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"Laura e Paola", meno testo e più Lexotan

Non ho ancora capito se assomigliano più a "Thelma & Louise" (senza l'epico suicidio finale, of course) o a Mina e Raffaella Carrà in Milleluci, anno 1974, come citano le due stesse ragazze nello strepitoso medley finale di canzonette anni 80, roba che che mi ha fatto felicemente sguazzare in una pozza di nostalgia.

Laura & Paola (Raiuno, venerdì, prime time) lo show di Laura Pausini e Paola Cortellesi è un work in progress tutto da affinare.

Parte legnosetto, con testi di una banalità sconcertante, un po'da Cantagiro anni 70 e non è un complimento. La finta incazzatura con Raoul Bova; lo sketch sulla Cortellesi che finge di snobbare i social network; il ruolo sfasato della vecchia bacchettona appiccicato a Paola e quella di giovane cazzerellona a Laura; la lunghissima, soporifera scenetta sul contenuto della borsetta delle donne in cui la Cortellesi si suppone conservi un vibratore acceso ad intermittenza, come la pregnanza stessa del copione: tutto uno script disarticolato, goffo, sospeso nel limbo dei buoni propositi. Poi, però, il programma prende ritmo sulle canzoni, a cominciare dalla parodia degli Abba, per finire col trio Fortune in cui Laura, Paola e Noemi si producono a turno in un omaggio a Diana Ross.

Dopodichè il format si consolida sull'imitazione della Leosini e sulle ospitate delle star, come Marco Mengoni e Noemi. I quali, essendo amici della Pausini, si palesano se non aggratis, credo per divertisi e pubblicizzare i propri dischi e, suppongo, non costino troppo (un'operazione già tentata, d'altronde, con l'one-woman-show Stasera Laura- Ho creduto a un sogno che, tra l'altro ha fatto lo stesso, identico ascolto di Laura & Paola, 24% di share, pensa te...) . Si ricade su Bocelli che canticchia Pippi Calzelunghe. Infine si risale sulle due girls in stile Milleluci, apunto.

Ora, a parte la piacevole conferma di due star professionali e umanamente empatiche (Cortellesi si conferma buona cantante), il grande pregio dello spettacolo è la riproposizione di un genere. Quel varietà bello e un po' demodè che in molti avevano tentato di disseppellire da sotto il peso schiacciante di talent, quiz, reality che intasano i palinsesti. Diciamo che ci avevano provato Panariello e Ranieri, c'era riuscito solo Fiorello, ma lì parliamo di un mostro. Qua siamo a buon punto. Se poi si togliesse un po' di Lexotan agli autori, sarebbe perfetto...