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Don Diana, Di Maio attacca il governo: "Lo avete ucciso una seconda volta"

Lo scontro sul presunto blocco del fondo per risarcire i familiari delle vittime di mafia. Bindi: "Inopportuno", Boschi: "Falsità"

Don Diana, Di Maio attacca il governo:
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Doveva essere il giorno della commemorazione, del ricordo, dell'anniversario, il numero 22, della morte di don Peppe Diana, ucciso dalla camorra nella sua chiesa di Casal di Principe (Caserta) perché voleva sfidare il clan dei Casalesi.

E in parte lo è stato, almeno fino a quando non si è trasformato nel giorno dello scontro: tra il vice presidente della Camera, Luigi Di Maio da una parte, e la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi, il Pd e il governo dall'altra.

La lettere di Di Maio lasciata sulla tomba di don Diana: "Ucciso ancora dal governo Renzi" - Di Maio e Rosy Biondi hanno entrambi reso omaggio alla tomba di don Peppe, ma in momenti diversi. Di Maio, su quella tomba, ci è andato per lasciare una lettera. "Caro don Peppe, ti hanno ucciso un'altra volta. Non sono stati i camorristi, ma premier, sottosegretari e ministri", l'accusa scritta nero su bianco. La sua accusa è che "il governo Renzi ha bloccato i fondi per risarcire i familiari delle vittime di mafia. Chi ha trovato il coraggio di denunciare la camorra non riceverà neanche il sostegno per le spese legali. Oggi è una passerella di ipocriti. A Palazzo Chigi hanno scelto da che parte stare, purtroppo non la tua".

Bindi: "Inopportuno, falsità" - "Immediata la risposta della Bindi che bolla come "assolutamente non opportuno" il comportamento di Di Maio: "In qualità di importante rappresentante delle istituzioni, essendo vice presidente della Camera, si è dissociato dalle altre autorità visitando separatamente la tomba di don Diana, e rilasciando dichiarazioni che avrebbe dovuto fare nella sede adeguata per esercitare la funzione di controllo che spetta ad ogni parlamentare, che è il Parlamento e non la tomba di don Peppe".

Inoltre, osserva la Bindi: "non ci risultano sospensioni nell'erogazione dei fondi, che nel corso del 2015 sono aumentati del 55%, mentre da ottobre 2015 al febbraio 2016 sono stati già deliberati risarcimenti per oltre 20 milioni di euro".

Boschi: "Di Maio mente sapendo di mentire" - Nel Pd sale lo sdegno per quella che il presidente del partito Matteo Orfini definisce un' "indecenza" e la vicesegretaria Serracchiani "una speculazione indegna". Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, attacca: "Di Maio mente sapendo di mentire. Non c'è stato nessun taglio ai fondi alle vittime di mafia. Come è noto, il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso si autoalimenta durante il corso dell'anno in base alle richieste che arrivano e vengono valutate da un'apposita Commissione. Si stanno invece - spiega - definendo criteri più rigidi per l'erogazione dei rimborsi delle spese legali alle associazioni di vittime della mafia".

Parole che non bastano a Di Maio, secondo il quale la Boschi "ha ammesso che il fondo per le vittime di mafia è bloccato dal governo". Ma non si capisce, replicano fonti parlamentari renziane, da dove abbia tratto questa conclusione: "La nota del ministro Boschi - fanno osservare - è chiara e riporta numeri inconfutabili".

De Vincenti: "Nel 2015 risarcimenti aumentati del 55%" - Anche il sottosegretario alla presidenza Claudio De Vincenti dice che "i numeri parlano da soli: nel 2015 c'è stato un aumento del 55% dei risarcimenti alle vittime delle mafie rispetto all'anno precedente", ragion per cui "quella di Di Maio è una indegna falsificazione, tanto più ignobile perché operata strumentalizzando la cerimonia in memoria di un caduto per mano della camorra".

Nel giorno dell'anniversario della morte di don Diana il ministro della Giustizia Andrea Orlando si dice convinto che serva "una riflessione" sul modo di combattere la mafia. E il procuratore nazionale Antimafia Roberti avverte: "A Casal di Principe è in gioco la credibilità dello Stato in tutte le sue articolazioni. Questo territorio non è stato ancora riscattato del tutto. Lo Stato non abbandoni Casale altrimenti i clan ritorneranno".