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Berlusconi scende in campo e cambia la politica italiana: nasce Forza Italia

Dopo il terremoto Tangentopoli il presidente decide di mettersi al servizio del Paese per raccogliere tutti i moderati

Estratto da "Una storia italiana" pubblicato nel 2001 da Forza Italia

26 gennaio 1994. Tutti i telegiornali trasmettono il messaggio di Silvio Berlusconi che annuncia di aver rassegnato le dimissioni da tutte le cariche sociali del Gruppo che ha fondato, per "mettere la mia esperienza e tutto il mio impegno a disposizione di una battaglia in cui credo con assoluta convinzione e con la più grande fermezza". La sfida è lanciata, Berlusconi è sceso in campo

Dalla "discesa in campo" a oggi: Silvio Berlusconi in politica

L'effetto è enorme. La decisione ha l'impatto di un terremoto: improvvisamente gli scenari della politica italiana vengono sconvolti, tutte le previsioni elettorali si rovesciano, la "invincibile macchina da guerra" della sinistra si trova sulla strada del potere un ostacolo imprevisto, i moderati e i democratici, rimasti privi di una rappresentanza politica trovano un nuovo punto di riferimento.

Berlusconi ricorda così quei momenti: "C'era nell'aria una grande paura, un grande timore, si pensava che il futuro dell'Italia potesse essere un futuro illiberale e soffocante se i comunisti di prima e di dopo fossero andati al governo. Ma c'era anche una grande voglia di cambiamento, una voglia di rinnovamento del modo stesso di fare politica, una voglia di rinnovamento morale, una voglia di un nuovo modo di esprimersi della politica. Non più quel linguaggio da templari che nessuno capiva: si sentiva il bisogno di un linguaggio semplice, comprensibile e concreto.

Era la fine del '93. L'Italia aveva conosciuto il fenomeno di Tangentopoli e aveva visto penalizzata tutta o quasi tutta la classe dirigente dei partiti democratici occidentali. La Procura di Milano aveva colpito indirizzando molto bene i suoi colpi. Erano stati eliminati praticamente tutti i piccoli partiti, il partito Liberale Italiano, il partito Social Democratico, il partito Repubblicano, il partito Socialista. Anzi, non tutto il partito Socialista, ma gli esponenti che non erano di sinistra del partito Socialista e la stessa cosa era avvenuta per la Democrazia Cristiana.

La sinistra aveva fatto approvare una nuova legge elettorale, della quale si fecero le prove con le elezioni amministrative dell'autunno. Con il 34% dei voti la sinistra riuscì a conquistare l'80% dei comuni e chiese quindi al Capo dello Stato di sciogliere le Camere e di indire nuove elezioni. Le ottenne, e in molti cominciammo a preoccuparci perché vedemmo che i partiti moderati, o meglio quello che era rimasto dei partiti moderati, non avevano capito che, per competere, con quella nuova legge bisognava sommare voto a voto, come aveva fatto benissimo la sinistra. Antichi odi, antipatie, rancori li dividevano e quindi non riuscirono a trovare un accordo. Ricordo benissimo di avere fatto dei sentieri alla volta di questi protagonisti, cercando di convincerli a ragionare.

Ci sentimmo quasi costretti, in quel frangente, a cercare una soluzione. Era difficile trovare il coraggio: mi ricordo ancora di quanti dubbi, di quanti interrogativi, di quante discussioni, di quante notti passate ad occhi aperti e questo coraggio non ci veniva, dobbiamo confessarlo. Poi lo trovammo, fu con noi, è rimasto con noi in questi anni, è ancora qui presente e sarà con noi da qui in avanti!"

Il 15 gennaio 1994, il Presidente Scalfaro, dando seguito alla richiesta della sinistra, scioglie le Camere e annuncia le elezioni anticipate. Dopo tre giorni, il 18 gennaio, Berlusconi fonda ufficialmente Forza Italia. Il dado è tratto. Il Presidente attende ancora "un miracolo" da parte dello schieramento moderato, ma i vecchi politici "decidono di non decidere". Non si può perdere altro tempo: il 26 gennaio si apre per l'Italia una nuova fase.

Il 26 gennaio 1994, Silvio Berlusconi annuncia alla Nazione la sua "discesa in campo". È l'inizio di una lunga, difficile, sofferta battaglia per l'Italia. Ecco il testo integrale della sua dichiarazione, un documento storico

"L'Italia è il Paese che amo, qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà. ,Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare.

Per poter compiere questa nuova scelta di vita, ho rassegnato oggi stesso le mie dimissioni da ogni carica sociale del gruppo che ho fondato. Rinuncio dunque al mio ruolo di editore e di imprenditore per mettere la mia esperienza e tutto il mio impegno a disposizione di una battaglia in cui credo con assoluta convinzione e con la più grande fermezza. So quel che non voglio e, insieme con i molti italiani che mi hanno dato la loro fiducia in tutti questi anni, so anche quel che voglio. E ho anche la ragionevole speranza di riuscire a realizzarlo, in sincera e leale alleanza con tutte le forze liberali e democratiche che sentono il dovere civile di offrire al Paese una alternativa credibile al governo delle sinistre e dei comunisti.

La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L'autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica.

Mai come in questo momento l'Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative e innovative, capaci di darle una mano e di far funzionare lo Stato. Il movimento referendario ha condotto alla scelta popolare di un nuovo sistema di elezione del Parlamento.

Ma affinché il nuovo sistema funzioni, è indispensabile che al cartello delle sinistre si opponga un polo delle libertà che sia capace di attrarre a sé il meglio di un Paese pulito, ragionevole, moderno. Di questo polo delle libertà dovranno far parte tutte le forze che si richiamano ai principi fondamentali delle democrazie occidentali, a partire da quel mondo cattolico che ha generosamente contribuito all'ultimo cinquantennio della nostra storia unitaria. L'importante è saper proporre anche ai cittadini italiani gli stessi valori che hanno fin qui consentito lo sviluppo delle libertà in tutte le grandi democrazie occidentali.

Quegli obiettivi e quei valori che invece non hanno mai trovato piena cittadinanza in nessuno dei Paesi governati dai vecchi apparati comunisti, per quanto riverniciati e riciclati. Né si vede come a questa regola elementare potrebbe fare eccezione proprio l'Italia. Gli orfani e i nostalgici del comunismo, infatti, non sono soltanto impreparati al governo del Paese. Portano con sé anche un retaggio ideologico che stride e fa a pugni con le esigenze di una amministrazione pubblica che voglia essere liberale in politica e liberista in economia.

Le nostre sinistre pretendono di essere cambiate. Dicono di essere diventate liberaldemocratiche. Ma non è vero. I loro uomini sono sempre gli stessi, la loro mentalità, la loro cultura, i loro più profondi convincimenti, i loro comportamenti sono rimasti gli stessi. Non credono nel mercato, non credono nell'iniziativa privata, non credono nel profitto, non credono nell'individuo. Non credono che il mondo possa migliorare attraverso l'apporto libero di tante persone tutte diverse l'una dall'altra.

Non sono cambiati. Ascoltateli parlare, guardate i loro telegiornali pagati dallo Stato, leggete la loro stampa. Non credono più in niente. Vorrebbero trasformare il Paese in una piazza urlante, che grida, che inveisce, che condanna. Per questo siamo costretti a contrapporci a loro. Perché noi crediamo nell'individuo, nella famiglia, nell'impresa, nella competizione, nello sviluppo, nell'efficienza, nel mercato libero e nella solidarietà, figlia della giustizia e della libertà.

Se ho deciso di scendere in campo con un nuovo movimento, e se ora chiedo di scendere in campo anche a voi, a tutti voi - ora, subito, prima che sia troppo tardi - è perché sogno - a occhi bene aperti - una società libera, di donne e di uomini, dove non ci sia la paura, dove al posto dell'invidia sociale e dell'odio di classe stiano la generosità, la dedizione, la solidarietà, l'amore per il lavoro, la tolleranza e il rispetto per la vita.

Il movimento politico che vi propongo si chiama, non a caso, Forza Italia. Ciò che vogliamo farne è una libera organizzazione di elettrici e di elettori di tipo totalmente nuovo: non l'ennesimo partito o l'ennesima fazione che nascono per dividere, ma una forza che nasce invece con l'obiettivo opposto: quello di unire, per dare finalmente all'Italia una maggioranza e un governo all'altezza delle esigenze più profondamente sentite dalla gente comune.

Ciò che vogliamo offrire agli italiani è una forza politica fatta di uomini totalmente nuovi. Ciò che vogliamo offrire alla nazione è un programma di governo fatto solo di impegni concreti e comprensibili. Noi vogliamo rinnovare la società italiana, noi vogliamo dare sostegno e fiducia a chi crea occupazione e benessere, noi vogliamo accettare e vincere le grandi sfide produttive e tecnologiche dell'Europa e del mondo moderno. Noi vogliamo offrire spazio a chiunque ha voglia di fare e costruire il proprio futuro, al Nord come al Sud. Vogliamo un governo e una maggioranza parlamentare che sappiano dare adeguata dignità al nucleo originario di ogni società, alla famiglia, che sappiano rispettare ogni fede e che suscitino ragionevoli speranze per chi è più debole, per chi cerca lavoro, per chi ha bisogno di cure, per chi, dopo una vita operosa, ha diritto di vivere in serenità.

Un governo e una maggioranza che portino più attenzione e rispetto all'ambiente, che sappiano opporsi con la massima determinazione alla criminalità, alla corruzione, alla droga. Che sappiano garantire ai cittadini più sicurezza, più ordine e più efficienza. La storia d'Italia è a una svolta.

Da imprenditore, da cittadino e ora da cittadino che scende in campo, senza nessuna timidezza ma con la determinazione e la serenità che la vita mi ha insegnato, vi dico che è possibile farla finita con una politica di chiacchiere incomprensibili, di stupide baruffe e di politicanti senza mestiere. Vi dico che è possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un'Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno, più prospera e serena, più moderna ed efficiente, protagonista in Europa e nel mondo. Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme, per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano.
Silvio Berlusconi


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