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Lavoro: i giovani continuano ad essere i più svantaggiati

Anche la componente femminile presenta non poche difficoltà, diminuiscono le donne occupate e aumentano quelle inattive

Lavoro: i giovani continuano ad essere i più svantaggiati - foto 1
ansa

I dati dell'Istat su occupati e disoccupati a luglio, stavolta non particolarmente positivi, riflettono una situazione poco lusinghiera per i giovani, al di là del rialzo del tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), ora pari al 39,2%, in aumento cioè di due punti percentuali rispetto al mese precedente.

Considerando che l'Istituto nazionale di statistica puntualizza, come di consueto, che dal calcolo del tasso di disoccupazione giovanile sono per definizione esclusi i giovani inattivi, vale a dire coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, nella maggior parte dei casi perché impegnati negli studi (è allora l'incidenza dei giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni che deve interessarci, pari al 10,4%), a destare maggiore preoccupazione sono le classi di età immediatamente successive.

Se tra gli over 50 l'occupazione aumenta ancora, il tasso di occupazione a luglio cala tra i 25-34enni (-0,4 punti percentuali), mentre rimane stabile nella classe 35-49 anni. Di contro, tra i 25-34enni, aumenta il tasso di disoccupazione (+0,5%), tanto su base congiunturale che su base tendenziale.

In valori assoluti, se consideriamo le variazioni tendenziali (quindi da luglio 2015 a luglio 2016), risultano persi 145 mila posti di lavoro nella fascia centrale 25-49 anni, quella che in altre parole dovrebbe rappresentare lo zoccolo duro della forza lavoro: diecimila posti in meno tra i 25-34enni, 135 mila tra i 35-49enni.

Oltre ai più giovani, sono le donne a mostrare i principali svantaggi. Nella sua nota l'Istat osserva che il calo degli occupati registrato a luglio è attribuibile a entrambe le componenti, maschile e femminile, ma per quest'ultima il trend si avverte in maniera più consistente.

In generale in calo risultano essere anche i disoccupati (-39 mila), ma c'è da tenere in considerazione l'aumento – non indifferente – degli inattivi (+53 mila; gli inattivi sono le persone che l'Istat non classifica come occupate o in cerca di occupazione). Nella componente femminile il trend è ancora più marcato: sono -51 mila quelle occupate a fronte di un aumento di 52 mila unità nella categoria degli inattivi.