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Chernobyl, a trent'anni dal disastro nucleare più grave della storia

Lʼincidente è stato 10 volte più grave di quello di Fukushima. Decine di migliaia le vittime

All'1.23 del 26 aprile del 1986 l'Ucraina sovietica e il mondo furono testimoni dell'incidente nucleare più grave della storia: il disastro della centrale di Chernobyl.

Quella notte era in corso un test di sicurezza e alcuni dispositivi di emergenza erano stati disattivati. Una scelta che di lì a poco si sarebbe rivelata fatale. Ci è voluto meno di un minuto perché il nocciolo del reattore 4 subisse un repentino aumento di temperatura, innescando un'esplosione. Le vittime sono state stimate in decine di migliaia. Secondo Greenpeace, l'incidente di Chernobyl è stato 10 volte più grave di quello avvenuto nella centrale giapponese di Fukushima nel 2011.

A trent'anni di distanza non tutto è stato ancora chiarito, dalle cause (errore umano, inadeguatezza dell'impianto) ai morti (9mila secondo l'Oms, 115mila per le autorità bielorusse). Le conseguenze del disastro pesano ancora sulle regioni colpite, alcune zone fanno parte anche di Russia e Bielorussia. Più di 200 tonnellate di uranio sono ancora sepolte sotto il vecchio reattore della centrale atomica a poco più di un centinaio di chilometri da Kiev, mentre il nuovo "sarcofago" che dovrebbe chiudere il capitolo di ulteriori contaminazioni non è stato ancora ultimato. A causa di un'acuta crisi economico-politica, l'Ucraina ha ritardato i piani per la conclusione del gigantesco progetto, prevista ora per il 2017.

La dinamica - Durante una prova per verificare il funzionamento della turbina in caso di mancamento improvviso di corrente elettrica, errori umani e tecnica difettosa crearono le condizioni per il disastro. L'orologio segnava l`una, 23 minuti e 44 secondi. Fuoriuscirono circa il 50% di iodio e il 30% di cesio, disperdendosi nell'atmosfera, con un'emanazione di radioattività tra i 50 e i 250 milioni di Curie, quantità circa cento volte maggiore rispetto a quella delle bombe americane su Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Sebbene il disastro giapponese avvenuto a Fukushima nel 2011 abbia raggiunto lo stesso livello massimo di classificazione sulla scala internazionale "Ines", il settimo, l`incidente nell'allora repubblica sovietica è considerato ancora dagli esperti il più grave, per la velocità, l'entità della fuga di materiale radioattivo e gli effetti sulla salute e sull'ambiente nell'area.

La nube radioattiva si spostò rapidamente da Chernobyl verso il resto d'Europa. Secondo l'Iaea (Agenzia internazionale per l'energia atomica), l'esplosione portò la contaminazione più elevata in un'area nel raggio di cento chilometri dalla centrale, con la concentrazione maggiore di isotopi di stronzio, cesio e plutonio.

Il silenzio sovietico e la corsa ai ripari - Solo il 27 aprile, 36 ore dopo l'incidente, furono evacuati i 45mila abitanti di Pripyat, la cittadina a un passo da Chernobyl, mentre nei giorni successivi circa 130mila persone in un raggio di 30 chilometri dovettero lasciare le proprie case. In totale saranno circa 350mila le persone evacuate dalla regione e costrette a trasferirsi altrove. L'allarme in Europa giunse dalla Svezia il 28 aprile, quando venne registrata radioattività anomala nel Paese. Nei primi dieci giorni successivi alla catastrofe si tentò con ogni mezzo di fermare la fuga radioattiva: elicotteri militari versarono oltre 1.800 tonnellate di sabbia e 2.400 di piombo sul reattore, ma solo il 6 maggio la situazione fu sotto controllo. Migliaia le persone che parteciparono alle operazioni, tra militari e civili.

Si calcola che i "liquidatori", operai, pompieri, soldati, reclutati e volontari, siano stati nei mesi seguenti circa 700mila, provenienti non solo da Ucraina, ma anche da Russia e Bielorussia, repubbliche che all'epoca dell'incidente facevano parte appunto dell'Unione Sovietica. Da Mosca l'ammissione del disastro arrivò solo il 14 maggio da parte del segretario dell'allora Partito comunista sovietico, Mikhail Gorbaciov.

Le vittime - Secondo l'Iaea, furono circa 4mila le vittime causate direttamente dalle radiazioni. La maggior parte di loro erano i cosiddetti "early liquidators", coloro cioè che lavorarono per primi tentando di tamponare i danni. Cifre non ufficiali alzano il numero dei morti sino a 25mila in tutti e tre i Paesi (Ucraina, Bielorussia e Russia) investiti dalla nube radioattiva. Ma certezze non ve ne sono, nemmeno per i numeri delle persone colpite da malattie - cifre sempre non ufficiali indicano 100mila casi di tumore alla tiroide per persone di tutte le età nelle tre ex repubbliche sovietiche - e da disturbi psicologici che possono aver interessato i cinque milioni di persone che anche per un breve periodo sono state esposti a radiazioni sopra la norma appena in seguito alla catastrofe.

Attualmente sono 158 le persone che continuano a vivere nella cosiddetta "zona di esclusione", nel raggio di 30 chilometri dalla centrale. Secondo Greenpeace, sono nove milioni sono le persone che risiedono in regioni ancora contaminate. A trent'anni dall'incidente, la "zona proibita" è diventata meta per gite organizzate che offrono ai turisti la possibilità di arrivare fin sotto il reattore numero 4 di Chernobyl e di visitare la città fantasma di Pripyat.