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L'Italia pronta alla missione in Libia: cinquemila uomini per cacciare l'Isis

Sul tavolo ci sono ancora diverse ipotesi di intervento: da quella di inviare un contingente di almeno 5mila uomini che fornisca protezione e addestri il nuovo esercito nazionale a quella di utilizzare solo piccoli reparti delle forze speciali che guidino, sotto la direzione degli 007, gli assalti delle milizie libiche

L'Italia pronta alla missione in Libia: cinquemila uomini per cacciare l'Isis - foto 1
agenzia

L'ultima volta che i nostri soldati hanno calcato il suolo della Libia è stato nel 1943: e allora erano nemici, e per di più perdenti.

Ora, a 73 anni di distanza, si apprestano a tornarvi: questa volta, però, da liberatori. Perché dopo mesi di tira e molla, la "questione libica" ha subito nelle ultime ore un'improvvisa accelerazione dopo la tragica morte di Salvatore Failla e Fausto Piano. E l'Italia si prepara a guidare la missione contro l'Isis.

"Cinquemila uomini dall'Italia" - Secondo l'ambasciatore americano a Roma, John R. Phillips, per stabilizzare l'area "l'Italia potrà fornire fino a circa cinquemila militari. Occorre rendere Tripoli un posto sicuro e far in modo che l'Isis non sia più libero di colpire". In un'intervista al Corriere della Sera il diplomatico spiega che "la mancanza di un governo stabile ha reso la Libia un posto attraente per i terroristi. Non possiamo forzare un accordo, però si va verso un governo di unità nazionale che, sulla base della risoluzione dell'Onu, potrà domandare al vostro Paese e ad altri di andare a Tripoli per creare isole di stabilità e progredire da queste. La Libia è la maggiore priorità per voi ed è molto importante anche per noi. È importante che prendiate la guida dell'azione internazionale".

Pronti in 10 giorni - Azione che potrebbe realizzarsi anche in tempi molto brevi: magari una decina di giorni per avviare la prima fase dell'operazione, stabilendo una testa di ponte in terra d'Africa con un primo contingente che prenda il controllo di un aeroporto. I piani d'intervento sono sui tavoli dei nostri generali da mesi; solo la settimana scorsa però, rivela la Repubblica, si è deciso di avviare la "predisposizione" del contingente dopo la riunione del Consiglio supremo di Difesa al Quirinale. A guidare l'operazione sarà il comando mobile della divisione Aqui, che avrà il proprio comando operativo nei bunker sotterranei dell'aeroporto militare "Francesco Baracca" di Centocelle, a Roma, da dove già sono coordinate tutte le missioni estere italiane.

Guida italiana - Al comando italiano farà poi capo tutta la forza internazionale dispiegata in Libia, costituita dalle nostre unità, da quelle francesi e da quelle britanniche. Mentre gli Stati Uniti, specifica ancora l'ambasciatore Phillips, "uno dei sostegni sarà l'intelligence, non abbiamo discusso di nostre truppe".

Le truppe - In questo quadro generale, la dimensione del contingente italiano e di quello straniero è ancora tutta da definire: se, come sostiene il diplomatico Usa, sarà possibile avere una richiesta ufficiale da parte di un governo di unità nazionale libico, allora l'operazione avrà un obiettivo a lungo termine e dovrà garantire la sicurezza delle infrastrutture collaborando alla formazione di un nuovo esercito unitario libico. Se invece il compito dovesse essere limitato al solo contrasto all'Isis per "espellere" il califfato dalla Libia, potrebbe essere sufficiente un apporto inferiore: probabilmente 3mila uomini in tutto, con un nucleo di 200 uomini delle truppe d'assalto (metà dei quali italiani) ed elicotteri da combattimento. In quest'ottica gli inglesi hanno già schierato a Tunisi (dove potrebbe restare la base avanzata) parte della loro Quarta Brigata, i famosi "Topi del Deserto" che durante la Seconda guerra mondiale diedero filo da torcere agli italiani e ai tedeschi di Rommel. E proprio i tedeschi potrebbero a loro volta inviare una loro brigata.

L'ipotesi "guerra segreta" - Un'altra ipotesi al vaglio degli stati maggiori, rivela La Stampa, è quella di dispiegare non un contingente numeroso ma piccoli drappelli di uomini delle forze speciali, che operino sul terreno alle dirette dipendenze dell'intelligence per guidare e addestrare le milizie libiche, chiamate a dimostrare sul campo il loro desiderio di battere l'Isis e riprendere il controllo del Paese. Nell'area sono già dispiegate le forze speciali americane, britanniche e francesi, mentre quelle italiane sono state autorizzate solo il 10 febbraio, con un decreto firmato dal premier Matteo Renzi, ad essere poste alle dipendenze dei nostri 007. Così uomoini dei reparti d'élite come il Comsubin della marina, il Col Moschin dell'esercito, il Gis dei carabinieri e il 17° stormo dell'aeronautica potrebbero essere utilizzati per combattere l'Isis con le sue stesse armi: non battaglie in grande stile ma una "guerra segreta", fatta di azioni di guerriglia, dietro le linee nemiche, per aprire la strada ad attacchi più massicci da parte dei libici.