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Le mie chattate col Presidente

di Enrico Fedocci

Che abbia sempre avuto una passione per Francesco Cossiga lo sanno tutti quelli che mi conoscono.

Che abbia tentato, “approfittando” del mio lavoro di giornalista, di arrivare a lui con la scusa di interviste e dichiarazioni, è forse cosa umana. Ma questi incontri professionali, queste veloci interviste, non mi hanno mai consentito di stringere i rapporti.

Di lui, di Francesco Cossiga, da ragazzino mi piaceva la personalità, il piglio deciso, la profonda conoscenza dei segreti di Stato, la capacità di dire tutto ciò che pensava, senza ipocrisie. Ma che io potessi diventare suo “amico” tramite Messenger e Skype, questo proprio non me lo sarei mai aspettato. Già, riuscii a scoprire l’email personale del Presidente e gli scrissi una lunga lettera. Poche ore dopo mi arrivò la sua risposta.

CARO FEDOCCI,

                          MI FAREBBE PIACERE INCONTRARLA. LEI MI PUO' CHIAMARE TRAMITE IL MIO CENTRALINO RISERVATO (GESTITO DAI...CARABINIERI!): 06670XXXXXX. MOLTI CORDIALI SALUTI FRANCESCO COSSIGA


Dopo questo incontro durato 4 ore nel suo appartamento romano, per mesi io e il Presidente Emerito abbiamo chattato parlando di terrorismo, Brigate Rosse, degli anni della contestazione.
Lui mi raccontava di se stesso, a volte firmandosi, con ironia “L’EX POTENTE” o “L’EX LEADER”.
I suoi argomenti preferiti? Il suo tumore, il rapporto - o meglio la sua passione - per l’Arma dei Carabinieri. Amava parlare dei suoi figli, dei loro studi. Diceva che lui e Berlusconi appartenevano allo stesso club. Il club K, ironizzando sul tumore che aveva colpito entrambi.
Le videochiamate si susseguivano, soprattutto verso l’ora di cena o a tarda sera. Se ne stava seduto sulla poltrona in pelle rossa del suo studiolo, mentre guardava la televisione. Sulle gambe una coperta e uno dei suoi tanti computer portatili.

All’improvviso, mi chiamava e se, per caso, ero vestito con una maglietta poco adeguata, correvo a cambiarmi prima di rispondere, per potere conversare amabilmente con il Presidente. Notava tutto ciò che succedeva alle mie spalle. Una volta, seduto su un mobile, vide il mio gatto, un soriano tigrato che si chiamava Gianluca. Lui si interruppe e commentò: “Bel gatto!” e mi chiese di metterlo davanti all’obiettivo della webcam, per vederlo meglio. Volle sapere il nome, quanti anni avesse.
Gli piaceva parlare, raccontarsi, un po’ meno ascoltare… ma l’età gli consentiva questo ed altro. E io non chiedevo altro che ascoltare.
Però, questo sì, spesso andava a scavare nel mio privato. Mi diceva che mi dovevo sposare: “Fallo alla svelta – insisteva – Così vengo al matrimonio con tutta la scorta”. Mi aveva ribattezzato: “Il terribile Fedocci” pronunciato con quell’accento sardo di cui andava fiero.

Sapeva della mia passione per il caso Moro e rispondeva alle domande che gli facevo. Parlavamo soprattutto di Mario Moretti, il capo delle Brigate Rosse, e mi stupì sapere che l’ex ministro dell’Interno ai tempi del sequestro del presidente della Dc e l’ex dirigente delle Bierre  si sentivano al telefono, periodicamente, come vecchi amici.

Sapeva che ero figlio di un ufficiale dei Carabinieri e così spesso l’argomento scivolava lì, sull’Arma: conoscenze comuni, episodi che avevo sentito raccontare da bambino e che lo coinvolgevano. Mi raccontò che ebbe, mi pare a 39 anni, come sottosegretario alla Difesa, la delega sull’Arma dei Carabinieri e da lì nacque un grande amore.

Durante le nostre prime conversazioni, da pochi mesi il generale Gianfrancesco Siazzu era stato nominato Comandante Generale della Benemerita. Parlammo di quell’episodio e mi spiegò che fu lui, su richiesta degli allora ministri dell'Interno e della Difesa, a chiamare il generale - prossimo alla pensione - mentre era in Sardegna a mettere a posto una piccola barca per il tempo libero: “Gianfranco, cosa ne pensi di diventare Comandante Generale?” gli chiese Cossiga.  L’ufficiale rispose: “In che senso, scusi?” Pochi giorni dopo la nomina.
In quella stessa occasione gli chiesi: “Presidente, chi sarà il prossimo Comandante dell’Arma? Il Generale Piccirillo o il Generale Toscano?”
Mi guardò, si fece avanti con il busto e muovendo il dito indice obliquamente davanti al viso disse: “Nessuno dei due! Il prossimo Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri sarà l’attuale Capo di Stato Maggiore, Leonardo Gallitelli”. Era il marzo del 2007. Ha avuto ragione lui!

Una volta ricordo che si era messo in testa di andare in Parlamento vestito da Brigadiere d’Onore dei Carabinieri: voleva fare uno dei suoi interventi polemici. Ma mi disse che i suoi assistenti non volevano. Gli avevano detto: “Presidente, la fanno uscire dall’Aula se si presenta in divisa da carabiniere”. Quanto rideva di questa cosa. E lui, non contento, provocatore fino all’osso, rilanciò dicendo che aveva già telefonato all’ammiraglio Di Paola. Gli aveva chiesto di poter indossare la sua vecchia divisa da ufficiale di Marina così, in Parlamento, almeno non avrebbe spaventato i ladri come sarebbe avvenuto, invece, indossando quella da Carabiniere.
Credo che di quelle conversazioni via chat pochi sapessero. I suoi collaboratori ne erano certamente all’oscuro, i Servizi Segreti forse ignoravano che l’allora Presidente 79enne, in realtà, era ancora un “discolaccio”. Durante il nostro incontro a Roma, prima che il prefetto che assisteva Cossiga entrasse nella sua stanza, il Presidente mi disse di non spiegare come ci eravamo conosciuti. E davanti alla richiesta specifica del dottor Mosino rispose dicendo: “Fedocci è un mio amico”.
Una frase che mi inorgoglì.