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Maroni: "Referendum in Lombardia per competenze e autonomia"

Il Governatore ospite di Paolo Liguiri difende la scelta di far votare i cittadini lombardi e sulla Catalogna "errore tragico di Madrid"

Maroni:
ufficio-stampa

“È un referendum per chiedere al popolo lombardo (e lo stesso farà il Veneto) se è d'accordo a consentire alla Lombardia di avere più competenze, più autonomia e, ovviamente, più risorse economiche.

I contribuenti lombardi pagano molto in tasse e molto poco ritorna in Lombardia, a differenza di molte altre regioni. Il significato è questo: volete che la Lombardia abbia più competenze (quelle previste dall'articolo 117 della Costituzione) con le relative risorse? Quali sono queste competenze? Sono tantissime: 23 in totale e vanno dall'istruzione (potremmo, per esempio, avere la possibilità di fare concorsi su base regionale, oggi mancano nelle scuole tanti professori), all'ecosistema e alla tutela dell'ambiente, fino alla sanità, alla ricerca, all'innovazione (con risorse per consentire alle imprese di fare investimenti), all'aiuto alle università e al sociale (aiuto alle famiglie che hanno bisogno, alle persone anziane, alle persone con disabilità). Tutto questo può essere trasferito come competenze dallo Stato alle Regioni, con le relative risorse. Perché serve il referendum? Serve perché sarà una trattativa complicata con il governo. Io chiedo di avere almeno la metà del residuo fiscale, cioè 27 miliardi che andranno in Regione Lombardia, mentre oggi vanno in tanti altri rivoli e rivoletti ecc. Mi serve la forza del popolo. Questo è il motivo del referendum. È consultivo, ma se ho la forza del popolo lombardo (questo vale anche per Zaia ) è ovvio che ho un potere contrattuale con il governo. E il governo non potrà dire di no” queste le parole di Roberto Maroni, Presidente della Regione Lombardia, rilasciate a “Fatti e Misfatti”, l'approfondimento di Paolo Liguori sul canale all news Tgcom24.

I fatti di Catalogna - “Il governo spagnolo ha commesso un errore tragico: ha creato dei martiri e ha fatto della causa indipendentista della Catalogna una causa che tutti ora condividono, anche se prima non era così. Questo perché quando usi la violenza per fermare l'espressione democratica del voto in un referendum - ancorché consultivo, ancorché definito illegittimo - ti metti dalla parte del torto. Non a caso oggi, proprio stamattina, anche i Paesi Baschi si sono risvegliati e hanno detto: “Vogliamo fare anche noi il referendum”. L'unica che non si è svegliata è l'Europa che pure dovrebbe occuparsi di questa vicenda perché la Spagna è un Paese dell'Unione Europea. La Catalogna è insieme alla Lombardia uno dei quattro motori d'Europa. Non è una “robetta” per cui si può dire: “Vabbè se ne occupa qualcun altro”. Ancora una volta la Commissione Europea dorme, non si è pronunciata, non dice nulla. E questo la dice lunga sul significato e sul valore che l'Europa ha. La Catalogna vuole diventare indipendente, perché no? Non è che diventa indipendente e se ne va in Sudamerica. Rimane in Europa e diventa uno dei nuovi Stati d'Europa. È quella che noi ipotizziamo come l'Europa delle regioni. Superare gli Stati nazionali e fare in modo che i territori, le regioni, la Catalogna e la Lombardia abbiano più voce in capitolo. Adesso vediamo che cosa succederà. Da condannare la violenza, da condannare il governo spagnolo che ha sbagliato tutto e da sostenere le ragioni della democrazia, la libera espressione del popolo”.