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Povertà e inclusione sociale: così il reddito minimo garantito nell'Ue

Riconoscere un compenso minimo a chi ne ha il diritto è una pratica diffusa in Europa, ma non nel nostro Paese

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L'Italia non soddisfa la richiesta dell'Unione europea. Il nostro Paese, infatti, non ha ancora adottato il reddito minimo garantito (da non confondere assolutamente con il salario minimo o il reddito di cittadinanza). Una scelta in controtendenza rispetto agli altri partner europei, che – ognuno a modo loro – riconoscono a chi ne ha il diritto un compenso minimo mensile.

Bruxelles chiede ormai da anni ai Paesi membri di introdurre il reddito minimo garantito, "inteso – come spiegato nel 1992 dalla Comunità economica europea nella raccomandazione 92/441 - quale fattore d'inserimento nella società dei cittadini più poveri". Una richiesta ripetuta in più occasioni (nella comunicazione della Commissione Ue COM (2006) 44, nella raccomandazione 2088/867 CE e nella risoluzione 2010/2039) ed accolta da tutti gli Stati membri dell'Unione europea a 28, eccezion fatta per l'Italia.

Il nostro Paese è infatti l'unico dove il reddito minimo garantito non è stato ancora adottato. Altrove le cose vanno diversamente. Vediamo qualche esempio. In Danimarca, dove lo Stato si dimostra molto generoso, i beneficiari devono obbligatoriamente cercare un'occupazione ed ad accettarla qualora si dimostrasse appropriata alle loro competenze. Pena la sospensione del sussidio, che – a differenza di quanto accade in altri Paesi – non è esentasse e può anche subire una riduzione qualora il beneficiario si assentasse senza giustificazione dal lavoro.

Il reddito minimo garantito nel Regno Unito, la cui durata è illimitata e viene riconosciuto a chi non ha un lavoro full time e vive al di sotto della soglia di povertà, viene regolato in base a diversi fattori: all'età del beneficiario, ad eventuali disabilità e alle risorse che ha a disposizione. Se si possiedono oltre 16mila sterline, il sussidio viene infatti sospeso o ridotto se invece si hanno importi superiori alle seimila sterline.

Il sistema in vigore in Germania è diverso: il diritto al reddito minimo garantito viene riconosciuto ai cittadini tedeschi, ai residenti provenienti da Paesi dell'Unione europea che hanno sottoscritto il Social Security agreement e ai rifugiati politici. Lo Stato si premura tuttavia di condurre una volta ogni sei mesi degli accertamenti sui requisiti di chi beneficia del sussidio, che – in caso di abilità lavorativa – deve (obbligatoriamente) accettare offerte di lavoro congrue alle sue capacità e deve seguire programmi di reinserimento. Il sussidio aumenta però a seconda del numero dei figli e in base alla loro età.

Qualora l'Italia seguisse l'esempio degli altri partner europei, sarebbe chiamata ad affrontare costi consistenti seppur minori rispetto a quelli necessari per introdurre il reddito di cittadinanza, che viene riconosciuto a chiunque. Secondo stime "prudenziali (probabilmente in eccesso)" elaborate dagli economisti Roberto Perotti e Tito Boeri, l'introduzione di un reddito minimo garantito da 500 euro potrebbe richiedere allo Stato una spesa compresa tra gli 8 e i 10 miliardi di euro.