10:49 - Operaie, contadine, telegrafiste, dattilografe, macchiniste e poliziotte: sono solo alcuni dei lavori svolti dalle donne durante la Prima Guerra Mondiale. La maggior parte degli uomini era stata infatti inviata al fronte per combattere, lasciando scoperte migliaia di posizioni. Nel ricoprirle, quelle che fino al giorno prima erano "soltanto" mogli devote, madri e donne di casa offrirono un contributo fondamentale alla società e all'economia mondiali tra il 1914 e il 1918.

Si calcola che nel periodo della Grande Guerra la manodopera femminile crebbe considerevolmente, passando da 23mila a 200mila unità. I salari, però, s'impoverirono, determinando un vasto malcontento sociale. Quella vissuta dalle donne d'inizio Novecento fu però una vera e propria rivoluzione, che diede una decisa scossa alle distinzioni fra i generi. Il tutto nel contesto di una società in cui il lavoro delle donne costituiva un'eccezione. Grazie alla guerra furono messi in discussione modelli di comportamento e gerarchie fino ad allora ritenuti immutabili.

Le condizioni di lavoro affrontate dalle donne furono in molti casi abominevoli. Ad aumentare incidenti, malattie e aborti spontanei furono in particolare l'abrogazione del riposo domenicale, il mancato pagamento degli straordinari e l'aumento delle ore di lavoro fino a tredici giornaliere. Il settore nel quale le donne furono maggiormente chiamate a sostituire gli uomini fu proprio l'industria bellica e, in particolare, la produzione di munizioni. Qui il pericolo principale era rappresentato dall'esposizione prolungata a sostanze velenose.

All'inizio del XX secolo, le donne non sposate vivevano all'ombra del padre, mentre quelle coniugate erano completamente sottomesse al marito. Alla vigilia della guerra, le donne erano inoltre quasi ovunque prive del diritto di voto e non avevano possibilità di pronunciarsi sulle questioni politiche. Una situazione che, se possibile, esalta ancora di più i meriti delle cosiddette "women war workers".