a una squadra così, incostante e lunatica, che a momenti di bel gioco alterna pause mentali pericolose. Ci è piaciuto Farnerud, che ha propiziato il gol e si è mosso molto tra centrocampo e trequarti. Potrebbe non essere il bidone che temevamo di aver preso. Cerci è andato a corrente alternata, Immobile si è mosso bene ma non ha trovato lo spunto giusto sotto porta. Al resto della truppa un voto ben al di sopra della sufficienza, ma, porca miseria, quel bicchiere mezzo vuoto pesa di più di quel punto che magari alla vigilia avremmo sottoscritto e che ora non ci va proprio giù.
Domenico Catagnano
@DCatagnano


TREDICESIMA GIORNATA



QUI JUVE


Esiste una soddisfazione più grande per un pisano juventino? No, non credo. Non è tanto la vittoria ad esaltare il pubblico bianconero è l'idea stessa di sentirsi vincenti. Il Livorno dei contropiedisti veloci ci ha creato anche qualche apprensione, ma la partita non ha avuto molta storia soprattutto grazie ad un giocatore sempre più unico: Re Arturo Vidal, per la prima volta schierato anche da Conte nel ruolo di difensore centrale, già coperto con successo nel Cile di Bielsa. E Vidal ha fatto quello che fa sempre anche da centrocampista, dando ritmo alla squadra e cambiando l'orientamento della partita con le sue ripartenza tecniche. A buttarla dentro ancora una volta i due davanti, il “pennellone” Llorente sempre più bomber e Tevez che si è quasi riposato tutta la partita, ma la palla buona l'ha messa anche questa domenica. Allora dormite tranquilli fratelli bianconeri: la squadra c'è, anzi ce ne sono quasi due visti i cambi di Conte e sono buone tutte e due. Ora però arriva la Champions e la maledetta musichetta e li cambia tutto e arriva la paura, speriamo bene e forza Juve sempre, e anche forza Pisa.

Alberto Barachini
Twitter: @abarachini


QUI LIVORNO/1


Il pisano che non conosce gioie palla al piede si riversa nel tifo "straniero" di colori che non appartengono né raccontano dolori e sudore, che non evocano storie di strade conosciute, scorci di terra vissuti, nostalgie di vizi anche anche odiati, ora perduti. Il pisano che non ricorda un pianto di gioia neroazzurro affida le lacrime a tevez e llorente, condottieri di un altro pianeta. Perdere contro la Juventus è storia scritta anche se Emerson ha sprecato l'occasione della partita, anche se Bardi nel primo tempo poteva soffermarsi a ripensare ai divertimenti del sabato sera. E poco importa parlare della grazia a Ceccherini che con la mano distante dal corpo intercetta un colpo di tacco. Un rigore negato, è vero, ma in quella storia già scritta ce ne sono stati fin troppi regalati. Tre punti li lasciamo sul campo, sul nostro campo, quello che ha sentito affondare i tacchetti sempre più deboli, oggi, come nel giorno in cui siamo tornati a giocare nella massima serie. Perché la storia scritta a noi ci piace poco. Le vittorie si conquistano anche urlando più forte, in quello spicchio di terra, la curva, che parla la stessa lingua.

Micaela Nasca



QUI LIVORNO/2


Peccato. Dopo aver tenuto testa all'Inter a San Siro abbiamo fatto sudare anche la Juventus di Conte che, per portare a casa la vittoria ha dovuto ricorrere all'argenteria di casa. Dalla lampada sono usciti due gol molto belli e buona notte. Dispiace perché nel primo tempo la ragnatela disposta da Nicola aveva funzionato alla perfezione: maglie strette, pressing costante, tanta corsa e tantissimo sacrificio. Pirlo, guardato a vista, annaspava andando a sbattere sugli scogli amaranto. Risultato: Juve mai pericolosa. Nella ripresa la rabberciata difesa bianconera ha concesso più di un contropiede ma i Nostri (ah, se ci fosse stato Paulinho...) non sono stati in grado di approfittarne. E quando una big mostra il fianco la devi colpire. Se non lo fai, sarà lei a colpire te alla prima occasione. E' il calcio bellezza. Detto, fatto. E così, nel momento migliore del Livorno, ecco l'uno-due dell'accoppiata Llorente-Tevez. La salvezza non passa da due partite con Inter e Juve ma giocare bene, fare il pieno di complimenti, e fare zero punti dà sempre fastidio. Ora sotto con il Chievo, nostra bestia nera. Uno scontro diretto da non sbagliare. L'ultimo pensiero, il più importante, però è tutto per Andrea Luci e la sua famiglia. Il popolo amaranto si è stretto attorno al numero dieci amaranto e al piccolo Marco con uno striscione di 60 metri e una raccolta fondi. Perché il vero avversario da battere non è la Juve ma la maledetta e vigliacca Fop. Non un passo indietro, avanti Capitano!
Luca Aprea

Twitter: @Cafeponci


QUI UDINESE


In qualsiasi altra occasione un sorpasso in classifica al Milan sarebbe stato accolto con maggiore entusiasmo, ma godiamoci lo stesso il momento: non tanto per la vittoria – che comunque ci mancava come l'aria, sia chiaro - ma soprattutto per la prestazione sfoderata contro la Fiorentina. Si è visto il carattere, la voglia di non farsi schiacciare da un avversario abituato a imporre la propria legge, la fame di riscatto. Si spiega così il gol, nato da un'incursione in area di Heurtaux, uno che nelle ultime uscite sembrava un lontano parente del giocatore visto l'anno scorso, timido e frastornato. Si spiega così la partita perfetta di Allan, capace di insinuarsi nelle trame ordite dal centrocampo viola sfilacciandole sistematicamente. Ok, con tutte quelle pallegol costruite, la gara andava chiusa prima: manca ancora un po' di cinismo, ne è l'emblema quel tap-in facile facile fallito allo scadere. Ma rivediamola bene quella azione: assist di Bruno Fernandes e conclusione di Widmer, 39 anni in due e movenze che lasciano intravedere l'ennesima scommessa vinta dalla società friulana. Insomma, per ora “work in progress”, ma l'Udinese c'è.

Federica Zille



QUI INTER


Un'occasione persa. Dopo il passo falso di Fiorentina e Napoli, l'Inter doveva vincere per restare in prossimità delle prime. E invece niente. L'era Thohir è iniziata con un pareggio, un pareggio che lascia l'amaro in bocca. Non solo perché il Bologna è a un passo dalla zona retrocessione, ma anche perché le occasioni perse e la sfortuna hanno vanificato la corsa nerazzurra verso il terzo posto richiesto dal nuovo presidente.
Ed è proprio a lui che ci rivolgiamo. Egregio Presidente Thohir, Natale si avvicina e il mercato di riparazione anche. Che ne pensa di fare un bel regalo ai suoi nuovi tifosi? Magari una punta di quelle che la buttano dentro, un finalizzatore da area di rigore, un punto di riferimento per Palacio. Con Milito soggetto a continue ricadute e con la coppia Icardi-Belfodil non al top per vari motivi urge un goleador, uno da 20 goal a stagione. Con affetto. Un tifoso (in attesa)

Alessandro Cracco
@alessandrcracco



QUI SAMPDORIA


Quando sembrava quasi fatta, il gol di Cana ha rovinato il disegno perfetto che si stava delineando a Marassi. Il ritorno di Mihajlovic alla Samp nelle vesti di allenatore poteva essere di quelli da ricordare, con tre punti conquistati in inferiorità numerica (Kristicic proprio non deve piacere ad Orsato, che nel derby di ritorno della scorsa stagione aveva graziato Matuzalem dopo un fallo killer proprio sul numero 10 blucerchiato). Peccato per quella distrazione finale, una delle poche commesse dalla squadra rigenerata da Sinisa, pagata a carissimo prezzo. A questo punto, l'importante è vedere il bicchiere mezzo pieno. Il Doria che ha affrontato la Lazio è stata un'altra cosa rispetto a quello visto con Sassuolo e Fiorentina: difesa attenta, grinta da vendere, voglia di attaccare e pressare l'avversario. Sicuramente il tecnico serbo non ha attuato chissà quale rivoluzione in tre giorni, ma almeno è riuscito a caricare a dovere i ragazzi. Mihajlovic comunque ha già portato due importanti novità, ovvero il cambio di modulo e il reintegro di giocatori finora lasciati ai margini come Maresca e Poulsen. Magari quest'ultima mossa non cambierà la stagione, ma è comunque un segnale importante che è stato dato alla squadra. Quello di lottare tutti insieme per la salvezza, azzerando quanto successo nelle giornate precedenti. L'inizio è stato incoraggiante, ora Sinisa è già atteso al varco a San Siro.

Simone Ottavis
@SimoneOttavis



QUI GENOA


Eroici. Non c'è altro aggettivo per definire i 13 grifoni (Manfredini lo rimandiamo ad altre battaglie) che hanno resistito agli assalti del Milan. Una partita che è la summa dell'essere genoani. Esultare al triplice fischio come se si fosse vinta la Champions (e invece si porta a casa un solo punto) dopo una partita che può essere utlizzata negli ospedali come valido test per le coronarie. Diversi tifosi, dopo il match, possono stare tranquilli: o devono subito fare un'angioplastica, oppure probabilmente non ne avranno mai bisogno. Sono partite come queste che ti riappacificano con l'essere genoani. Trincea, baionetta e sofferenza. Il fioretto lo lasciamo ad altri, i Grifoni preferiscono gli artigli. Poi, vabbè, c'è anche il calcio. E racconta di una partita che, in 11 contro 11, era equilibratissima. Certo, il Milan ha colpito a freddo (grande giocata sull'asse De Jong-Kakà, cheapeu), ma invece di abbattersi, come avrebbe fatto in altri periodi, il vecchio Balordo si è riorganizzato trovando il pari e giocando soprattutto alla pari fino all'episodio che ha trasformato una battaglia campale in un assedio. Tutto il resto sono i voli di Perin (qualcuno ha ancora dubbi sul suo valore?), i recuperi di Antonini, le zuccate di Portanova, le geometrie di Matuzalem, le volate di Antonelli, le sportellate di Gilardino, i crampi di Biondini, il sudore di Marchese, i cori e gli sguardi tesi dei tifosi, capaci di trascinare i giocatori come se si giocasse al Luigi Ferraris. E tanta, tanta fortuna. Che, è bene ricordarlo, aiuta gli impavidi e gli audaci. E di paura, il Genoa, ne ha avuta davvero poca. E ora può sognare. Non le luci a San Siro: quest'anno, per noi, non ne accenderanno più. Ma un posto in Europa, beh: quello sì.

Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco



DODICESIMA GIORNATA


QUI JUVE

Come l' “arancia meccanica” di Cruiff, come la grande Olanda dei campioni del calcio totale. Una macchina da gioco quasi perfetta, una spettacolare macchina da guerra calcistica. Il “profeta” bianconero è il professor Pirlo, giocatore unico, immaginifico, magistrale. E' lui a guidare il centrocampo della Juve, la mediana più europea del calcio italiano, con campioni da Champions come Vidal e Pogba. E' da loro che comincia l'assalto al Napoli, con un impatto sulla gara che annichilisce gli azzurri. Aggressività, ritmo e qualità in mezzo al campo, che almeno in Italia fanno la differenza. Llorente sblocca da attaccante vero; non è e non sarà mai il campione Trezeguet, ma è la prima volta che Conte ha in squadra una punta che vede la porta e lotta su tutte le palle facendo salire la squadra. Pirlo mette il tappo sul match con un capolavoro da spot televisivo, uno dei più bei calci di punizione di sempre del calcio mondiale. Pogba umilia il Napoli con la sua follia geniale, perché solo un giovane campione matto e predestinato può stoppare così male una palla e poi decidere, all'ottantesimo minuto, di calciare al volo dal limite a cento chilometri orari. Che Juve, che orgoglio e che soddisfazione tifare per una squadra così e mi dispiace per chi rosica.

Alberto Barachini



QUI FIORENTINA


Per 75 minuti è una Fiorentina troppo perfetta anche per regalare emozioni ai suoi tifosi. Un rigore un po' generoso e una prodezza di Rossi dopo 15 minuti ci fanno passare una tranquilla serata di bel calcio, fraseggi, tecnica pura, velocità e spettacolo. Ma noi siamo la Fiorentina e se non soffriamo un po' non ci troviamo gusto. È così che, allora, in un eccesso di narcisismo arriva il fulmine a ciel sereno con il gol di Gabbiadini. Da lì in poi il nulla, anzi tanta sofferenza. La Samp ci crede e per pochissimo non pareggia una partita che l'aveva già vista morta e sepolta. Dobbiamo imparare a chiudere le partite.

Gianni Rosini
Twitter @GianniRosini


QUI GENOA


Non c'è due senza tre. E infatti il tre è arrivato puntuale. Grazie, per una volta, non al solito Gila, ma a capitan Portanova e a un Kucka sempre più a suo agio nel ruolo che trasformò per tre anni Beppe Sculli da onesto mestierante a giocatore di calcio. Ma il merito è soprattutto di Gasperini che ha trasformato una banda di conigli impauriti in 11 lupi affamati di punti. Proprio Kucka è una delle sue trovate, così come Antonini che nel ruolo di difensore puro è ringiovanito di 10 anni. O Perin che finalmente mantiene le promesse di miglior portiere giovane e comincia a sognare la nazionale. Ma anche il rilancio di Matuzalem e l'alternarsi di centrocampisti sette polmoni al suo fianco (Biondini, Cofie, Bertolacci). In attesa che Gasp faccia bere una pozione magica anche a Lodi, ci godiamo una classifica che fa sognare ma soprattutto divertire. Perché, e la partita di oggi lo dimostra, quando si affrontano squadre che non hanno bisogno impellente di punti, si gioca a calcio e non a calci per la gioia di tutti. Soprattutto, oggi, di noi genoani. Peccato solo per l'inutile sosta che rischia di spezzare questa incantesimo. Al ritorno in campo ci aspetta il Milan a San Siro. Con una bella novità: una classifica nella quale il Grifone vola ben più in alto del povero diavolo.

Gian Luca Rocco

Twitter: @gianrocco


QUI ATALANTA


Una partita da dimenticare ma tre punti da incorniciare: la peggiore Atalanta in versione 4-4-2 ottiene la più pesante delle vittorie stagionali. Sedici punti dopo 12 giornate sono una garanzia per il futuri, anche perché dietro sono davvero tante squadre a dover restare a galla. Senza 5 titolari (Lucchini, Del Grosso, Carmona, Bonaventura e Denis) e altrettanti rincalzi, abbiamo giocato molto male il primo tempo, salvo poi accorgerci che valeva la pena di accelerare e provarci. Il Bologna e' parso davvero poca cosa, complici molte assenze. Poi un fulmine (Brivio) e la sfida di Bergamo e' tornata ad essere una partita di calcio. Dietro la lavagna davvero in molti, compreso Livaja. Sufficienti Cigarini, Raimondi e Brivio. Adesso 15 giorni con nervi distesi in vista di Sassuolo.

Giacomo Perego


QUI TORO

Tre maledizioni e una certezza: questa in estrema sintesi Cagliari-Torino. Le maledizioni sono proprio il Cagliari, con il quale orami siamo alla terza sconfitta nelle ultime tre gare, Daniele Conti, che per la seconda volta consecutiva ci ha rifilato una doppietta, e l'ormai vecchio vizietto di prendere gol negli ultimi minuti. La certezza è che non sappiamo difendere bene: sul primo gol barriera posizionata in maniera approsimativa e Padeli a farfalle, sul secondo il nostro portiere era palesemente piazzato male. Peccato, dopo l'ubriacatura del post Roma ci aspettavamo una bella prova al Sant'Elia, ma, al di là del punteggio, il Toro è sembrato flaccido, pessima copia di quello che aveva messo in difficoltà la capolista. Benino Cerci, bene Immobile al quarto gol stagionale, ma per il resto abbiamo visto ben poco contro una squadra data allo sbando dopo tre sconfitte consecutive. E' un Toro che non ha continuità e che paga pesantemente una retroguardia distratta. Padelli è solo la punta dell'iceberg, le approsimazioni là dietro continuano a essere troppe. E il baratro si fa sempre più vicino.


Domenico Catagnano
@DCatagnano


QUI SAMPDORIA
Niente da fare, anche a Firenze è arrivata una sconfitta. Per l'ennesima volta si è vista una Sampdoria dalla doppia faccia: impacciata, svuotata e povera d'idee per 65 minuti, coraggiosa e in grado di far venire i brividi alla Fiorentina nel finale. Il match è stato condizionato da una partenza col freno a mano tirato e da un rigore non tra i più clamorosi. Sotto di due gol dopo un quarto d'ora, la squadra poteva sbandare, invece è riuscita a sfiorare il pareggio, seppur non impressionando. Segno di come, nonostante difficoltà tecniche e qualitative evidenti, il gruppo non sia scarico e disunito. Inevitabilmente ora si apre il capitolo allenatore. Chi scrive confermerebbe Delio Rossi, che ha comunque dato un'identità forte ai blucerchiati. Una scossa deve però arrivare, per evitare che la classifica peggiori ulteriormente dopo la sosta. Sostituire il tecnico è la carta più ovvia che potrebbe giocare la società, ma sarebbe una soluzione che Rossi non si meriterebbe, considerato il materiale umano che gli è stato messo a disposizione.

Simone Ottavis



QUI MILAN

Si fa una gran fatica ad abituarsi alla mediocrità dopo più di cinque lustri di eccellenza, successi, gloria e orgoglio. Ma forse è meglio così, meglio, cioè, non abituarsi, non rassegnarsi all'idea del declino, anzi ribellarsi ad essa. E imbufalirsi (e anche di più…), come hanno fatto i tifosi milanisti generosamente venuti al Bentegodi. Sì, generosamente, nonostante tutto. D'accordo il secondo tempo del Milan non è stato malissimo ma, ammettiamolo, solo se lo paragoniamo al gioco a cui la squadra ci ha abituati da qualche tempo. E d'accordo, un commuovente Kakà si è sbattuto come un matto, meritava il gol e comunque è l'unico ad aver dimostrato di avere gli attributi che la curva rossonera ha invocato a lungo. E ancora d'accordo, un po' di fortuna, una volta tanto, avrebbe aiutato. Ma prendersela con la jella - Robino è specializzato nel mancare il gol a porta vuota - oltre che essere poco elegante e vile, nel caso di questo Milan è del tutto fuori luogo, solo giustificazionista. E poi quel pizzico di fortuna che è mancato, se ci fosse stato avrebbe impedito di accelerare la corsa verso la resa dei conti, che a questo punto è inevitabile, giacché ormai, ammettiamolo, siamo praticamente in zona retrocessione. Qualcuno sa spiegare perché Matri, spacciato come il miglior acquisto della stagione non riesce a combinare nulla? E qualcuno sa spiegare chi è il regista di questa squadra, chi ne organizza il gioco? La buona volontà di Kakà e la buona tecnica di Montolivo non bastano. Il Milan non è orfano di Pirlo, è privo di un'idea di gioco. Un'idea qualsiasi. Perciò ora qualcosa bisogna fare. Via Allegri? Un'onorevole congedo di Galliani, che continua a far finta di niente e si accontenta di non aver preso gol? Tutto il potere a Barbara? Non so, quello che so è che qualcosa bisogna fare. E in fretta.

Carlo Lomartire


QUI INTER

Massimo Moratti e Javier Zanetti. Non c'è altro nella notte di San Siro, dove sul campo si gioca una partita non bella. Il Presidente che lascia, il Capitano che torna. E le loro facce, pescate a più riprese dalle telecamere di Premium Calcio, dicono tutto. Moratti sulla sua abituale poltroncina della tribuna d'onore, stretto, quasi protetto dalla moglie e il figlio. Zanetti sulla panchina, finalmente disponibile dopo l'infortunio. Il cuore autentico della squadra, il Presidente e il Capitano. L'amore sconfinato, i cori della curva destinati ora all'uno ora all'altro, la fuga di Moratti a fine partita per non lasciarsi andare alla commozione, che invece Zanetti fa vedere senza remore, la mano che batte sul cuore. Occorre che loro non lascino l'Inter. E' necessario che lei Presidente resti, nelle forme che più le piaceranno, per conservare l'anima di questa squadra. E.T., quando arriverà, ci metterà quello che può e vuole, ma il cuore, quello autentico, lo deve mettere lei. L'orgoglio della tradizione, dell' integrità e dell'onestà senza badare alle cattiverie, ai “piccoli” presidenti (piccoli non solo anagraficamente) che biascicano senza sapere quello che dicono, e quanta bagna cauda dovranno ancora mangiare prima di arrivare al suo livello! E lei, Capitano, deve restare ancora per farci godere quelle sue cavalcate sulla fascia, per farci vedere quella sua fame di palloni, quasi che fosse sempre la sua prima partita. Deve restare perché è un esempio per tutti, e tutti la rispettano. Ieri, a fine partita, Cambiasso le ha riconsegnato quello che è suo, la fascia. E lei si è commosso con quel pezzo di stoffa stretto tra le mani. Il cuore e l'esempio. Ecco perché dovete restare.

Lella Confalonieri



Lo stadio intero si alza in piedi per salutare il Capitano. Lui entra in campo e ringrazia con un applauso. Una storia d'amore infinita quella tra Javier Zanetti e i suoi tifosi. Una storia fatta di momenti tristi, ma anche di attimi unici, irripetibili. E' questa la sintesi di Inter-Livorno. La partita, almeno per i tifosi veri, passa in secondo piano. Partita iniziata con un regalo di Bardi che appoggia in rete l'ennesimo cross di Jonathan e finita con un bel goal di Nagatomo dopo un'azione corale, lanciata dai piedi di Zanetti e rifinita da Kovacic. Gli ultimi secondi sono sintetizzati in un abbraccio. L'abbraccio che la squadra regala al Capitano. L'era Moratti è finita, quella Thohrir è appena cominciata. L'era Zanetti non finirà mai.
Alessandro Cracco
@alessandrcracco



UNDICESIMA GIORNATA

QUI TORO


E nel suo piccolo il Toro entrò nella storia di questo campionato. Abbiamo fermato la super Roma dalle dieci vittorie consecutive, e l'abbiamo fermata giocandocela alla pari, senza timori, con quel coraggio che ci era mancato in altre sfide importanti, leggasi derby e Napoli. La rimescolata di carte di Ventura alla fine ha funzionato, anche se in difesa si trema ancora troppo e Barreto davanti ha fatto ben poco. Ma al di là dei magheggi del mister, se non fosse stato per Cerci probabilmente staremmo qui a commentare un'altra partita. Il nostro Pupetto si conferma in stato di grazia, praticamente da solo in avanti ha fatto reparto, se escludiamo le fiammate (decisiva la seconda) di Meggiorini. Lo avevamo detto in tempi non sospetti, questo ragazzo è un campione vero. Ha personalità e classe, teniamocelo stretto stretto, perché è ovvio che presto diventerà ancora più ambito al calciomercato. Ci piace come gioca e ci piace la sua dichiarazione d'amore per il granata. "Devo dare l'anima per il Toro, il nostro punto di forza è il cuore", ha detto a fine gara. Belle parole che, se non rimangono tali, sono musica soave per tutti noi. Che Eupalla (e Cairo) ci preservi il nostro Pupetto. Con lui ci è consentito sognare.
Domenico Catagnano
@DCatagnano


QUI SAMP


Ennesima partita sciagurata e altri punti lasciati per strada. La sconfitta casalinga col Sassuolo è tutta qui, in novanta minuti condotti senza ragione e lucidità. Un ko cha fa malissimo, il peggiore della stagione, derby escluso. Questa volta non è bastato un attacco finalmente prolifico, quattro gol subiti hanno vanificato tutto. In questi casi, inutile girarci attorno, l'allenatore è il primo (se non l'unico) a pagare, ma Delio Rossi ha incassato la fiducia della società nel dopo partita. Il tecnico avrà anche le sue colpe, ma in fin dei conti si sta trovando a gestire una rosa ricca solo numericamente, con una trentina di uomini in rosa, ma povera qualitativamente e dal punto di vista dell'esperienza per giocare un campionato tranquillo. Ora più che la grinta manca la serenità, i blucerchiati sembrano in un perenne stato di instabilità emotiva. Nel prossimo turno si profila la trasferta di Firenze, una delle peggiori che potevano capitare in questo momento. Non sarà l'ultima spiaggia, ma poco ci manca.

Simone Ottavis



QUI UDINESE


Niente da fare, ennesima prestazione imbarazzante: Udinese non pervenuta. Dopo aver messo in difficoltà la Roma, dopo aver conquistato il primo successo esterno, dopo aver recuperato il portierone titolare, sembrava finalmente giunto il tempo della svolta. E invece nada. Solito sistema di gioco, il 3-5-2 con centrocampo guidato da Allan - che recupererà anche una marea di palloni, ma non chiedetegli di imbastire un'azione nemmeno per sbaglio – e sulle fasce Gabriel Silva e Widmer, ossia la promessa finora delusa e il debuttante dal cross facile. Peccato che in mezzo all'area si erga il solo Totò, 170 centimetri di altezza: i suoi piedi sopraffini avrebbero bisogno di imbeccate diverse, di una mediana dinamica e in grado di servirgli palloni decenti, magari di un Muriel che gli stia più vicino e che faccia da collante... Non si è visto niente di tutto questo, ci siamo limitati a fare da sparring partner a un'Inter solida, concreta, ma non irresistibile: è l'Udinese ad aver regalato la partita, ancora una volta. Desolante.

Federica Zille



QUI FIORENTINA


Lo confesso, prima di Milan-Fiorentina ero preoccupato. La mancanza di Gomez, alla quale però ci siamo ormai abituati, la squalifica di quello che reputo il nostro miglior giocatore, Cuadrado, l'infortunio del vero metronomo del centrocampo, Pizarro, avevano suscitato in me in brutto presentimento. Ero preoccupato perché andavamo a giocare in casa del Milan con una rosa decimata, con molti ragazzi acerbi e non pronti ai grandi palcoscenici. Che i rossoneri non fossero più quelli degli anni passati lo sappiamo tutti, ma ieri credo che la squadra di Allegri abbia toccato uno dei punti più bassi, ha dato l'idea di essere un gruppo allo sbando. È a quel punto che ho pensato “stai a vedere che Montella riesce a portare a casa i 3 punti anche stasera”. E lo ha fatto, con decisioni anche coraggiose come la scelta di Matos, buttato nella mischia scavalcando nelle gerarchie un certo Joaquin, o come il ritorno dal primo minuto di un ormai recuperato Vargas. L'allenatore viola ha poi deciso di rischiare Ambrosini (ad un lottatore come lui è difficile negare l'opportunità di tornare ad affrontare la squadra nella quale ha militato per un'intera carriera), sostituendolo dopo soli 30 minuti con un altro giovane promettente come Vecino. È stato proprio questo mix di calciatori d'esperienza (Gonzalo Rodriguez, Borja Valero, Giuseppe Rossi solo per fare qualche esempio) e giovani "affamati" (come Matos, Vecino e Savic) che ha fatto sì che la Fiorentina abbia letteralmente passeggiato a San Siro sulle macerie di un Milan sempre più in difficoltà. Bravi ragazzi e grande mister!
Gianni Rosini
@GianniRosini

QUI JUVENTUS


Vincere a Parma come ha fatto la Juve è un segnale. Partite come queste hanno la capacità di segnare una stagione: i tre punti del Tardini valgono doppio in chiave campionato (avvisano la capolista Roma e ci portano alla prossima sfida con il Napoli nel migliore dei modi) ma addirittura di più per il morale. Vincere una gara che se fosse finita 0-0 non sarebbe stato uno scandalo fa la differenza alla fine dell'annata: in una settimana la Juve non ha preso gol (certo gli attacchi avversari non erano i più forti in assoluto) ma ha soprattutto ritrovato la compattezza che ne aveva segnato le ultime due stagioni. Due stagioni vincenti. Le distrazioni ci sono ancora ma non sono più "collettive": all'errore del singolo rimedia il compagno di reparto. La convinzione c'è, la gamba quasi. Incrociamo le dita per martedì. Pirlo ha riportato la luce in mezzo al campo, Barzagli è la solita roccia e Pogba il freddo man ot the match. E stiamo ancora aspettando Marchisio...

Sauro Legramandi


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@Sauro71


DECIMA GIORNATA


QUI FIORENTINA


Analisi dei primi 90' di gioco. La Fiorentina ha giocato da padrona di casa ma, come troppo spesso accade, ha cali di concentrazione in difesa che, contro squadre come il Napoli, si pagano cari. Ecco che, allora, l'errore di Compper sul primo gol e gli sbandamenti sulle ripartenze fruttano due reti alla squadra di Benitez. La Fiorentina fa la partita, il Napoli gioca in ripartenza e sa soffrire e colpire come una grande squadra. Inutile negarlo: l'assenza di Gonzalo Rodriguez nel reparto difensivo si sente.


Ahinoi, però, gli ultimi 5 minuti di gioco sono quelli che meritano la riflessione più approfondita. Al 91' Cuadrado viene vistosamente sgambettato in area da Inler, è rigore netto. L'interpretazione-capolavoro di arbitro e giudice di porta, però, porta il fischietto ad ammonire il laterale viola per simulazione (doppia ammonizione, quindi rosso) e a non dare il fallo. Morale della favola: il Napoli vince la partita e la Fiorentina andrà a giocare lo scontro diretto contro il Milan, a Milano, senza il suo uomo più in forma.


L'episodio si è prestato ai commenti di tifosi, opinionisti, esperti e malelingue (o forse solo realisti?). Fatto sta che una situazione del genere era pronosticabile già dopo la designazione: per il big match della giornata viene scelto un arbitro di seconda fascia, Calvarese, che arbitra in serie A in pianta stabile solo dal 2012, destinando Orsato, internazionale dal 2010, a Cagliari-Bologna. In questo modo è sicuramente più facile glissare sull'errore del fischietto di Teramo con i soliti discorsi: “E' un arbitro di prospettiva”, “è in corso un rinnovamento della classe arbitrale”, “per farli diventare grandi si devono fare esperimenti, mettendo i giovani arbitri alla prova nei grandi match”. Attendo allora il prossimo esperimento, magari in uno Juventus-Roma.


Gianni Rosini


Twitter: @GianniRosini



QUI TORO
Sembra quasi che i nostri ragazzi recitino a copione. A dieci giorni di distanza la storia di ripete: un altro 3-3, un altro punto acciuffato in extremis, ma, soprattutto un'altra rimonta subita. Ci eravamo fatti raggiungere in vantaggio di due gol in casa (partita col Milan, uccellati dall'ingenuità e dall'arbitro), ci mancava di farlo fuori. Ma siccome ci piace superarci, ieri ci siamo pure fatti sorpassare: da un sicuro 0-2 a 3-2, roba da matti. Col Livorno, con tutto il rispetto, mica col Barcellona. Ormai è chiaro che questa squadra è inaffidabile. Perdonate il paragone un po' da Bar Sport: questo Toro è come una bella gnocca ma scema. Ti conquista, ti ammalia e poi sul più bello ti disarma con la sua stupidità. La bellezza sta nel fatto che, nonostante qualche black out, attacca con muscoli e fantasia, il dark side sta tutto là dietro, in difesa. Anche ieri i nostri ragazzi sono stati in affanno, svagati e molli. Vero è che mancano Bovo e Rodriguez (che, almeno sulla carta, non hanno proprio le caratteristiche dei salvatori della patria) , ma è possibile che ad ogni attacco avversario si ha l'impressione che i nostri possano combinare la frittata? La qualità è quella che è, non altissima, ma qua bisogna rinforzare l'allenamento supplementare sulla testa dei nostri ragazzi. Tanti, troppi punti persi, e domenica c'è la Roma. E se si perde -e purtroppo ci può stare- il baratro sarà lì, a pochi punti di distanza.
Domenico Catagnano
@DCatagnano


QUI SAMP

La striscia di vittorie consecutive si ferma a due, quella di partite senza subire gol a una. La Samp torna da Verona con qualche certezza in meno e con i fantasmi delle prime giornate. Una serata decisamente negativa, dalla quale sono riemerse le recenti lacune: difesa perforabile, centrocampo poco dinamico e povero di idee, attacco sterile. È proprio quest'ultimo aspetto il più preoccupante, supportato dai numeri. Solo nove reti realizzate dai blucerchiati finora, meno di uno a partita, occasioni da gol che durante i singoli match si contano sulle dita di una mano. Nelle vittorie con Livorno e Atalanta, due marcature sono arrivate su rigore, una da corner. La Samp in avanti non fa paura, non punge, il che aiuta gli avversari a prendere coraggio. Delio Rossi dovrà necessariamente lavorare su questo punto, se è vero che attaccare è la miglior difesa. Intanto in arrivo a Genova il Sassuolo degli ex (interessante il confronto diretto tra Gabbiadini e Zaza), in uno scontro che si profila già come decisivo.

Simone Ottavis



QUI GENOA


Diceva il saggio che se hai un portiere e un centravanti, mezza squadra è fatta. Il Genoa, quest'anno, ha un giovanotto che partita dopo partita acquista e trasmette sicurezza (Perin) e un centravanti (Gilardino) che ha segnato 164 gol in Serie A (e 19 in Nazionale), capace di scaraventare in porta traversoni sbilenchi e gestire palloni impossibili. Anche perché, tra i due estremi, c'è una squadra che oggi, non me ne voglia Gasp, sembrava messa in campo “ad minchiam” (per citare un altro grande rossoblù, il mai abbastanza compianto prof Scoglio) e con una qualità veramente vicina allo zero. Se le partite di calcio fossero delle gare di mezzofondo, il Genoa avrebbe degli ottimi interpreti. Purtroppo, oltre che correre come degli invasati, servirebbe anche saper controllare l'attrezzo chiamato palla, operazione che per qualcuno (Biondini, Centurion, Manfredini, Bertolacci,Antonini, Biondini, l'ho già detto?) sembra un'impresa al limite del possibile. E così, in attesa di un bel ripassino dei fondamentali, ci godiamo tre punti importanti, ottenuti anche con un po' di sano sedere che non guasta mai. Contano quelli e la carica che il Ferraris trasmette ai giocatori, finalmente gasati dalle mura amiche e non piccoli agnelli impauriti e in attesa di essere giustiziati. Bene, bravi, speriamo che domenica arrivi anche il bis.

Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco


QUI JUVE


Seconda sgambata in quattro giorni e altri tre punti incamerati. La convalescenza della Juve prosegue a piccole ma sostanziali iniezioni di fiducia, in vista del check up previsto per martedì prossimo in Champions con il Real Madrid. La partita col Catania è stata più difficile di quella con il Grifone perché i siciliani hanno tentato di giocare almeno per un tempo, salvo issare bandiera bianca davanti a un Tevez dalle sette vite e un Pirlo scientifico. I bianconeri stanno salendo di tono e di coralità anche se qualche sbavatura tra mediana e difesa (Bonucci su tutti) fa capire che non siamo ancora gli invincibili di qualche mese fa. Se l'Apache è per l'ennesima volta il miglior in campo e se Vidal non si ferma più, fa specie non vedere un Isla dietro la lavagna e un De Ceglie che per una sera non fa rimpiangere Asamoah in fase offensiva (e ancora Llorente apprezza). In netta crescita sia Marchisio che Giovinco.

Sauro Legramandi
Twitter: @sauro71



QUI MILAN


Una tristezza infinita. Di quelle che lasciano senza voce.

Andrea Saronni


@andysaro




NONA GIORNATA

QUI GENOA


Se al posto di Juventus-Genoa avessero trasmesso “Il massacro di Fort Apache”, oggi in pochi se ne sarebbero accorti. Vuoi per Tevez nei panni dell'apache assetato di sangue, vuoi per il povero Perin in quelli del soldato americano bombardato da frecce e lance da tutte le parti, ma più che una partita, è stata una mattanza. Troppa la differenza tecnica tra le due squadre, accentuata dalle scelte suicide di Gasperini che opta per un catenaccio vecchio stile con un centrocampo più affollato di via Montenapoleone durante lo shopping natalizio. Ma troppa soprattutto la differente voglia di vincere. E qui diventa inspiegabile l'atteggiamento degli spelacchiati grifoni, terrorizzati dagli assalti all'arma bianconera degli avversari. Terrificante il primo tempo, appena meglio la ripresa, ma solo per il fisiologico calo degli avversari, giustamente sazi e satolli. Gasperini, poi, pensando che tanto le partite durano solo 45 minuti, toglie Gilardino e le speranze di segnare del Genoa diventano le stesse che Grillo scriva un post sul suo blog senza una parolaccia. Certo, il regale regalo alla signora (rigore del primo gol inesistente) ci trasforma ancora di più in agnelli sacrificali, perfetti capri espiatori della rabbia juventina contro gli arbitri. Ma poco sarebbe cambiato, se non il minuto del gol. Per fortuna, già mercoledì si riparte. C'è il Parma, decisamente più alla nostra portata. Speriamo di vedere un altro film, magari il remake de “Gli Uccelli” di Hitchcock: protagonisti 11 grifoni assetati di sangue e di punti.

Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco


QU

I JUVE


Vincere aiuta a vincere. “Che banalità”, direte voi. Sì, certo, ma la Juve veniva da due sconfitte consecutive e, per usare un eufemismo, ci aveva abituato a ben altro. Lo sapeva Antonio Conte, che contro il Genoa ha imposto ai suoi ragazzotti una partenza forsennata per far capire subito come sarebbe andata a finire. Comoda vittoria - 2-0, rigore 'regalato' a Vidal, giocata da campione di Tevez, una traversa di Vidal e svariate palle gol sciupate prima e dopo il vantaggio - e tre punti necessari come una bicchiere d'acqua dopo una settimana nel deserto. La strada da percorrere per vedere l'orizzonte, però, resta lontana, visto che la Roma non indietreggia di un millimetro. Competere con chi vince sempre, non è tecnicamente possibile. Nemmeno Conte può riuscire nell'impresa se i giallorossi - ma anche il Napoli - non rallentano: vediamo che succede. A chi ha vinto un campionato a 20 squadre da imbattuto, per poi bissare l'anno seguente con disarmante facilità, nulla può sembrare davvero impossibile. Restare agganciati, amici. Questo è l' “ordine del giorno”. Ci sarà tempo per aggiornarci. Questo è poco ma è sicuro.

Alberto Catalano



QUI TORO


Granata, non pervenuti. Si, vabbè, perdere a Napoli ci poteva stare. Sì, vabbè, almeno uno di quei due rigori poteva non essere dato. Ma che brutta partita, ragazzi! Derby escluso, la peggior prestazione del Toro in questo campionato. Difesa svagata, centrocampo poco incisivo e là davanti, se Cerci incappa nella giornata no, succede poco o nulla. Mettiamola così, i ragazzi erano concentrati per la trasferta infrasettimanale di Livorno, dove ci sarà da tirar fuori di nuovo gli artigli e puntare dritto alla vittoria. Anche se le sensazioni non portano all'ottimismo. Dietro, davanti a Padelli, sembra operi la banda del buco, come se a ogni intervento per fermare gli avversari i nostri siano presi da attacchi di panico. Non si respira sicurezza, insomma, a partire proprio da Padelli, che oggi ha fatto un paio di buoni interventi alternati a topiche clamorose che potevano costare caro. Ventura rimescola le carte, per necessità di organico e per trovare nuove soluzioni, ma sembra che la materia prima non sia proprio di primissima qualità. Sembra, e saremmo felici di sbagliarci. Ce lo diranno già tra tre giorni Emeghara e Paulinho...

Domenico Catagnano


@DCatagnano

QUI SAMP


Eccola la prima vittoria casalinga. Buona la nona (partita di campionato) quindi per la Samp, che incassa i tre punti a Marassi, dopo il successo di Livorno della scorsa settimana. Una partita quella di oggi che, vedendo il primo tempo, non sembrava promettere nulla di buono; squadra timorosa e senza idee, con l'Atalanta che invece si rendeva pericolosa in più di un'occasione. Palombo, dopo quasi un anno al centro della difesa, da mediano non è stato a proprio agio, mentre in attacco i palloni arrivavano col contagocce. Nell'intervallo Delio Rossi deve essersi fatto sentire, e parecchio. In campo è tornata una formazione trasformata negli uomini e nel modulo, schierata con un anomalo 4-4-2. Bjarnason largo a sinistra era fuori ruolo, ma l'“uomo di ghiaccio” invece ha risposto bene. Il primo gol italiano di Mustafi ha provocato le ennesime palpitazioni (basti pensare agli episodi rocamboleschi con Torino e Livorno) al popolo blucerchiato, visti i tentennamenti dell'arbitro nell'assegnare la rete. I sei punti portati a casa negli ultimi due match sono ossigeno per la classifica, ma la partita di oggi ha dimostrato che sarà una stagione da vivere con il cuore in gola. L'entusiasmo dei tifosi c'è, come sempre, ora sta arrivando quello dei giocatori.
Simone Ottavis



OTTAVA GIORNATA

QUI TORO


Alla fine dovremmo essere contenti, perché la magia di Bellomo ha rimesso le cose a posto in quegli ultimi minuti a noi di solito fatali. Alla fine dovremmo essere contenti, perché abbiamo visto una squadra che gioca, perché Cerci è campione vero, Immobile sta crescendo, D'Ambrosio è una sicurezza e perché proprio Bellomo potrebbe essere la sorpresa di questa stagione. Alla fine dovremmo essere contenti anche perché abbiamo interrotto una nefasta serie di nove sconfitte consecutive casalinghe contro l'Inter. Dovremmo, dovremmo, ma non lo siamo. Perché l'amaro in bocca c'è, ed è tanto, inutile nasconderlo. Partite così si vincono, e se si passa in vantaggio si chiudono presto e si amministrano, invece siamo riusciti per miracolo a pareggiare. Vero è che ci siamo presentati con una difesa rattoppata, vero è che Padelli è stato determinante... al contrario, ma questa squadra sbaglia ancora troppo, continua a subire rimonte e alla fine raccoglie molto, molto meno di quanto semina. Stavolta non c'entrano né gli arbitri né la malasorte, la strada era spianata, c'era solo da essere più attenti, molto più attenti. Compattiamoci, in questo momento lavoriamo più sulla testa che sulle gambe. Il Toro ha giocato da Toro, e questo è un bene. Ma occhio, con queste distrazioni nelle tre partite che ci aspettano rischiamo di raccogliere davvero poco.

Domenico Catagnano
@DCatagnano


QUI JUVE
Senza fame e in punta di fioretto non si va da nessuna parte, né di domenica né di mercoledì. Conte lo ha detto bene già a luglio, fiutando le difficoltà. Nella fatal Firenze l'unico affamato è stato Tevez, il solo a non meritare di comparire tra gli insufficienti nel tabellino di questa infausta domenica. Preoccupa in modo particolare che la Caporetto bianconera sia arrivata nonostante i campanelli d'allarme (molti) di questi due mesi. Detto questo, alla Juve è riuscita l'impresa di far resuscitare in un colpo solo una squadra in agonia e rivitalizzare (dopo due anni di vacche magre) milioni di anti-juventini in giro per l'Italia e la Rete.
Sauro Legramandi
@Sauro71


QUI FIORENTINA


Se dovessi fare un'analisi tattica della partita ci sarebbero, paradossalmente, diverse cose da cambiare nella Fiorentina di oggi, almeno in quella dei primi 70 minuti: sbandamenti in difesa, indecisioni, poche idee in mezzo al campo e mancanza di peso in attacco. Ma questa è una bacheca dove si scrive da tifosi e allora non può passare inosservato il cuore di questa Fiorentina, la voglia di non deludere il proprio pubblico, la fame di vittoria, vendetta e riscatto di una città intera. Chi non tifa Fiorentina, chi non ha mai vissuto Firenze, non sa cosa sia per ogni tifoso viola Fiorentina-Juventus: questa è LA partita, l'evento dell'anno, quello per cui si preparano coreografie mozzafiato come quella di oggi (ma succede ogni anno), quella per cui si fanno fioretti, quella del tutto esaurito dopo 3 ore dalla messa in vendita dei biglietti. E allora godiamoci questa giornata, senza pensare a cosa non è andato. Queste partite, quella di oggi ne è la dimostrazione, non sono le migliori per fare analisi. Godiamoci ancora di più questo 4-2 perchè fino allo 0-2 i bianconeri ci hanno snobbato, ci hanno affrontato con sufficienza. L'ostentazione nel dire “è una partita come le altre” (le facce a fine gara, soprattutto quella di Conte, suggerivano altro), gli applausi provocatori nei confronti del pubblico di Firenze (ma non è la prima volta: ricordo l'esultanza di un Conte giocatore che emulava Batistuta alla bandierina sotto la curva gigliata dopo un gol-partita). Proprio la strafottenza che ha portato Tevez e Pogba ad imitare Batistuta esultando con la famosa “mitraglia” rende ancora più dolce questa vittoria. Tevez ha 29 anni, Pogba appena 20. Diciamo che “i ragazzi si faranno”. Come ha dichiarato capitan Pasqual a fine gara: “Forse quelle mitraglie le avevano caricate a salve”.

Gianni Rosini
@GianniRosini



QUI GENOA


Mentre Pappalardo intona "Ricominciamo", mille e più giorni dopo, Marassi ritrova l'uomo che più di ogni altro, nel dopoguerra e forse escluso Bagnoli, ha fatto innamorare, arrabbiare, divertire, bestemmiare i tifosi. Gasperini, dopo l'antipasto catanese, ricomincia una storia d'amore che forse non si era mai interrotta. E lo fa nel miglior modo possibile, battendo la sua bestia nera, quel Chievo che gli costò la Champions e più volte, negli ultimi anni, ha umiliato il Grifone a Marassi. Ma, oltre al risultato che poi è quello che conta, il Vecchio Balordo sembra trasformato. La squadra che sembrava lo specchio di Liverani (imbolsito, lento, senza corsa e grinta), diventa una macchina non certo perfetta, ma almeno in fase di rodaggio. Vis agonistica, forza, sovrapposizioni, gioco sugli esterni, pressing, soprattutto tanti, tanti, tanti chilometri macinati da tutti. Alcuni, poi, sono irriconoscibili: probabilmente, in campo, c'è andato il fratello buono di Portanova, Manfedini, Biondini. Altri, invece, sono belle sorprese, come Marchese (bentornato e benvenuto!) o Antonini che sembra perfettamente a suo agio reinventato difensore centrale. Una sinfonia che ha in Gilardino un primo violino finalmente accordato, decisivo e anche un po' fortunato (la seconda marcatura è il più classico dei gollonzi). Il resto, per ora, sono dettagli. Santana che si fa male per la milionesima volta, Centurion che sembra un lemmings che si lancia, invece che dal precipizio, contro gli avversari, perdendo tutti i dribbling, Lodi che pare l'omino che batte le punizioni al Subuteo: lo metti dentro solo quando c'è un calcio piazzato, per il resto, si gioca in 10, un gol preso in contropiede da calcio d'angolo a favore quando si vince 1-0. Insomma, chissenefrega quando porti a casa i 3 punti. Nota di merito anche per Perin: si fa crescere la barba per sembrare un uomo, ma resta più simile ad un adolescente pelosetto. Ma tra i pali è un portiere vero: chiedere informazioni a Pellissier. Ed ora, caro Gasp, altri mille giorni di te e di noi. Almeno.

Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco



QUI MILAN


Valter Birsa e le cinquanta sfumature di rossonero che confondono le idee, che non fanno capire se alla fine della fiera si deve sorridere oppure guardare al presente e al futuro con ancora maggiore ansia. Questo ex-ragazzo (ha 27 anni) che ha avuto effetto placebo durante le sue esperienze a Genova e Torino arriva nel "club più titolato" al mondo e risulta subito decisivo: con due gol pesantissimi, che di fatto hanno tenuto lontano dalla zona retrocessione, con buone prestazioni, perlomeno fino a quando gambe e fiato hanno retto. Ma soprattutto, nei suoi positivi primi tempi con Sampdoria e Udinese, è apparso evidente come questo italiano mancato - è nato a pochissimi chilometri da Gorizia, dal confine - bollato (giustamente, in quei giorni) come apice del non-mercato milanista, fosse di gran lunga il miglior giocatore dal punto di vista tecnico della malmessa pattuglia rossonera. In tutto questo, nel dopopartita di sabato sera, è arrivata la ciliegina di Galliani, che crogiolandosi nei "complimenti" per avere ingaggiato un simile "problem-solver", ha riassunto le tappe che hanno portato all'ingaggio di Valter: "Un'intuizione, una trattativa nata in spiaggia". Giusto per confermare, per chi ancora non l'avesse capito, che ormai fare di necessità virtù, al Milan, è la prima regola, che un progetto tecnico vero e proprio che monitori determinati giocatori (giovani, possibilmente), che ricerchi - in team con l'allenatore - determinati requisiti tecnici e tattici, che scelga in base a queste cose gli obiettivi da inseguire, continua a rimanere lettera morta. Il Milan naviga a vista e continuerà a farlo fino a nuovo ordine, tra un salvagente Birsa e una zavorra Niang (o Constant, o l'attuale Matri). A San Siro si recita a soggetto, e grazie Valter per essere bravo a improvvisare.

Andrea Saronni
Twitter:

@andysaro

QUI UDINESE
19 maggio 2013, stadio Giuseppe Meazza, in programma c'era Inter-Udinese. Cinque sberle cinque, assestate in totale scioltezza nella Scala del calcio, senza alcun timore. Nemmeno un minuto e il gladiatore Pinzi ha già trovato il vantaggio (ieri invece cercava qualcos'altro, magari l'ennesimo rosso di una carriera giocata col coltello tra i denti: peccato, vedevo già vacillare il record di espulsioni di Montero...) Seguiranno poi la rete di Domizzi e quel destro da "oh mamma!” del capitano, e ancora il fantastico pallonetto di Gabriel Silva e il definitivo 5-2 di Luisito Muriel. Vogliamo ricordarli così, prima che venissero rapiti dagli alieni e svuotati del loro talento, un po' come in "Space Jam": cos'altro può essere successo in cinque mesi? È arduo trovare le parole per commentare la desolazione vista ieri a San Siro – non che quelli con la maglietta rossonera abbiano fatto un figurone, ma fare meno di niente era oggettivamente un'impresa - perché quella roba là non è nemmeno definibile calcio, quello al massimo è prendere a pedate un pallone, chiudere gli occhi e sperare nella divina provvidenza. Che purtroppo ha già 36 anni.
Federica Zille



SETTIMA GIORNATA

Qui Fiorentina
C'è veramente poco da dire. Una partita lenta, priva di idee, giocata quasi come se un pareggio, in fondo, potesse andare bene. Il classico match che, anche da tifoso, ti fa sperare nel triplice fischio per due motivi: perché è terribilmente noioso e perché dà sempre l'impressione di poter prendere una piega ancora peggiore. La Fiorentina, però, non si può accontentare di un pareggio maturato in questo modo, senza un tiro in porta. Se l'obiettivo dichiarato è riconfermare e, se possibile, migliorare il risultato dello scorso campionato, allora la Viola deve provare a vincere anche qualche scontro diretto. E la Lazio non lo è: ha una rosa tecnicamente inferiore, obiettivi diversi e un progetto meno saldo. Anche se le trasferte a Roma sono sempre insidiose, queste sono partite da almeno provare a vincere e non 90 minuti da cercare di passare indenni. È difficile, si sa, ottenere i tre punti senza attaccanti, ma fino a gennaio questa sarà la rosa e Montella, sperando di aver scontato tutte le "penalità" infortuni, deve cercare di inventarsi qualcosa. La squadra vista ieri è da metà classifica.
Gianni Rosini
@GianniRosini


Qui Toro
Tranquilli, nulla di nuovo sotto il sole. Il gol di Pozzi era da annullare, che ormai l'arbitro, piaccia o meno, aveva fischiato la fine del primo tempo. E il rigore a tempo scaduto per la Samp non c'era. Ergo, solito copione: una direzione di gara del piffero (eufemismo) ci ha penalizzato ancora, facendoci strozzare in gola l'urlo della vittoria a tempo ormai scaduto. Basta, dai. Sono passate solo sette giornate e abbiamo una lista di torti che manco la Juve in sette anni. Vero è che nel primo tempo abbiamo giocato così così, puniti dal mai rimpianto Sansone, ma che ripresa! Che rimonta! Tutto troppo bello per essere vero, talmente bello che neanche l'arbitro Gervasoni ci poteva credere. E, a modo suo, ha forse cercato di compensare quel gol annullato alla fine dei primi 45 minuti. Robe da matti. Intanto Cerci è sempre più leader e sempre più capocannoniere, e si è sbloccato pure Ciro. Ecco, questo è quel che di buono ci resta da questa trasferta maledetta, e su questi ragazzi possiamo costruire un gran bel campionato. Alla facciazza delle giacchette nere incapaci.
Domenico Catagnano
@DCatagnano

Qui Samp
Per com'è arrivato, il punto con il Torino si può definire guadagnato. Guardando la classifica invece, ci si rende conto di come la situazione stia cominciando a diventare preoccupante. La partita di oggi poteva essere la svolta, trovare una vittoria per rilanciarsi; per un tempo, sembrava che i presupposti fossero quelli giusti. Poi i secondi 45 minuti pirotecnici, condizionati anche da un arbitro in balia di quanto successo in occasione del gol annullato a Pozzi. Totale, in pieno recupero la Samp era ad un passo dal baratro. Il rigore di Eder ha messo una pezza, ma le lacune restano eccome. Il gioco, nonostante il coraggioso cambio di modulo, resta macchinoso e la difesa continua a prendere gol. In occasione del rigore assegnato al Toro, sembrava di essere tornati indietro nel tempo. La stessa dinamica di azione (avversario che salta i difensori come birilli partendo dalla trequarti e finendo la corsa in area) è già costata ai blucerchiati gol, penalty ed espulsioni: la scorsa stagione Gastaldello abbatte Hamsik e Ilicic deposita in rete dopo lo slalom nella retroguardia, quest'anno Benatia segna cadendo e D'Ambrosio sembra Alberto Tomba. Questo particolare, i tifosi lo sanno, dev'essere corretto. Al di là di questo, zero vittorie, due soli gol segnati in casa, mai una partita finita senza incassare marcature. In arrivo Livorno e altre partite con dirette concorrenti. Un record però questo Doria l'ha stabilito: è la prima squadra ad aver segnato a tempo già scaduto, in pratica durante l'intervallo. Episodio che ha condizionato tutto il resto del match.
Simone Ottavis


Qui Inter

A San Siro si sono affrontati i migliori attacchi e le migliori difese del campionato, ma Inter-Roma, si sa, è sempre imprevedibile. Risultato? 0 a 3 e tutti a casa. Un bel bagno di umiltà insomma per la squadra di Mazzarri che senza Campagnaro non regge il colpo. Ranocchia sbanda, si perde e regala agli avversari la palla dell'1 a 0. A differenza delle altre partite la reazione dell'Inter non arriva. Uno splendido tiro di Guarin si stampa sul palo e illude solo per un attimo i tifosi. Da qui in poi la Roma fa la partita. Totti e Gervinho si muovono e mettono in difficoltà la linea difensiva nerazzurra, Alvarez prova ad inventare ma Palacio è solo e isolato in mezzo all'area. Poi arriva il rigore, inesistente, ma è il colpo di grazia. L'Inter non reagisce. Poco prima dell'intervallo Florenzi insacca per la terza volta e archivia la partita. Nel secondo tempo Mazzarri butta nella mischia Icardi, Milito e Kovacic, ma la Roma è compatta e resiste anche dopo l'espulsione di Balzaretti. Una sconfitta in sette partite ci sta, per di più con questa Roma. Complimenti a Garcia e ai suoi. Per quanto ci riguarda, gambe in spalla e pedalare.
Alessandro Cracco
@alessandrcracco



SESTA GIORNATA

Qui Juve


Niente di nuovo sul fronte derby: abbiamo vinto anche quest'anno e anche quest'anno non abbiamo preso gol. Diversamente dalle precedente affermazioni (basti pensare all'anno scorso) abbiamo dato appiglio all'altra squadra di Torino di gridare puntualmente al furto e al complotto. Il gol di Pogba era evidentemente da annullare. E' il secondo errore arbitrale a nostro favore in sei turni di campionato anche se è tutto da dimostrare che senza il fuorigioco di Tevez la Juve non avrebbe vinto ugualmente. Certo è che lo sbaglio della terna arbitrale (arbitro, guardalinee e giudice di porta) è l'ancora di salvataggio per chi non ha mai tirato in porta in novanta minuti. Non una volta che Buffon si sia sporcato i guanti o la divisa per deviare un roboante tiro granata. Distruggere e non costruire: il calcio è bello anche per questo. Tecnicamente, il rientro della difesa titolare e una maggiore attenzione hanno giovato alla squadra (complice la leggerezza offensiva altrui) mentre il centrocampo ha dimostrato di essere cuore e anima della Juve.

Sauro Legramandi


https://twitter.com/Sauro71



Qui Toro

Che cosa c'è di nuovo oggi? Niente. Hanno segnato un gol in fuorigioco. Hanno rubato ancora. La solita Juve. I soliti arbitri. La solita soggezione. E il nostro solito umor nero da post derby, qui a leccarci le ferite. Poi ci sono mille domande da farsi. Non ho capito perché non siamo riusciti a fare nemmeno un tiro in porta, non ho capito perché Immobile abbia giocato così male, non ho capito perché Brighi abbia fatto l'assenteista in mezzo al campo, non ho capito se Meggiorini si sia reso conto che stava in campo e non più in panchina, soprattutto non ho capito perché dobbiamo pagare la tassa Masiello, perché è entrato in campo lui e non Bovo, per esempio, che forse Tevez non avrebbe colpito così facilmente di testa... Però, con tutto ciò, con tutto il nostro amore per l'autocritica e la flagellazione, resta il fatto che abbiamo giocato alla pari della Juve un bruttissimo derby e che non avremmo meritato di perdere, come non meritavamo di perdere a Bergamo e non meritavamo di pareggiare col Milan (a proposito: avete visto che se due gobbi si buttano per terra in lacrime il gioco si ferma subito, anche se non hanno nulla? E invece a noi nemmeno se ci spezzano le ossa si ferma il gioco, nemmeno se la palla va fuori... Che schifo).

Mario Giordano



Qui Genoa

Il buon vecchio Antonello Venditti, e uno stormo di adolescenti in calore che sognavano sulle note di questa canzone, lo sapeva: "Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano". Ed è proprio così che è andata tra il Genoa e Gasperini che tornano insieme dopo 3 anni e mezzo di separazione che non hanno detto bene a nessuno dei due. In questo tempo, il Grifo è tornato alla cara, vecchia abitudine di cambiare allenatore come si cambiano i calzini sporchi. Il mister di Grugliasco ha fallito, miseramente ma non sempre colpevolmente, un po' ovunque, dall'Inter al Palermo. Ma forse era così che doveva finire: insieme. Perché i tifosi non hanno mai scordato non tanto la cavalcata per il quarto posto (con Milito, Ferrari, Thiago Motta etc non è stata un'impresa), ma piuttosto le tante partite ben giocate. Vincevi o perdevi, ma sapevi che con Gasperini il Genoa avrebbe sempre giocato la palla, con una sua fisionomia ben definita. Da Genoa insomma. Certo, se lo chiamano il Talebano (del 3-4-3) qualcosa anche il buon Gianpiero deve sistemarla, come i suoi innamoramenti per giocatori mediocri o l'ostracismo verso i piu' talentuosi ma indisciplinati. E, ok, le zuppe riscaldate non sono sempre convincenti. Ed è anche vero che D'Annunzio sosteneva che rimettersi con una vecchia fiamma fosse come riaccendere una sigaretta spenta: fa vomitare. Però siamo sicuri che D'Annunzio non ha mai visto giocare il Genoa di Liverani. Non ha sicuramente assistito impietrito al primo tempo col Napoli. Non si è incavolato vedendo Lodi tra le riserve o i dodici esterni voluti al calciomercato a fare la muffa in panchina. Altrimenti anche lui, avrebbe cambiato idea. Bentornato Gasp. Ci sei mancato.

Gian Luca Rocco



Qui Samp

Ancora una sconfitta, arrivata con le solite modalità. Poco gioco, pochissime occasioni da gol create, gol preso alla prima disattenzione. Anche a Milano la Samp non fa punti e chiude male, in termine di classifica, una settimana difficilissima. Contro un Milan anonimo, è bastato un tiro di Birsa per decretare la sconfitta. Il calendario fino a questo punto non è stato dei più semplici: Juve, Roma e Milan, oltre a Bologna e Cagliari in trasferta e al derby; due punti sono comunque pochi e ora serve un buon filotto. I prossimi cinque impegni sono scontri più o meno diretti, dove portare a casa qualche punto. Prima dell'inizio del campionato la squadra sicuramente non sembrava poter ambire a posizioni importanti, ma non sembrava nemmeno da ultimo posto. I tifosi contavano almeno 5/6 squadre più deboli, sulla carta. Ora questa lista si è assottigliata. Delio Rossi deve fare di necessità vitù e trovare un undici su cui puntare definitivamente e, soprattutto, i giocatori devono recuperare lo spirito del girone di ritorno dello scorso campionato. Il gruppo ha dimostrati esserci, ora deve far vedere di essere di qualità.

Simone Ottavis



Qui Fiorentina


Non ci siamo. Questa Fiorentina ha troppi aspetti da migliorare per potersi considerare una squadra in corsa per la Champions League, soprattutto in una stagione dove la qualità delle concorrenti è elevatissima. Non siamo al livello di Juve, Napoli e Roma, ma forse nemmeno dell'Inter. In primo luogo una squadra che vuol essere competitiva deve rispettare una delle regole basilari del calcio: la “struttura centrale” (portiere, regista e centravanti) deve essere affidata a giocatori di spessore. Se con Pizarro, Gomez e Rossi i ruoli di centrocampista e attaccante sono ben coperti, la stessa cosa non si può dire dell'estremo difensore. Duole dirlo, perché Neto è un bravissimo ragazzo e serio professionista, ma non è un giocatore da Fiorentina. Le sue performance sono ben lontane da quelle “promesse” da Pantaleo Corvino quando lo portò a Firenze, nel gennaio 2011. Non solo i suoi errori, ma la sua palese insicurezza trasmette instabilità a tutto il reparto difensivo viola. Per poter ancora sperare in una corsa ai vertici, la Fiorentina ha bisogno di un portiere al livello del resto della squadra. Secondariamente la squadra continua a commettere i soliti errori della partita con l'Inter, più gravi perché l'avversario non ha la stessa qualità dei neroazzurri. A due minuti dalla fine, una grande squadra prende il pallone e fa possesso palla fino alla fine della partita. La Fiorentina di ieri ha per 4 volte conquistato e restituito palla agli avversari ostinandosi a tentare azioni d'attacco. Questi punti persi come dei principianti peseranno tanto, come i 3 dell'anno scorso contro il Pescara.


Gianni Rosini


@GianniRosini



QUINTA GIORNATA

Qui Toro


Partite come quelle col Verona, neopromossa rognosetta, solida e compatta, sono difficili a priori. Lo diventano di più se quattro giorni dopo devi giocare un derby, che, girala come vuoi, per noi granata è sempre la partita dell'anno. E per la partita dell'anno è lecito giocare quella che la precede con il freno a mano tirato, risparmiare energie, mettere qualche titolare in panca. Insomma, questo pareggio ci può stare, anche se, mannaggia, due volte in vantaggio in casa, due volte rimontati. Solito vizietto: non riusciamo a controllare fino in fondo il risultato quando siamo avanti, pazienza, va così. Ma il nostro ragionamento sul freno a mano tirato va a farsi benedire se applicato al nostro Pupetto. Cerci superstar, al di là dei due gol. Trascinatore, uomo squadra, campione vero. Un grande. Che Eupalla ce lo preservi il più possibile a questi livelli, era da anni che aspettavamo un giocatore così. E se domenica prossima all'ora di pranzo giocherà come ha fatto finora, potrebbe risultare particolarmente indigesto ai rigatini un po' appannati che sono tornati a vincere vecchia maniera.

Domenico Catagnano
@DCatagnano



Qui Juventus


Sgombriamo il campo da ogni dubbio: il gol di Paloschi era buono. Senza lo scambio di persona del guardalinee il Chievo sarebbe andato sul 2-1 ma mancavano quaranta minuti abbondanti alla fine e non è detto che la Juve non avrebbe raddrizzato di nuovo il match. Alla metà dell'Italia calcistica che invecchia odiando la Juventus è comunque concesso aprire il dossier dei favori ricevuti dalla Vecchia Signora. In attesa di riempire la casella “torti” subiti, resta l'impressione di una Juve non brillante in avvio di stagione come nelle due annate siglate Conte. I bianconeri giocano con poca intensità in avvio, vanno sotto ancora e gli occhi da tigre si intravedono appena. La Juve non corre all'unisono, trotterella e accelera ogni tanto, all'occorrenza. Se giochiamo così il derby rischiamo la figuraccia. Speriamo che si tratti di una precisa scelta di Conte (mai tanto turn over nella sua Juve come ora) in vista della lunga campagna di primavera. La partita di Verona dimostra che la spina dorsale della squadra oggi è composta da Buffon, Bonucci, Pogba/Vidal e Tevez. Assenti in tre, sottotono Buffon, il compito di prendere per mano la Juve è sulle spalle del più giovane di tutti, Paul Pogba. Inutile dire che lui non tira indietro ne la gamba ne la faccia: Pogba è ancora una volta il miglior bianconero, seguito da Barzagli, Marchisio e Quagliarella. Ringraziando il bianconero Zaza, non ci resta che pensare al derby di domenica all'ora di pranzo.


Sauro Legramandi


Twitter: @Sauro71


Qui Genoa


Ora lo sappiamo: non eravamo noi troppo forti, ma la Samp troppo scarsa. Le due partite dopo il derby, ci consegnano un Genoa senza né capo né coda, mal diretto da un allenatore veramente alle prime armi. Due tiri nello specchio della porta in due partite, Gilardino più solo della famosa particella di sodio, un catenaccio che non si vedeva dagli anni Sessanta, peraltro proposto senza un vero contropiedista in attacco. Purtroppo la conta dei danni di Liverani, non finisce qui. Sostituzioni scolastiche (guarda maestra, ho cambiato il centravanti e il centrocampista più stanco), un modulo deprimente per tutti. Tifosi, squadra, avversari. Il bello è che in settimana, pare, venga ripetutamente provato il tanto amato 4-3-3. Cioè, come se Bolt si allenasse tutti i giorni nel salto in alto per poi correre i 100 metri. Tra l'altro sono arrivati gli esterni che il mister chiedeva e che in tutto, hanno totalizzato circa 15 minuti di partita in 3 (quasi tutti Stoian peraltro). Tutti misteri buffi di un allenatore che a fine partita quando perde è contento. Allora, di mister soddisfatti e sconfitti, negli ultimi anni ne abbiamo avuti pure troppi. Malesani rideva sempre, anche quando ne prese 7. De Canio era sempre contento dei ragazzi, Marino pure. Ballardini per fortuna non rideva mai, e infatti è l'unico che ci ha salvati. Domenica c'è la prova d'appello: purtroppo è il Napoli. Vediamo che cosa inventa il mister. Dopo il catenaccio contro una squadra modesta come l'Udinese, possiamo sempre provare il 5-5-5 di Oronzo Canà. Ecchechezzo.


Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco


Qui Udinese


Certi calciatori avrebbero bisogno di un padre più che di un semplice allenatore: così, forse, si eviterebbero anche tante sceneggiate, isterismi e scontri frontali con gli arbitri (ogni riferimento a fatti o persone non è per niente causale). Da questo punto di vista i giocatori dell'Udinese possono ritenersi dei privilegiati: Guidolin è il prototipo dell'uomo severo ma giusto, integro, un venerabile reduce in questo pallone sempre meno romantico, sempre più aziendale. A fine partita il mister non scappa negli spogliatoi o a pavoneggiarsi davanti alle telecamere, anche ieri è entrato in campo per rimproverare qualche errore di troppo a Badu, per suggerirgli come agire in futuro, per insegnare calcio. È questa l'immagine più bella di Udinese-Genoa, sfida tra piedi poco nobili, decisa dal guizzo di un bomber con innato senso del gol: che si tratti di Calaiò o Di Natale poco importa, l'Udinese ritrova vittoria, carattere e fiducia. Il gioco arriverà.

Federica Zille



QUARTA GIORNATA

Qui Samp


Un finale pazzesco, rocambolesco. Nel caos totale degli ultimi cinque minuti di Trieste, la Samp riscatta almeno in parte la sconfitta del derby e dimostra di essere una squadra. Quello uscito dalla stracittadina sembrava un gruppo sfilacciato e svogliato, quello che ha affrontato il Cagliari ha dato importanti segnali di compatezza. Il gioco latita ancora, si fa fatica a creare occasioni da gol e anche questa volta i i blucerchiati sono passati in svantaggio. La reazione però c'è stata, nel secondo tempo Gabbiadini, Pozzi e Sansone hanno creato parecchio là davanti, fino all'1-1.Dopo, l'imponderabile. Prima Conti riporta avanti i sardi, poi De Silvestri risolve la mischia furibonda che decreta il pareggio. La Samp a carattere, Delio Rossi ha saputo gestire bene la situazione post Genoa e ha osato, schierando due esordienti assoluti in A (Gavazzi e Wszolek) in una partita fondamentale. Le chance salvezza ci sono tutte, la rosa e giovane e lo spogliatoio è unito; il derby è stato un duro colpo, ma solo un incidente di percorso.

Simone Ottavis


Qui Inter


Esagerati. Come si dirà in indonesiano?

Lella Confalonieri



Qui Juve
Qualcuno lo dica a Mandorlini. Qualcuno gli suggerisca che oggi è il 22 settembre 2013 e non il 22 settembre 1963 e che il terreno di gioco dello Juventus Stadium è fatto di due metà campo distinte, regolarmente pagate e regolarmente coltivate. Da decenni non si vedevano barricate simili contro la Juve, con Cacia che nel primo tempo nella metà campo juventinva è parso più che un terminale offensivo il Kevin Costner di “Balla coi lupi”. Difesa praticamente a cinque, Donati un piede davanti all'area e tale Jorginho in marcatura ad uomo su Pirlo anche quando batteva i calci d'angolo: l'innovativa tattica scaligera non poteva reggere e così è stato. Logico che una provinciale neo-promossa non possa presentarsi a Torino baldanzosa ma c'è un limite a tutto: a un certo punto pareva spuntasse Tricella dietro la difesa e davanti a Rafael. Nemmeno il gol di svantaggio ha fatto tremare la Juve di Conte, bravo più nel far riposare Chiellini che nel rischiare Llorente. La Juve con le ali tarpate ha faticato ma ha voluto fortemente i tre punti che contano più per il morale che per la classifica dimostrando che testa e fame ci sono. Peccato il rilassamento della ripresa con il risultato teoricamente ancor in bilico. Così così Pirlo, da rivedere Isla, Marchisio smanioso di tornare titolare. Llorente ha ripagato Conte con un gol e tanto gioco sporco in area. Ma la differenza l'hanno fatta in due, Tevez e Pogba. Rispettivamente sregolatezza e genio. Piedi da incorniciare il primo e classe in continuo divenire il secondo.
Sauro Legramandi
@Sauro71


Qui Toro
C'è un giudice a Berlino, c'è un arbitro a Bologna. Non chiediamo mica di essere favoriti, macché: a noi basta un fischietto che fischi allo stesso modo, neghi un gol per fuorigioco a noi ma anche agli avversari, ammonisca i nostri giocatori ma anche gli altri, ecco ci accontentiamo di queste cose che sarebbero normali per tutti, ma non lo sono per il Toro. E poi ce la giochiamo contro chiunque, anche contro la sfiga che ci azzoppa là davanti togliendoci il gioiellino Immobile, quando già ci sono fuori Larrondo e Barreto. Avanti di questo passo e chi ci mettiamo a giocare da punta? Lys Gomis?
La squadra di quest'anno è compatta, solida, ben costruita, la soddisfazione di Ventura si sta trasformando in soddisfazione di noi tutti: li vedi giocare sulle fasce, costruire azioni, diventare pericolosi, difendere bene, ripartire veloci. Persino Vives sembra un altro, lì in mezzo, anche se continuo a chiedermi quando mai sarà pronto Bellomo (se mai sarà pronto). E giocatori che erano dati per finiti rinascono, come Bovo, che sembrava lui il vero Immobile e invece, toh che scoperta, lo ribattezzerò eppur-si-muove. La differenza la fa però super D'Ambrosio, e allora ancora una volta ripeto la domanda: è giovane, è bravo, perché non gli rinnoviamo subito il contratto?
In una giornata così verrebbe voglia di esultare e basta. Ma un appunto ci vuole: bisogna essere più cinici. Questa partita andava chiusa prima, con un affondo decisivo. E bisognava evitare qualche fallo alla trequarti, visto che il Bologna era pericoloso solo su calci di punizione. Le coronarie dei tifosi devono essere trattate con più rispetto, quando si può. Soprattutto nella settimana del derby.
Mario Giordano

Marcatori che segnano... non si cambiano. Strana davvero la nostra coppia di bomber del momento: un difensore col vizietto del gol e un cavallo pazzo che attaccante puro non è ma che al momento è il cannoniere della squadra. D'Ambrosio e Cerci sono i due top player di questo Toro di inizio stagione, e che Toro, ragazzi! Finalmente a Bologna abbiamo raccolto quanto seminato, una bella vittoria ci voleva dopo l'assurda partita col Milan e l'immeritata sconfitta di Bergamo. Ecco: raccogliere quanto si semina, questa è la grande sfida del Toro di Ventura, che gioca, produce, ma troppo spesso ha raccolto poco. ll mister ha detto che sulla carta dovremmo avere 10 punti. Esageriamo: se fossimo a punteggio pieno nessuno avrebbe da scandalizzarsi. Bologna può segnare l'inizio di una fase più matura, ossia avere la capacità di mantenere fino alla fine un risultato utile. Quante partite la scorsa stagione abbiamo buttato al vento nell'ultimo quarto d'ora? Troppe, e, anche se in maniera assurda, il match col Milan l'abbiamo compromesso nei minuti finali. Bello come già sei ma determinato fino alla fine del recupero, caro Toro, ti vogliamo così!

Domenico Catagnano
@DCatagnano



Qui Fiorentina
Senza i “top player” Cuadrado, Gomez e Pizarro, l'entusiasmo tra i tifosi non era ai massimi storici. Ossessionati dalle geometrie del cileno, dalla velocità devastante dell'ala colombiana e dalla sicurezza del bomber tedesco, noi tifosi non abbiamo ancora capito una cosa: questa Fiorentina ha la sua vera punta di diamante in Vincenzo Montella. L'aeroplanino è ormai il vero timone di questa squadra ricca di qualità ed esperienza che è riuscito a creare un amalgama in cui tutti sono importanti, ma nessuno indispensabile. Finalmente, allora, anche noi tifosi possiamo stare più tranquilli: niente più terrore per i dolorini di Jovetic (ah, quest'anno ne avrà un po' meno, la panchina non è usurante), basta alle crisi di panico per i ginocchi ballerini di Gomez e i mal di schiena di Pizarro. Oggi la Fiorentina è un blocco compatto, con sostituti di alto livello. E allora non importa se ad inizio gara questa Atalanta ci ha fatto venire qualche brivido, soprattutto con il colpo di testa di Carmona. Col passare dei minuti la Viola ha preso in mano il gioco, come vuole il suo allenatore, ed è riuscita a scardinare la difesa neroazzurra. Questo inizio di campionato ci ha regalato anche la continuità, parola da troppo tempo lontana dalla squadra dei Della Valle. Poche fantasie, però, la battaglia per la Champion's, quest'anno, è più dura che mai e già da giovedì si inizia (finalmente) a fare sul serio. L'Inter sarà il nostro primo big match… sempre in emergenza. Ah, quasi dimenticavo: oggi Pasqual timbrava le 243 presenze in Serie A con la Fiorentina, superando un certo Rui Costa. 100 di questi capitani!
Gianni Rosini
@GianniRosini


Qui Sassuolo
Boia d'un mond léder, boia di un mondo ladro, così no. Non ha molto senso fare la Serie A così, sette gol a casa tua non li prendi né dall'Inter, né da nessun altro. Forse la promozione, il sogno ha montato la testa a qualcuno, anzi, a tutti. Al presidente che tra stadio e stanza dei bottoni praticamente trasferita a Milano ha congelato la dimensione territoriale del Sasòl, all'allenatore che timoroso della Serie A ha snaturato il gioco della squadra che aveva vinto il campionato, ai giocatori - specialmente a quelli nuovi - che non stanno portando niente alla causa. Così non ha senso, nessuno si illudeva, ma sentirsi già in Serie B a 34 giornate dalla fine è un po' troppo. Patron Squinzi, a te la parola.
Alessandro Bondi

Qui Inter

Mettiamo le mani avanti: il Sassuolo è il Sassuolo. Neopromosso in serie A, ultimo in classifica, 15 goal subiti e solo uno segnato. Ma la partita di oggi è stata goduria pura. Milito torna in campo dopo sette mesi dall'infortunio e si riscopre cannoniere di prima qualità con una doppietta, Palacio si conferma uno degli attaccanti più brillanti del campionato e Taider mette in mostra la sua qualità facendo ben sperare per il futuro. Il tutto condito dai sigilli del sempre più rivitalizzato Alvarez e del sempreverde Cambiasso. Insomma, felicità massima per gli interisti. Certo, si è trattato poco più di un allenamento (con tutto il rispetto per il Sassuolo), ma la squadra di Mazzari è compatta e decisa nelle ripartenze. Difficile dire come finirà la stagione, ma le premesse ci sono tutte per disputare un buon campionato e per sognare in grande. Per ora assaporiamo questa goleada e guardiamo alla prossima con la Fiorentina, secondo vero test per la nuova Inter.

Alessandro Cracco

@alessandrcracco






TERZA GIORNATA

Qui Genoa

La frutta fa bene, ma ho come l'impressione che le tre pere ingurgitate resteranno per un bel po' sullo stomaco dei blucerchiati. Anche perché, diciamolo, non c'è stata partita. Merito del Genoa, ritoccato e finalmente schierato in campo con un senso logico, oppure demerito della Samp, brutta e scarsa all'inverosimile? Probabilmente, come al solito, la verità sta nel mezzo. Ma anche chissenefrega. Noi ci godiamo l'esultanza di Antonini, il centro perfetto dell'arciere Calaiò, la maglietta con dedica di Lodi e la corsa sotto la Nord di Liverani (a proposito: avesse corso così quando giocava, avrebbe conquistato un posto fisso in Nazionale!). E anche il dominio fuori e dentro il campo. Un tre a zero così, mancava da qualche anno, da quando i cowboy rossoblù sconfissero i visi pallidi Cassano-Pazzini & co. Dopo questo trionfo, un accorato pensiero va anche al soldato Luca De Prà, catturato dal nemico durante una delicata missione di ricognizione in territorio ostile. Purtroppo non è riuscito a recapitare il resoconto della sua esplorazione. Anche se probabilmente sul biglietto c'era scritto: “Mister Liverani, dormi sereno. Fanno anguscia”.

Gian Luca Rocco
Twitter: @gianrocco


Qui Samp

"Troppo brutto per essere vero", ha commentato Delio Rossi. "La Samp non ha mai giocato", ha aggiunto un (giustamente) delusissimo Edoardo Garrone. La batosta subita nel derby è stata ben inquadrata da allenatore e presidente dopo il match; società e guida tecnica sono stati onesti nell'ammettere le responsabilità di 90 minuti disastrosi. Una Samp irriconoscibile, mai pericolosa e clamorosamente in difficoltà di fronte alle ripartenze genoane. I pronostici sicuramente non davano un favorita, il derby è sempre il derby, ma nessuno si aspettava di dover commentare uno 0-3 arrivato in questo modo. Il fatto che la prima parata impegnativa di Perin sia arrivata quasi allo scadere, la dice lunga sulla pericolosità offensiva dei blucerchiati, mentre il Genoa ha impiegato meno di dieci minuti per passare in vantaggio. Dal gol di Antonini, per i blucerchiati la strada è stata una salita senza fine, costretti a fare la partita senza averne i mezzi. Difesa svagata, centrocampo che non ha fornito palloni giocabili al duo Eder-Gabbiadini. Bjarnason gettato nella mischia dopo un paio di allenamenti con il gruppo e due match giocati in giro per l'Europa con l'Islanda. Rossi si è caricato sulle spalle tutte le responsabilità, ma è chi è sceso in campo che non ha interpretato a dovere l'importanza della stracittadina. Una mancanza di mentalità che negli ultimi incroci con i rossoblù si è verificata diverse volte, visto che negli ultimi 8 derby sono arrivate solo 2 vittorie. Anche nell'anno della qualificazione Champions la Samp aveva perso con lo stesso risultato all'andata, ma poi era arrivato il quarto posto. Ripartiamo da qui, questa volta verso la salvezza.

Simone Ottavis



Qui Milan


Vi ricordate quello spot con Lorella Cuccarini? La più amata dagli italiani? Ecco, bene, piacere, siamo diventati noi quelli più odiati. Almeno lì, visto che nella classifica reale appare impossibile, abbiamo superato la Juventus, basta leggere qualche riga sopra alla voce “Qui Toro”. Non abbiamo fatto una bella figura, è vero, offrendo il destro a tutti (e sono tanti) i cantori dell'etica, della lealtà sportiva e di tutte quelle belle cose di cui ci si fa bandiera fino a quando non tocca a te unghiare un risultato sicuramente immeritato, ma che ti ritrovi ancora lì a portata di mano. Ma i processi, francamente, possono tornare al mittente. Oggi si sono letti dei ridicoli paralleli con un'altra rimessa nera della storia rossonera, Bergamo 1990, Coppa Italia, Milan che si qualifica con un rigore all'ultimo minuto dopo non avere restituito un pallone all'Atalanta (e a terra c'era un milanista, l'indimenticato Stefano Borgonovo). Ma per favore, state zitti, connettetevi prima di navigare nella memoria. Quella, indiscutibilmente e tutta, fu una porcata calcistica e i rossoneri in campo (allenatore compreso) ne furono gli unici artefici. Un colossale autogol, giustamente spernacchiato anche fuori d'Italia. Qui, se avete voglia di incazzarvi, telefonate all'arbitro, al quarto uomo, al quinto, al sesto, al dodicesimo. A tutti quelli che avevano il potere – e il dovere – di fermare il gioco, consentire i soccorsi a Larrondo (che comunque, nella sua fetta di partita, è stato più per terra che in piedi fino al brutto infortunio finale: magari i “sudditi” arbitri vengono condizionati anche da queste cose) e soprattutto dare semaforo verde alla sostituzione di Ventura. Se poi la colpa dei giudici di gara, l'assist fornito al Diavolo deve subito corrispondere alla prima puntata dell'operazione “Anche quest'anno porteremo il Milan in Champions”, allora facciamo così: prendiamo carta e penna, stiliamo la classifica finale soppesando peso politico, soldi,presidenti, gerarchie, mafie e mafiette nei Palazzi del pallone e poi presentiamoci al primo punto scommesse. Noi milanisti (quelli veri, quelli da campo: io mi ritengo tale) non ci divertiamo più, voi nemmeno e allora mettiamoci in tasca almeno un po' di soldi. A patto di non spenderli poi in partite di calcio italiane.

Andrea Saronni
Twitter:

@andysaro



Qui Juve


Dopo 17 mesi consecutivi non guardiamo più tutti dall'alto in basso. Samp, Lazio e Inter non hanno permesso a Conte di fare come Benitez che, battendo di slancio Bologna, Chievo e Atalanta, viaggia a punteggio pieno (con De Laurentiis che quest'anno si è guardato bene dal commentare i calendari e fuggire in scooter). Ma poco importa per ora. A San Siro non abbiamo giocato come al solito, è mancata sia la lucidità che la freddezza. Nonostante questo, la Juve ha avuto due palle gol per espugnare il campo dell'Internazionale. Non è entrata stavolta, pazienza. L'impressione è che quando i bianconeri hanno premuto sull'acceleratore la squadra si è vista. Peccato che sia accaduto a sprazzi. Sui singoli poco da dire: Barzagli, Vidal e Tevez i migliori. Chiellini e Vucinic bocciati. Da rivedere Lichtsteiner e Pirlo. Come l'anno scorso l'Inter ha fermato la Juve nella sfida di andata e - fatti i debiti scongiuri - tutti ci auguriamo che finisca proprio come l'anno scorso, con i bianconeri vincenti e i nerazzurri impaludati.
PS - Polemica preventiva: perché Vidal non è stato ammonito per aver toccato volontariamente la palla con la mano prima di venire spinto da Taider?

Sauro Legramandi

@Sauro71



Qui Torino


Che rabbia, che irritazione. Ho visto un grande Toro e ho visto un grande furto: meritavamo di vincere, ancora una volta la direzione arbitrale ha dimostrato una sudditanza psicologica nei confronti dei "grandi". Balotelli era in fuorigioco, la sostituzione negata è un piccolo scandalo. Noi siamo stati ingenui, ma il Milan ha ladrato come la Juve dei tempi d'oro, Bene Cerci, bravo Ventura a impostare la squadra, bene El Kaddouri, attenta la difesa. Abbiamo dominato la partita, meritavamo di vincere, ma ancora una volta quella che manca è il nostro peso "politico". Torino è una piazza "pesante" solo per sollevare polemiche interne: se fossimo in grado di usare questa capacità di alzare i toni per farci sentire a livello nazionale, anziché per farci male, non sarebbe meglio? Per il resto sono davvero positivo,fiducioso nel mister, nella squadra e nel presidente. Possiamo fare grandi cose. Mi restano solo due domande: a) perché sostituire Cerci con Larrondo? e b) perché non rinnovare subito il contratto a D'Ambrosio? La sofferenza continua. Ma con orgoglio.

Mario Giordano


Qui Udinese


Noia-Diamanti-noia-Di Natale-noia. In estremissima sintesi è stata questa la gara di Udine, novanta minuti che non entreranno nella storia del calcio per stile e qualità del gioco, un pareggio che più scontato non si poteva. Nel deserto di una domenica fiacca scintilla il lampo di Alino Diamanti, una punizione che ti riappacifica con il mondo e che strappa un “bravo” a denti stretti anche al più accanito dei curvaioli. Per le solite carenze strutturali l'Udinese non riesce a costruire gioco e per di più i suoi talenti latitano, girovagano spaesati sul manto perfetto del Friuli aspettando rifornimenti che non arrivano: ok, aggrappiamoci all'assenza di Dusan, il FrecciaBionda della fascia destra. Ci pensa un giochino di prestigio dell'indecifrabile Muriel a riequilibrare la situazione e regalare un assist al bacio al capitano Di Natale: partita numero 300 in campionato con i friulani, gol numero 159. Un'enormità in un calcio che non sa più cos'è la fedeltà. I giocatori che hanno segnato più di lui con gli stessi colori addosso si contano sulle dita di una mano: Totti, Nordhal, Meazza, Del Piero, Boniperti. Nomi incisi nella storia dei loro prestigiosi club, e la differenza sta tutta in quell'aggettivo: Totò ha preso per mano una squadra di modeste ambizioni, l'ha accompagnata su palchi mai calcati prima, ha detto no a chiunque per lei. Scusate se è poco.

Federica Zille



Qui Inter


È stato un attimo. Due minuti in cui l'Inter ha sperato di uscire vincitrice dalla sfida contro la Juventus. È bastato però un pasticcio difensivo per far tornare i neroazzurri sulla Terra. Alvarez ruba palla a centrocampo e lancia Icardi che insacca dietro le spalle di Buffon. È questa l'Inter che ci piace. L'Inter dei giovani e del rinnovamento, Alvarez e Icardi su tutti. Il primo rinato con la cura Mazzarri, il secondo al quarto centro contro la squadra di Conte. Granitica la prestazione di Campagnaro, degno sostituto del muro Samuel. L'1 a 1 ci sta stretto, ma l'ottima prestazione dell'Inter fa sperare bene per il futuro. Con la speranza che a differenza dell'anno scorso la vittoria contro i Campioni d'Italia in carica non sia il preludio di una stagione pessima e da metà classifica. Per ora godiamoci questo pareggio, ce lo meritiamo.

Alessandro Cracco

@alessandrcracco





SECONDA GIORNATA

QUI TORO


"Nulla resterà impunito", aveva sentenziato la Dea Bendata dopo lo strabordante ed esagerato 5-1 della scorsa stagione in casa dell'Atalanta, e puntuale, alla prima uscita agli Azzurri d'Italia, la buona sorte ci ha voltato spalle, gambe, braccia e quant'altro era possibile voltare. Nell'ultima partita a Bergamo tutto, ma veramente tutto, era andato per il verso giusto, avevamo praticamente fatto cinque tiri in porta e avevamo segnato cinque gol. Stavolta sono stati i padroni di casa a ritrovarsi tra le mani il massimo col minimo sforzo. Due conclusioni (di due difensori...), due gol, e la vendetta è servita. Vendetta a voler parlare da signori, perché in realtà è stato un vero furto. Peccato, perché per un'oretta si era visto un discreto torello, che in una partita così poteva anche trovare i tre punti. E ci ha provato, ma si può vincere contro la solita jella (due pali...), con gli attaccanti in giornata di disgrazia (Larrondo peggio di così non poteva iniziare) e contro gli arbitri che nel dubbio ci fischiano contro convalidando un gol da annullare? Ci rimane la bella prova di El Kaddouri, che sembra uno da Toro, e nulla più. Confidando (hai visto mai...) in qualche sorpresona dell'ultima ora di mercato, speriamo che Ventura risolva presto i suoi amletici dubbi sugli schemi, che ancora questa squadra una vera fisionomia non ce l'ha, e che Cerci non abbia quei guai fisici che anche ieri hanno condizionato la sua partita. Perché l'impressione è che dall'intelligenza tattica del mister e dalle magie del nostro Pupetto che passeranno le soddisfazioni di questa stagione.

Domenico Catagnano

@DCatagnano

QUI INTER


Fly down. Lo diceva il mio caporedattore quando qualcuno alzava la cresta. Abbassa la cloche, scendi di duemila piedi e resta con la terra a vista. Linguaggio aeronautico per dire di non montarsi troppo. Lo dico io oggi, dopo la partita di Catania, dopo le urla di entusiasmo e le righe di eccitazione che si spargono a piene mani. L'Inter è momentaneamente nelle top five, non ha ancora preso gol, e questa viste le stagioni passate è la notizia migliore. Mostra carattere, e anche questo non può che fare piacere, morde i polpacci degli avversari, ringhia su ogni pallone. Ma bisogna stare appunto con i piedi per terra. Obiettivamente non possiamo dire che i nostri giocatori, presi singolarmente, siano tutti all'altezza di altri mostri sacri che altre squadrone hanno comprato a suon di molti milioni (… ma dove li prendono tutti 'sti soldi? Scarpe, auto e film non possono bastare, ma questi sono solo pensieri cattivelli in libertà….). Ma il lavoro che sta facendo Mister Mazzarri , l'acquisto migliore da molte stagioni a questa parte, è formidabile. Ci ha messo la cattiveria e la grinta, ha rivitalizzato giovani e meno giovani che la scorsa stagione sembravano brocchi, e il lavoro duro porta i suoi frutti. Fino a quando? E chi lo sa, per il momento va bene così. Lasciamo tornare anche il Muro Samuel e il Principe Milito, e vediamo. Intanto gli altri si stanno accorgendo che esistiamo. Fly down. Per volare alto c'è tempo.

Lella Confalonieri

QUI ATALANTA

Tappiamoci naso e occhi e prendiamo i primi tre punti della stagione. L'Atalanta non ha convinto al debutto in campionato. Tante le ombre, pochissime le luci. Ad esempio, il modulo scelto da Colantuono non ha dato i suoi frutti sperati: il 4-3-3 è difficile da assimilare. Bonaventura fatica troppo con tutta la fascia (destra) da presidiare, Livaja è in giornata no e slegato da Del Grosso, il centrocampo Carmona-Cigarini-Kone non regge l'impatto granata. La difesa ha i suoi anni e li dimostra tutti sopratutto quando viene presa d'infilata in velocità da Larrondo, El Kaddouri e Immobile. Il Toro ci grazia in più di un'occasione e la spietata legge del gol sbagliato-gol subito non perdona. Note positive un Maxi Moralez redivivo, un Denis smanioso di cercare la porta e un giovane, Baselli, che potrebbe far presto molto comodo alla causa nerazzurra.

Giacomo Perego


PRIMA GIORNATA


QUI SAMP

I sei punti strappati alla Juve nel corso della scorsa stagione, unica squadra insieme alla corazzata Bayern Monaco ad aver battuto due volte i bianconeri, avevano dato un pizzico fiducia alla Samp in vista dell'anticipo di Marassi. Questa volta però i ragazzi terribili di Delio Rossi hanno sbattuto contro la realtà dei fatti: troppo forti i due volte campioni d'Italia in questo avvio di stagione. Senza due pedine fondamentali come Poli e Icardi, ceduti nel corso del mercato insieme a Romero, i blucerchiati devono ancora trovare la completa quadratura del cerchio. Berardi esterno a sinistra gioca fuori ruolo, Eramo deve prendere le contromisure ai giganti della Serie A in mezzo al campo, davanti le alternative sembrano poche, in attesa di definire la questione portiere. Nonostante ciò la squadra non ha sfigurato contro il famelico undici di Conte, creando poco davanti, ma concedendo raramente il tiro alla coppia Vucinic-Tevez. Fa ben sperare la crescita di Gabbiadini, protagonista di spunti importanti e capace di battagliare con il trio arretrato juventino. La rosa è comunque tra le più giovani e promettenti del campionato e, se nell'ultimo scorcio di mercato arrivassero un paio di rinforzi, una tranquilla salvezza sarà alla portata. In fin dei conti, non si giocherà sempre contro la Juve.

Simone Ottavis


QUI UDINESE


Guidolin cerca di cancellare la bastonata rimediata in coppa cambiando tutto: turnover massiccio e squadra più coperta, con la Lazio è ormai una classica e non si possono fare brutte figure. Appunto. Va a finire che dopo un quarto d'ora i bianconeri sono già sotto di due gol grazie all'amichevole partecipazione di un inconcepibile Kelava – troppo insicuro il portierino croato, vien male alla sola idea che Brkic starà fuori per altri tre mesi. Ma scaricare la croce sull'ultimo arrivato sarebbe ingiusto, davanti si ritrova una difesa che ancora non ha superato il lutto per la cessione di Benatia e un centrocampo in totale balia dell'estro di Hernanes e Biglia. Manca la qualità a questa Udinese, manca qualcuno che imposti il gioco, manca la velocità di pensiero e di movimento, manca il collante con il terminale offensivo: O'Mago, più che un illusionista, è un'illusione. Nella ripresa il Guido manda in campo Muriel e con due accelerazione delle sue la musica cambia: il gol del colombiano è la sintesi delle sue caratteristiche, incontenibile in progressione e delizioso nell'ultimo tocco. Fosse pure costante sarebbe un fenomeno. Sembra che nel finale l'Udinese possa addirittura centrare il pari ma la giustizia, nel calcio, a volte esiste. Non si è fatta vedere giovedì scorso al Rocco di Trieste, speriamo si rifaccia viva tra qualche giorno a Liberec.

Federica Zille


QUI INTER


Torno a San Siro dopo molto tempo. Mi viene il magone quando Deki entra in campo senza la sua maglietta e i pantaloncini, e tutti in piedi a cantare “Dejan Stankovic , làlàlàlàlà…”. E mi dico che sì, un'epoca è davvero finita. Vivo il primo tempo come un incubo, e un deja vu, giocatori che ancora non riconosco giocano un calcio inguardabile. Penso, ma chi me l'ha fatto fare, tira pure un'ariaccia fredda sul Meazza in questa domenica di fine estate, nuvoloni neri si addensano facendo presagire nulla di buono. Resisto un tempo, con Mazzarri che si agita, ma alla ripresa qualcosa succede. Non è molto, Palacio è meno solo, Ricky (che adesso riconosco) spinge di più, il mio vicino - il collega Bartolomucci grande conoscitore di cose interiste – mi dice che con Kovacic in campo tutto cambierà. E, miracolo, succede davvero. Si aprono spazi, la palla fila veloce e improvvisamente finisce in rete (quella giusta, degli avversari), insieme a Nagatomo e Palacio che iniziano ad abbracciarsi già lì dentro. E poi Rodrigo completa l'opera, a tempo quasi scaduti. 2-0 e tutti a casa. Ma guarda, è uscito anche il sole. Che sia un nuovo inizio?

Lella Confalonieri


QUI TORINO


Vietato illudersi, però. Il 2 a 0 rincuora e sana alcune ferite apertesi nelle ultime settimane, ma guai ad esaltarsi. Il Sassuolo è stata davvero ben poca cosa, e la squadra di Ventura nonostante i due gol ancora non convince. Il modulo (5-3-2) non è ancora digerito, gli esterni spingono poco, la difesa sbanda ancora pericolosamente, Vives a centrocampo ha raccolto i voti più alti su siti e quotidiani, ma ha fatto una partita appena più che modesta (sembrava quasi impaurito e non sapeva mai dove girarsi), gli altri centrocampisti (Brighi e Farnerud) sono due ombre. In attacco abbiamo due fenomeni, Alessio il Grande e Ciro che per essere Immobile fa davvero un gran movimento, e ha già conquistato il pubblico per determinazione e generosità (ieri, fin troppa…). Godiamoci questo momento: siamo a pari alla Juve (almeno per una giornata), ci siamo piazzati nella parte che ci compete (quella sinistra della classifica) e possiamo preparare la sfida di Bergamo con quei gobbi malriusciti dell'Atalanta con sufficiente serenità. Il resto, credetemi, è tutto da costruire.

Mario Giordano



QUI

JUVE


La fatal Samp non c'è stata. La Juventus dal look simil-svedese ha espugnato Marassi vendicando - sportivamente parlando - il doppio ko dello scorso anno. I ragazzi di Conte hanno giocato con intensità e testa. Niente spazio allo spettacolo: poche le azioni brillanti sotto il diluvio universale, molta la concretezza nei novanta minuti complessivi. Mai la Juve è parsa in sofferenza contro la Samp in versione primo-non-prenderle: la differenza l'ha fatta ancora il centrocampo con Asamoah e Vidal in palla, Pirlo quasi e un Pogba a tratti incontenibile. Chiellini ha sofferto Gabbiadini ma se l'è cavata col mestiere. Serata no per Vucinic. L'Apache invece c'è.

Sauro Legramandi

twitter.com/Sauro71



QUI MILAN


Chi mal comincia è a metà dell'opera. Da tre soldi, quelli spesi finora sul mercato per Poli, guarda caso uno dei pochi, forse l'unico a meritare la ciambella di salvataggio nel naufragio del Milan a Verona. Un esordio da incubo, e lasciamo stare le tradizioni, la "fatal Verona", robe del genere: a quei tempi, quelle volte, la rabbia è sgorgata per avere perso uno scudetto. Così, invece, si perde la faccia, o ancora peggio la speranza di vedere un altro Milan, nuovo e fresco. Forse è meglio avere già chiaro il quadro ancora prima del tramonto della luce solare del 24 agosto: questa squadra, per caratura tecnica e gap caratteriali, non è all'altezza di certe ambizioni. E non si vede come un Honda, un Ljajic, un Diavolo qualunque possa invertire il trend, consentire ad Allegri rimedi rapidi ed efficaci. Il tecnico, intanto, si preoccupi di dare un'anima a questo gruppo: la supponenza, l'indolenza agonistica di molti giocatori dopo l'illusorio vantaggio di Poli e soprattutto dopo i due schiaffi di Toni sono bruttissimi segnali per un allenatore, che evidentemente non riesce a trasmettere la carica. E se invece questa mollezza è figlia della solita preparazione a fuoco lento, della ricetta "inizi di stagione alla Allegri", ancora peggio. Col Psv, mercoledì, siamo già alla resa dei conti. Per tutto il resto, c'è la classifica: Milan zero.


Andrea Saronni
@andysaro



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