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Università, stretta sui fuori corso

L’ipotesi della Gelmini: tasse più alte

E’ in arrivo un ''giro di vite'' per i fuori corso che potrebbe tradursi in un aumento delle tasse.

E’ un'ipotesi anticipata dal ministro dell’Istruzione che sta pensando ad un provvedimento ad hoc da assumere per coloro che si iscrivono all’università, ma non danno esami o ne danno pochissimi. Ma non sarà un aumento indiscriminato: si faranno le dovute distinzioni tra chi non si impegna e chi invece studia e lavora.

Al Ministero affermano che non c’è alcun provvedimento in atto, ma l'ipotesi è stata avanzata tra quelle in discussione in questi giorni che riguardano la riforma. In sostanza, a differenza degli altri Paesi, da noi le università fanno pagare la stessa retta a chi è in regola o abbastanza in regola e chi invece segue gli studi con un numero di anni di gran lunga superiore a quello previsto. Il fondo di finanziamento ordinario che alimenta le nostre 75 università è infatti ripartito tenendo conto solo del numero degli iscritti, sia in corso, sia fuori corso. Ma ciò penalizza la reputazione degli atenei stessi.

I ritardatari, infatti, sono 667mila, un terzo dei quali non lavora. Rappresentano il 37 per cento del totale: un raddoppio delle rette, limitato a chi non dimostra di lavorare, porterebbe nelle casse universitarie somme importanti che potrebbero essere utilizzate per agevolare i meritevoli. Come? Garantendo il diritto allo studio con borse di studio, alloggi, mense e via dicendo. Insomma, per essere in linea con le intenzioni della Gelmini, in questo modo si aiuterebbe chi merita di essere aiutato, assicurando anche una certa mobilità agli studenti, e si penalizzerebbero i ritardatari. Intanto, sul fronte del decreto approvato lo scorso venerdì dal Consiglio dei Ministri, non si fermano le contestazioni e si annuncia un’altra settimana incandescente, tra proteste e mobilitazioni. Una su tutte, la manifestazione di venerdì che si terrà a Roma, con lo sciopero generale proclamato dai sindacati di categoria contro la riforma Gelmini.