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Nassiriya, Prc scarica Ferrando

"Tutti sanno che ho posizioni diverse"

E' durata meno di un mese la candidatura di Marco Ferrando, trotzkista del Prc.

"In ogni congresso da anni presento documenti alternativi a quelli della maggioranza. Non è una rivelazione che io abbia una posizione diversa", dice, investito dalle polemiche sull'attentato di Nassiriya da lui considerato "legittimo". Bertinotti ha aperto le procedure che dovrebbero portare all'esclusione dalle liste elettorali del leader

Un incidente c'era gia stato la settimana scorsa per alcune dichiarazioni di Ferrando su Israele, e venerdi' in direzione il segretario lo aveva rimproverato, pretendendo una smentita. Ora tra i due si e' al muro contro muro, e il depennamento di Ferrando dalle liste non sembra piu' evitabile.

A sancirlo dovrebbe essere venerdi' la segreteria del partito, impegnata in queste ore in una consultazione telefonica con i componenti del Comitato politico, unico organismo con il potere di decidere la revoca. A spingere il leader del Prc a compiere il passo decisivo non deve essere stata solo la maggioranza interna del partito, ma anche la reazione irritata degli altri leader del centrosinistra: da Prodi che ha bollato le parole di Ferrando come "folli ed incoscienti", fino a D'Alema e a Fassino.

Per non parlare del centrodestra, con Fini e Martino in testa, che ha subito colto l'occasione per un'offensiva tutta tesa a dimostrare che l'Unione non e' una coalizione ma un'armata Brancaleone. Ferrando di buon'ora e' stato convocato nella sede del partito, in Via del Policlinico, dove il responsabile dell'organizzazione Francesco Ferrara, per via dell'assenza di Fausto Bertinotti impegnato a Strasburgo, gli ha comunicato la decisione della segreteria di mettere in discussione la sua candidatura.

Decisione che lo stesso Bertinotti (che viene descritto come "furibondo") gli ha poi confermato al telefono. Inutilmente i cronisti a Strasburgo hanno inseguito il leader di Rifondazione per farlo parlare del 'caso Ferrando'. Bertinotti non ne ha voluto sapere, ma non e' difficile immaginare che lo abbia invece fatto nel corso di un lungo colloquio avuto con Massimo D'Alema, anche lui a Strasburgo.

Ma non c'e' stato bisogno delle sollecitazioni degli alleati (Prodi ha sostenuto con i cronisti di non aver parlato con Bertinotti negli ultimi due giorni). Grande e' stata infatti l'irritazione dei vertici del Prc, e in un momento delicatissimo della campagna elettorale - come sostiene ad esempio il deputato Alfonso Gianni, uno dei dirigenti piu' vicini al leader - "non si puo' certo essere impegnati a smentire le parole dei nostri candidati".

Ferrando non sembra tuttavia rassegnato. "Il Prc - ha attaccato subito dopo il colloquio a Via del Policlinico - rischia di subire una umiliazione pubblica, e la sua stessa sovranita' politica e' in pericolo di fronte alle pressioni che vanno da Fini a Prodi". E si e' detto sicuro che ora nel Prc si avviera' una battaglia a difesa della democrazia interna che coinvolgera' non solo "Progetto Comunista" l'ala trotzkista di cui fa parte (7%), ma l'intera minoranza interna (40%).

Un auspicio supportato dalle prime prese di posizione a suo favore di Claudio Grassi e Salvatore Cannavo'. Ma smentito proprio da un esponente della sua componente, Francesco Ricci, che ricorda il voto contrario alla sua candidatura da parte della maggioranza di "Progetto Comunista".

Intanto, chi lo conosce bene, come Elettra Deiana, da' una spiegazione alle "violente" esternazioni di Ferrando, e cioe' che sarebbero figlie dell'ostilita' incontrata dalla sua candidatura proprio nella sua componente. "E' come se volesse dire al suo elettorato - ha osservato Deiana - che la sua candidatura e' strumentale e che in realta' la sua mente e' fuori dalle istituzioni". Ma c'e' anche chi vede nel "caso Ferrando" un'occasione per Bertinotti per dimostrare a Prodi che non deve nutrire timori sulla 'tenuta' di Rifondazione comunista.