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M5s, giudice sentenzia: "Decide tutto il capo, non c'è democrazia"

Lo scrive il magistrato chiamato a decidere sul ricorso di una militante che aveva contestato la non ammissione alle Parlamentarie

M5s, giudice sentenzia:
lapresse

In base allo statuto, il capo politico del Movimento 5 Stelle può decidere in modo insindacabile delle candidature, anche se questa procedura è distante da "canoni minimi di democrazia interna".

E' quanto sostiene la giudice del Tribunale civile di Roma Cecilia Pratesi nell'ordinanza con la quale ha respinto il ricorso di un'attivista veneta, Maria Elena Martinez, non ammessa alle "Parlamentarie".

"Secondo le previsioni statutarie - si legge nell'ordinanza del magistrato - al Capo Politico (organo del Movimento) è attribuita la facoltà insindacabile di valutare la compatibilità della candidatura con i valori e le politiche del Movimento 5 stelle, e di escludere con proprio parere vincolante l'accettazione della candidatura". Il giudice rileva però "la evidente distanza di tale clausola statutaria da canoni minimi di democrazia interna (distanza che si ravvisa peraltro in più di un passaggio statutario)".

"Non sono un partito, avviene tutto su base volontaria" - Il giudice, nell'ordinanza, osserva che "sebbene il dibattito relativo alla democrazia interna ai partiti non sia affatto sopito, e vi sia chi sostiene l'opportunità di un intervento legislativo in tal senso orientato, resta la considerazione che l'adesione ad un partito avviene su base volontaria", ed il partito "mantiene la natura di associazione di diritto privato". Pertanto "l'eventuale lesione di prerogative, aspettative individuali o veri e propri diritti soggettivi conseguenti ad una gestione dispotica o poco trasparente delle dinamiche associative, non può ritenersi ad oggi dotata di copertura costituzionale".

m5s