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Sentenza L'Aquila, così perdiamo la faccia

Quale scienziato serio lavorerà ancora in una Commissione? Di Lella Confalonieri

LaPresse

Il rispetto è dovuto alle vittime, a chi ha perso tutto nel terremoto devastante de L'Aquila. A chi cerca il colpevole di una tragedia tanto grande. E questo non ci stancheremo mai di dirlo: quei 309 morti pesano sulle nostre coscienze, sono un dolore come tutti quelli che il nostro paese ha dovuto sopportare.

Ma una cosa è puntare il dito contro un costruttore che avrebbe utilizzato sabbia al posto di cemento per costruire un edificio, o amministratori che non hanno verificato la stabilità di abitazioni in una zona altamente sismica. Altra è dare la colpa di non aver saputo prevedere un terremoto tanto devastante, perché questo e null'altro è la sentenza di oggi. Tutto il mondo sta guardando all'Italia, e ancora una volta non in modo lusinghiero.

La comunità scientifica, quella vera e riconosciuta non quella ciarlatana, rimane basita e si chiede se adesso l'Italia non finirà in mano ai maghi illusionisti. Chi infatti tra gli scienziati più validi oserà più fare il suo mestiere, accetterà di fare parte delle commissioni che in tutto il mondo supportano i politici a prendere decisioni importanti?

I componenti della Commissione Grandi Rischi sono stati condannati per aver rassicurato la popolazione sulla base di dati scientifici, della statistica, degli studi realizzati nei paesi dove il rischio sismico è più elevato, come il Giappone e la California.

In quei paesi, pure avvezzi a terremoti anche più devastanti, nessuno si sognerebbe di prevedere il terremoto, ma si preparano, limitando i danni costruendo con giudizio, quello sì. Cosa che da noi non si è fatto ed evidentemente non si fa.

Ma di questo non si chiede conto. Fa più comodo un processo spettacolo. I sei anni messi sulla testa di Barberi o di Boschi, insieme all'interdizione ai pubblici uffici, fanno perdere all'Italia non solo professori invidiati in tutto il mondo, ma anche quel poco di faccia che ci era rimasta.