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Pensioni, Ocse ci bacchetta: le riforme non bastano, servono altri sforzi

Oltre la media Ocse "il tasso degli assegni sul salario medio", pari al 79,7%. Elevati i contributi previdenziali versati sul lavoro dipendente

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Nonostante le riforme avviate negli ultimi anni e la crescita prevista dell'età pensionabile in Italia, "la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale richiede ulteriori sforzi negli anni a venire". Lo si legge nel rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015", che sottolinea inoltre come il tasso di sostituzione netto delle pensioni italiane rispetto al salario medio sia pari al 79,7%, di molto superiore alla media Ocse (63%).

E questo accadrà "anche se la normale età pensionabile raggiungerà i 67 anni nel 2019 sia per gli uomini che per le donne e aumenterà automaticamente in linea con la speranza di vita a 65 anni di età dopo il 2018".

"Nel breve periodo ulteriori risorse sono necessarie per ridurre al minimo l'impatto della recente sentenza della Corte Costituzionale", scrive l'Ocse. La sentenza è quella che blocca la perequazione delle pensioni oltre tre volte il minimo nel 2012-2013. "Nel medio e lungo periodo - dice l'Ocse - è necessario stimolare la partecipazione dei lavoratori anziani: ad oggi, l'età effettiva di uscita dal mercato del lavoro rimane la quarta più bassa dell'Ocse e il tasso di occupazione per i lavoratori di età tra i 60 e i 64 anni è pari a circa il 26%, contro il 45% in media dell'Ocse. Eppure molti pensionati oggi ricevono prestazioni pensionistiche relativamente generose nonostante un basso livello di contributi versati".

Oggi i contributi previdenziali sul lavoro dipendente in Italia, al 33% sulla retribuzione, sono al top rispetto ai Paesi dell'Ocse. Dopo di noi viene la Svizzera con il 26,6%, seguita dalla Finlandia al 24,8% e dalla Francia al 21,2%. Anche la spesa pubblica pensionistica in Italia è particolarmente elevata, al 15,7% del Pil cioè un livello quasi doppio rispetto alla media Ocse, dove si arriva all'8,4%. Più di noi spende soltanto la Grecia.

Ocse: dal 2004 gli occupati over 55 cresciuti del 15% - Negli ultimi dieci anni, grazie alle riforme del sistema previdenziale, il tasso di occupazione degli italiani tra i 55 e i 64 anni è cresciuto di 15 punti passando dal 31% al 46%, ma resta ancora molto inferiore a quello della media Ocse (57% nel 2014).

"I sistemi pensionistici - si legge nel rapporto - sono ancora di fronte a numerose sfide, acuite dall'invecchiamento della popolazione, che sta accelerando in molti Paesi. Tuttavia, l'analisi suggerisce anche elementi positivi, in particolare sul fronte del tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 55 e i 64 anni. Quest'ultimo è aumentato in media di 5 punti percentuali nell'ultimo decennio. Nonostante ciò, l'età media effettiva di uscita dal mercato del lavoro rimane sostanzialmente al di sotto della normale età pensionabile in molti Paesi, tra cui l'Italia. Al contrario, i lavoratori restano più a lungo nel mercato del lavoro in Corea, Messico, Islanda e Giappone".

"Circa metà dei Paesi Ocse hanno preso provvedimenti per migliorare la sostenibilità finanziaria dei loro sistemi pensionistici negli ultimi due anni. Nonostante gli stretti vincoli di bilancio, sono stati compiuti sforzi per migliorare l'adeguatezza dei redditi pensionistici per i gruppi più vulnerabili. L'obiettivo principale delle recenti riforme è stato quello di ritardare il momento del pensionamento innalzando l'età pensionabile prevista dalla legge, rendendo più difficile il prepensionamento e aumentando gli incentivi per lavorare più a lungo. Questi cambiamenti potrebbero avere complessi effetti distributivi, poiché la capacità di lavoro in età più avanzate e la speranza di vita possono variare in funzione delle caratteristiche socio-economiche individuali".