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Investimenti in ripresa grazie alle imprese

Non mancano fattori di incertezza che potrebbero mettere a rischio la graduale crescita degli investimenti

Un rapporto della BEI sostiene che la ripresa degli investimenti nell'Unione europea non procede di pari passo a quella dell'economia complessiva, che cresce (seppure ad un ritmo ancora lento) più velocemente.

Dal report della Banca europea per gli investimenti – l'indagine ha coinvolto 12.500 imprese, sparse nell'UE, di cui 622 italiane –, emerge che nell'ultimo triennio, grazie soprattutto al contributo delle imprese, gli investimenti sono aumentati del 3,1% annuo. Una percentuale inferiore al tasso medio registrato prima dell'inizio della crisi economica. Ma “ben al di sotto” dei tassi di crescita degli investimenti durante i periodi di ripresa post-crisi finanziarie, osserva il report.

L'incremento non ha coinvolto tutti i Paesi europei in egual misura, però: alla metà del 2016, gli investimenti nei “Paesi centrali” – termine con il quale lo studio indica le economie meno colpite dalla crisi economica (Belgio, Germania, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito…) – avevano raggiunto i livelli precedenti alla crisi economica.

Nei “Paesi periferici” – oltre all'Italia, l'elenco comprende Cipro, Grecia, Spagna, Irlanda, Slovenia e Portogallo – gli investimenti sono ancora inferiori del 27% al livello pre-crisi.

Le imprese hanno contribuito in misura maggiore alla (lenta) ripresa degli investimenti rispetto ai governi e alle famiglie. Ciò vale tanto nei “Paesi centrali”, dove gli investimenti delle imprese hanno raggiunto il picco pre-crisi, quanto in quelli “periferici”. Tuttavia il rapporto tra gli investimenti delle imprese e il Prodotto interno lordo (PIL) rimane inferiore alla media registrata tra il 1999 e il 2005.

Non mancano fattori di incertezza che potrebbero mettere a rischio la ripresa graduale degli investimenti. La BEI indica il declino della crescita di produttività, i livelli relativamente bassi di investimento in immobilizzazioni immateriali – ovvero gli investimenti in ricerca&sviluppo, brevetti, innovazione… – e il calo di quelli in infrastrutture, passati dal 2,3% all'1,7% del PIL dal 2009, ma l'elenco include anche le difficoltà di accesso al credito bancario. E ciò vale soprattutto per le imprese italiane, che dipendono più delle concorrenti europee da fonti di finanziamento esterno (il 45 contro il 36%): il 9% degli imprenditori italiani, coinvolti nell'indagine, ha difficoltà a ottenere dei finanziamenti.