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Soldi ai partiti, nuovo scontro tra M5s e Lega sulla soglia che obbliga a pubblicare il nome dei donatori

Dopo lʼaccordo, raggiunto in commissione con le opposizioni, che ha portato a innalzare la soglia a 2mila euro, i pentastellati hanno fatto dietrofront e dai 2mila sono tornati ai 500 euro iniziali

Soldi ai partiti, nuovo scontro tra M5s e Lega sulla soglia che obbliga a pubblicare il nome dei donatori - foto 1
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Si apre un nuovo fronte di scontro nella maggioranza giallo-verde, pomo della discordia è un articolo del ddl anticorruzione sulle donazioni a partiti e movimenti politici e in particolare sull'obbligo di rendere pubblico i nomi dei donatori ai partiti. Sotto i 500 euro il donatore può restare anonimo e viceversa, era la versione iniziale dell'articolo 7 voluta dal M5s.

Poi era stato trovato un accordo sulla soglia di 2mila euro in commissione, ma ora il M5s fa dietrofront.

Giovedì sera un emendamento presentato dai relatori M5s, Francesca Businarolo e Giuseppe Forciniti, del provvedimento che è all'esame delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, ha innalzato a 2mila euro il limite per l'obbligo di trasparenza e sulla novità pare fossero tutti d'accordo, opposizioni comprese.

Il giorno dopo c'è stato il dietrofront, per ripristinare il tetto dei 500 euro previsti inizialmente, blindato dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. "Adesso ci sarà trasparenza con la norma anticorruzione. Una trasparenza che riguarderà non soltanto i partiti ma anche le fondazioni e vari soggetti collegati ai partiti modo tale che non si può più aggirare il limite massimo di 500 euro in contanti. Questo è un accordo già raggiunto prima di portare l'atto alla Camera, quindi in consiglio dei ministri. La soglia è di 500 euro per le donazioni in contanti, sopra i 500 euro verrà tutto pubblicato online", ha affermato il Guardasilli.

I primi a puntare i piedi contro l'abbassamento della soglia sono stati i deputati del Carroccio, che si sono appellati al rispetto dei patti e i parlamentari del Partito democratico. "La maggioranza dimostra di non mantenere la parola data anche sulle cose più banali e che vanno avanti a dispetti", è la spiegazione che si da Gennaro Migliore. E sul motivo azzarda: "Forse non è andata giù la mediazione trovata sulla prescrizione". Quindi, dopo la reazione del Carroccio e quella rabbiosa del Pd, il governo ha chiesto due rinvii dei lavori della commissione: prima alle 11 poi alle 15, fino allo spostamento alle 19. Da qui la decisione dei deputati del Pd di disertare la riunione delle 19, per protesta. "E' un rinvio inutile - ha osservato Gennaro Migliore - perché anche se venisse proposta un'ulteriore modifica, dovremmo avere il tempo per presentare eventuali sub emendamenti e quindi riaggiornarci".