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Tagli alle Province? I casi delle nozze difficili

Una delle ipotesi eliminerebbe quelle con meno di 350mila abitanti. Ma come si supereranno le tradizionali rivalità fra Como e Lecco, fra Piacenza e Parma, o fra Enna e Caltanissetta?

LaPresse

Anche l'Unione europea ultimamente ce l'ha caldamente consigliato: tagliate le Province.

E l'ipotesi è sul tavolo. Una delle proposte al vaglio per la riduzione è che si eliminino quelle con meno di 350mila abitanti. Ne rimarrebbero 58 su 109. Ma è facile prevedere che gli eventuali matrimoni, in una realtà come quella dell'Italia, sarebbero molto difficilmente celebrabili, visti campanilismi e differenze culturali.

Difficile immaginare che Lecco torni sotto Como, dopo soli vent'anni di autonomia. I due poli si riunirebbero forzatamente con la città di Volta a fare da elemento dominante, ipotesi che gli abitanti di Lecco faticherebbero non poco a mandare giù. Un articololo sul "Corriere della Sera" prova a fare varie ipotesi di matrimoni più o meno forzati. E non c'è parte d'Italia dove gli elementi di separazione prevalgano, e parecchio,  su quelli di unione.

Ragion per cui questa tanto sbandierata riforma delle Province molto difficilmente andrà a buon fine in una realtà come quella del nostro Paese. E non c'è solo il caso Lecco-Como tra i matrimoni impossibili che i piani di lavoro dei tecnici di Roma stanno studiando. Come mettere insieme, per esempio, Parma e Piacenza, con i piacentini più lombardi che emiliani e sempre snobbati dai loro vicini di casa, fin dai tempi del Ducato di Parma e Piacenza ("che anche se non c'è facciamo senza", come ricorda l'articolo).

Mettere insieme Enna e Caltanissetta in Sicilia sarebbe un'altra bella impresa. E poi qui ci sono le prerogative delle Regioni a statuto speciale che rendono le cose ulteriormente difficili.

D'altra parte, l'esecutivo qualche provvedimento per ridurre le spese negli enti più contestati d'Italia l'ha preso, abolendo le giunte con l'abbassamento delle Province a enti di secondo livello, e con le competenze da trasferire a Regioni e Comuni.

Adesso, siamo nella fase di modifica degli articoli della Costituzione relativi alle Province, il 114 e il 133. Si potrebbe farle sparire dall'elenco degli enti che formano la Repubblica. Oppure si potrebbero cancellare quelle con meno abitanti.

Le ipotesi più accreditate parlano di abolire quelle sotto i 350, 450 o 500mila abitanti. Nel primo caso sparirebbero, tra le altre, anche Arezzo, Livorno, Trieste, Siena, Campobasso, Grosseto, Prato. Nella seconda ipotesi via Brindisi, Potenza, Catanzaro, Siracusa. Nella terza si salverebbero solo 36 Province.

E pensare che aveva sollevato un gran polverone l'idea di Tremonti di abolire le Province sotto i 220mila o sotto i 300mila abitanti: se ne sarebbero conservate 86 (nel primo caso) o 70 (nel secondo). Intanto sono sempre valide le richieste per formare nuove Province: vorrebbero separarsi Gela, Caltagirone, e al Nord la Lega vorrebbe formare la Ladinia.

Il governo però ha fatto i conti: le Province più grandi spendono per ogni abitante molto meno di quelle minori. La Sardegna ha nove Province per un milione e mezzo di abitanti, il Molise due per 300mila. E una Provincia su tre spende più del 40% del bilancio in stipendi per i dipendenti. Dalle prime impressioni, lo spazio per tagliare c'è. O, meglio, ci sarebbe.