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Giornata mondiale degli oceani, lʼallarme dellʼOnu: la plastica sta uccidendo i nostri mari

Istituzioni e associazioni ambientaliste lanciano un appello per salvare lʼoro blu del pianeta. Ban Ki-moon: "Servono azioni urgenti su scala globale"

L'8 giugno si celebra il World Oceans Day, la Giornata mondiale degli oceani istituita dall'Onu nel 1992 a Rio de Janeiro durante il Vertice sull'ambiente. Il motto dell'edizione 2016 è "Healthy oceans, healthy planet" ("Oceani sani, pianeta sano"), un appello lanciato e condiviso da istituzioni e associazioni ambientaliste per la salvaguardia dell'oro blu del pianeta. Secondo le Nazioni Unite la minaccia principale per gli oceani è la plastica, che ogni anno inquina le acque con 8,8 milioni di tonnellate di rifiuti.

Lʼ8 giugno si celebra la Giornata mondiale degli oceani

L'appello di Ban Ki-Moon - "C'è bisogno di azioni urgenti su scala globale per alleviare gli oceani dalle molte pressioni che devono affrontare e per proteggerli da pericoli futuri", ha affermato il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon. L'inquinamento prodotto dalla plastica è una minaccia seria, sottolinea l'Onu, "perché ha un impatto notevole sulla salute degli animali marini". Uno studio pubblicato sulla rivista Science evidenzia che le larve di alcuni pesci preferiscono le microplastiche al loro cibo naturale (il plancton), assuefatte come lo sono i ragazzi allo "junk food". Tendenza che ha influito sul loro sviluppo, portando spesso gli animali alla morte.

Degli 8,8 milioni di tonnellate di plastica che si riversano in mare ogni anno, 5,3 provengono dai Paesi dell'area Asia-Pacifico. La Cina da sola ne produce 3,5 milioni di tonnellate. In queste nazioni il riciclo della plastica è poco sviluppato, i rifiuti rimangono nell'ambiente e finiscono in mare. Sacchetti e tappi uccidono circa 100mila animali marini ogni anno, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration americana. Uno studio del World Economic Forum afferma invece che dal 2050 gli oceani potrebbero contenere più bottiglie di plastica che pesci e che il 32% di questi rifiuti a livello globale sfugge ai sistemi di raccolta e viene abbandonata in natura.

Papa: "Proteggiamo gli oceani" - All'appello per la salvaguardia degli oceani si è unito anche Papa Francesco, che su Twitter ha scritto: Proteggiamo gli oceani, che sono beni comuni globali, essenziali per l'acqua e la varietà di esseri viventi!".

I nemici dei mari - Accanto alla plastica, però, i nostri mari sono minacciati anche da riscaldamento globale, pesca intensiva, perdita di ecosistema e inquinamento di vario tipo. Un vero "colpo" per il pianeta, la cui superficie è ricoperta per il 70% proprio dalle acque oceaniche. Gli oceani, ricordano le Nazioni Unite, garantiscono sopravvivenza a tre miliardi di persone e generano circa tremila miliardi di dollari all'anno in termini di risorse e industrie, il 5% del Pil globale. Solo le specie conosciute che li popolano sono 200mila, ma gli abissi potrebbero ospitarne milioni. Gli oceani fanno inoltre da parafulmine agli effetti dei cambiamenti climatici grazie alla capacità di assorbire circa il 30% della CO2 prodotta dall'uomo.

Il flagello del riscaldamento globale - Il riscaldamento globale è un'altra spada di Damocle che pende sulla salute dei nostri oceani. Sorvegliato speciale è l'Artico. Un rapporto di Greenpeace evidenzia che per effetto del riscaldamento della regione, più veloce rispetto al resto del globo, nell'emisfero nord del pianeta potranno aumentare i fenomeni meteorologici estremi. Estati con scarsa copertura di ghiacci artici sono infatti spesso associate a un aumento della temperatura superficiale del Mediterraneo. Inoltre, sottolinea Greenpeace, il ritiro dei ghiacci rende più facile lo sfruttamento delle risorse naturali nel Mar Glaciale Artico: pesca, trasporto marittimo e trivellazioni fanno gola a molti e minacciano la sopravvivenza di questo fragile ecosistema.

Wwf: entro il 2050 addio alle barriere coralline - Con l'attuale livello di riscaldamento e acidificazione dei mari rischiamo di perdere le barriere coralline entro il 2050. A lanciare l'allarme è il Wwf, sottolineando che il "countdown" per il Mediterraneo potrebbe essere già cominciato. Un indicatore è la grande diffusione delle meduse dovuta al riscaldamento delle acque, alla distruzione degli ecosistemi marini e alla modificazione delle catene alimentari prodotto da un pesca eccessiva e insostenibile. Mentre prima si registravano picchi di presenza di meduse ogni 10-15 anni, oggi abbiamo cadenze annuali. I mari e gli oceani, ricorda il Wwf, "assorbono mille volte più calore dell'atmosfera e hanno trattenuto fino ad oggi il 90% dell'energia in più derivante dall'incremento dei gas serra dovuti all'azione umana. Un terzo di quel calore è penetrato fino a una profondità superiore a 700 metri, provocando ingenti danni".

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