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Rifugiati, la Convenzione di Ginevra: equità e obbligo di accoglienza

Il documento, datato 1951 e approvato dall'Onu nel 1954, regolamenta il trattamento di chi scappa dal proprio Paese perché in pericolo

basilica rifugiati
ansa

Il trattamento dei migranti in situazioni di guerra è regolamentato da accordi internazionali. Già nel lontano 1951, appena dopo la Guerra, gli Stati dell'Onu avevano sottoscritto le linee guida dell'accoglienza per chi fugge da una situazione di pericolo e discriminazione. Nel testo della Convenzione di Ginevra ricorrono spesso i concetti di rispetto dei diritti umani, giustizia ed equità nei confronti dei rifugiati

Norme generali - Nella prima parte del trattato si definisce il termine 'rifugiato': "Chiunque, nel giustificato timore d'essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole ritornarvi"; la categoria comprende anche gli apolidi che si trovano in situazione di pericolo per gli stessi motivi. Disposizioni di questo tipo non sono applicabili alle persone che hanno commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità. Naturalmente, ogni rifugiato ha l'obbligo di conformarsi alle leggi del Paese in cui viene ricevuto.

L'accoglienza - I Paesi contraenti hanno l'obbligo di accoglienza nei confronti di chi si dichiara perseguitato senza operare discriminazioni riguardo alla razza, alla religione o al paese d'origine.

Divieto di espulsione - Nella Convenzione di Ginevra è scritto a chiare lettere: "Nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche", mentre può farlo per motivi di sicurezza nazionale oppure di ordine pubblico, se il rifugiato commette un crimine o un delitto particolarmente grave o costituisce una minaccia per la collettività. In tal caso l'espulsione deve essere comunicata all'interessato entro un termine adeguato, in modo tale che abbia il tempo di farsi ammettere regolarmente in un altro Paese.

Tasse e sanzioni - I rapporti fiscali sono regolati all'articolo 29 della Convenzione: "Gli Stati contraenti non devono riscuotere dai rifugiati imposte, tasse o diritti di qualsiasi genere, diversi o d'importo superiore a quelli riscossi dai loro cittadini". Chi si vede riconosciuto questo specifico status, inoltre non può essere oggetto di azioni penali nel caso in cui sia entrato nello Stato ospitante in modo illegale, se vi è arrivato direttamente da un territorio in cui la sua vita o la sua libertà erano minacciate, alla condizione che si presenti alle autorità e giustifichi con motivi validi l'ingresso o il loro soggiorno irregolari.

I diritti del rifugiato - Nel Paese accogliente il rifugiato ha diritto di libera associazione e di ricorrere ai tribunali. Inoltre la categoria ha un trattamento speciale riguardante i diritti del lavoro, ad esempio: le norme restrittive che tutelano il mercato del lavoro nazionale o che prevedono programmi di assunzione soltanto per i cittadini non sono applicabili ai rifugiati. La convenzione di Ginevra prevede poi delle regole in materia di educazione e sicurezza che prevedono una una serie di agevolazioni.

Naturalizzazione - Gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione devono rilasciare i documenti d'identità a tutti i rifugiati che risiedono sul loro territorio. Nella Convenzione è prevista poi una norma specifica che incoraggia la naturalizzazione: "Gli Stati contraenti facilitano, entro i limiti del possibile, l'assimilazione e la naturalizzazione dei rifugiati. Essi si sforzano in particolare di accelerare la procedura e di ridurre, per quanto possibile, le tasse e le spese della procedura".