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Ucciso bambino-soldato dell'Isis Diventa un martire per i jihadisti

Abu Ubaidah, ragazzino di 10 anni, sarebbe morto sotto le bombe americane in Siria. E lo Stato Islamico, con una nuova campagna mediatica, posta le sue foto su Twitter

Abu Ubaidah isis
-olycom

"Abu Ubaidah, il più giovane combattente dello Stato Islamico, è stato martirizzato con il padre dai raid americani 2 settimane fa". E sotto il tweet dell'Isis, le foto di un ragazzino di 10 anni sorridente, che invece di mostrare orgoglioso un pallone o un videogioco, veste la mimetica e imbraccia un fucile mitragliatore più grande di lui. Immagini scioccanti che hanno immediatamente fatto il giro del mondo.

Ucciso bambino-soldato dellʼIsis Diventa un martire per i jihadisti

La storia del ragazzino, diffusa da diversi media internazionali insieme alle immagini (proprio nei giorni in cui l'Onu ha lanciato l'allarme per una recrudescenza del fenomeno del reclutamento dei bambini-soldato da parte dei jihadisti), è in realtà difficilmente verificabile, ma sembra aver già riscosso una pioggia di omaggi e di commossi commenti da arabi e islamici dai cinque continenti. Il nome Abu Ubaidah" sarebbe in realtà il nome di battaglia del ragazzino, mentre il padre sarebbe stato identificato con il soprannome di Al Baghdadi, che indicherebbe le sue origini irachene, di Baghdad, le stesse dell'autoproclamato "Califfo" dello Stato Islamico, Abu Bakr al Baghdadi.

La morte di un combattente e di suo figlio il 26 settembre era stata già segnalata dall'Isis, che aveva diffuso su YouTube un video della loro presunta morte.

Nelle foto il padre appare fiero del figlio, come lo era il jihadista australiano arruolatosi con l'Isis, sedicente papà del bambino che in una foto dell'orrore diffusa sul web in agosto teneva in mano la testa mozzata di un soldato siriano, con il commento: "Bravo il mio bambino". O come la premurosa mamma britannica Asiya Ummi Abdullah che - stando al Mail Online - la scorsa settimana ha annunciato la sua scelta di portare il suo bambino di soli tre anni a vivere con lei nella città siriana di Raqqa, eletta a capitale dello Stato Islamico, nella certezza che il regime gli assicurerà un futuro migliore e un benessere spirituale che in Occidente non avrebbe potuto mai trovare.