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Roma, è morto Piergiorgio Welby

Il decesso avvenuto per cause naturali

Si è spento nella notte a Roma Piergiorgio Welby, 60enne malato di distrofia muscolare che da tempo aveva chiesto a Napolitano il permesso di staccare la spina dal respiratore che lo tiene in vita da anni.

La notizia del decesso, avvenuto per cause naturali, è stata comunicata da Marco Pannella dai microfoni di Radio Radicale. "La sua lotta è destinata ad entrare nella storia" ha detto Riccardo Maia, uno degli avvocati che ha seguito Welby.

La sua malattia
La distrofia muscolare che lo ha costretto ad una vita da lui stesso definita inaccettabile, aveva colpito Piergiorgio Welby all'età di 20 anni. Da allora, la malattia è peggiorata, lentamente ma inesorabilmente. Di papà scozzese (fu giocatore in serie A nella Roma), Welby aveva molteplici interessi: appassionato di caccia e di cani, ha fatto studi classici. Nato a Roma il 26 dicembre 1945 è stato colpito da una forma di distrofia muscolare progressiva. Nell'ultima fase della malattia, Welby era costretto a letto inibito a qualsiasi movimento di tutto il corpo, ad eccezione dei movimenti oculari e labiali. La sua sopravvivenza era assicurata esclusivamente da un respiratore automatico al quale era stato collegato nel 1997.

Copresidente dell'Associazione Luca Coscioni, nel 2002 ha aperto un forum sull'eutanasia nel sito dei radicali e un suo blog. Il 12 giugno del 2005, in occasione del referendum sulla fecondazione assistita e la ricerca scientifica, i radicali lo accompagnarono al seggio per assicurare almeno il suo voto tra i centomila disabili intrasportabili obbligati ad astenersi. Grazie al suo contributo, e a una norma ad hoc alle elezioni politiche del 9 e 10 aprile scorso, sottolinea l'associazione Coscioni, molti malati intrasportabili hanno potuto votare presso il proprio domicilio.

La richiesta a Napolitano
Il suo caso era salito alla ribalta lo scorso settembre, quando Welby con una lettera-appello diretta al presidente della Repubblica aveva chiesto la concessione a "staccare la spina", a cui Giorgio Napolitano ha voluto rispondere. Un appello rilanciato nel suo libro "Lasciatemi morire".

Dopo l'appello al Quirinale, Welby aveva presentato un ricorso al Tribunale di Roma per ottenere l'interruzione di quello che ha definito accanimento terapeutico, attraverso il distacco del respiratore artificiale sotto sedazione terminale. Il tribunale aveva risposto che in assenza di una legge non aveva potuto prendere posizione. Mercoledì 20 dicembre la presa di posizione del Consiglio Superiore della Sanità che ha definito la malattia di Welby non ancora terminale e di conseguenza non si era in presenza di accanimento terapeutico. Poche ore dopo il cuore di Welby ha cessato di battere.

Le parole dell'avvocato
Il nome di Piergiorgio Welby "resterà nella storia" perché ha permesso di "fare la differenza tra rifiutare le cure e l'eutanasia". Lo ha detto uno dei legali di Welby, Riccardo Maia, poco dopo la morte del suo assistito. "La sua lotta ha fatto avanzare il dibattito, ci saranno delle conseguenze", ha aggiunto Maia che stava preparando l'appello al tribunale civile di Roma per staccare il respiratore a Welby.