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Convertito,"Mio figlio deve morire"

Il padre: "Rinnegare islam è peccato"

Il padre di Abdul Rahman, l'afgano convertito al cristianesimo e rilasciato dal governo di Kabul, ha chiesto che il figlio venga condannato.

"Non è più mio figlio. Ha fatto un'altra scelta. La nostra costituzione si basa sulla sharia. Ma lui ha deciso di rinnegare l'islam e di convertisi al cristianesimo. E' peccato, peccato grave. Deve morire", ha detto Abdul Manan, 64 anni, riportando il pensiero di tutto un Paese.

"Mio figlio è morto tre settimane fa. E' una vergogna per la famiglia e per tutto l'Afghanistan", ha continuato la sua "arringa" il padre dell'uomo finito al centro dell'attenzione internazionali. In caso di liberazione, come poi avvenuto, lo stesso anziano genitore aveva preannunciato che si sarebbe mosso per vie legali. "Faremo causa al governo. Non decide Karzai, decide la sharia, la gente non vuole che sia rilasciato. Tutti vogliono che sia condannato", aveva subito ribadito con forza.

Se il caso Rahman ha suscitato un moto di solidarietà generalizzato nei paesi occidentali, altrettanta rabbia ha scatenato in patria. Al grido di "Morte ai cristiani", centinaia di religiosi, studenti e gente comune hanno manifestato nella città settentrionale di Mazar-i-Sherif, per protestare contro la decisione della magistratura di bloccare il processo contro Rahman.

Per la sua salvezza, invece, è intervenuto il mondo intero: dal presidente americano George W. Bush, a Benedetto XVI, alla presidenza viennese dell'Unione europea e, per l'Italia, il ministro degli Esteri Gianfranco Fini e il sottosegretario agli Esteri, Margherita Boniver. Alte fonti dell'esecutivo di Kabul hanno parlato di "pesanti pressioni a cui è stato sottoposto il presidente Karzai in queste ore da parte di tutti i Paesi donatori e della comunità internazionale più in generale, compresi Stati Uniti, Unione europea e Vaticano".