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Imprese: ancora in calo la natalità, ma rallentano le cessazioni

Nel primo trimestre del 2015 il saldo tra aperture e cessazioni è risultato negativo anche se meno consistente in confronto con il passato

lavoro economia fabbrica catena montaggio
lapresse

I dati di Unioncamere rispecchiano le difficoltà del momento: da tempo il saldo – la differenza che deriva da natalità e mortalità dell'impresa – risulta negativo.

Tuttavia nel primo trimestre del 2015, specie a fronte di un sensibile rallentamento delle cessazioni d'impresa, il saldo è risultato meno consistente rispetto al passato.

Secondo Movimprese, l'analisi statistica trimestrale condotta da InfoCamere sulla base del Registro delle imprese per conto di Unioncamere, tra gennaio e marzo 2015 il saldo tra le nuove imprese e quelle che hanno cessato la propria attività è stato pari a -18.658 unità. Detto altrimenti: il numero delle imprese, che hanno cessato la propria attività, è stato superiore a quello delle imprese che hanno deciso di avviarne una. Una notizia parzialmente positiva c'è: seppur negativo, infatti, il saldo è meno consistente rispetto agli anni precedenti. Nel primo trimestre del 2014, ad esempio, fu pari a -24.490 unità.


Durante i primi tre mesi dell'anno – un periodo tradizionalmente caratterizzato da un bilancio negativo tra iscrizioni e cessazioni d'imprese, a causa del concentrarsi di queste ultime sul finire dell'anno precedente, osserva Unioncamere – sono nate 114.502 nuove attività: 872 in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Si tratta della quarta contrazione consecutiva del numero delle nuove imprese iscritte nei registri delle Camere di commercio.



Diversamente è andata sul fronte delle chiusure: a conti fatti, la riduzione delle cessazioni di imprese esistenti è stata più sensibile. Tra gennaio e marzo, infatti, hanno chiuso la propria attività 133.187 imprese: il valore più contenuto dell'ultimo decennio, sottolinea Unioncamere. Secondo cui quanto accaduto nel primo trimestre (un saldo negativo tra aperture-chiusure meno considerevole rispetto agli scorsi anni) rispecchia il momento storico-economico attraversato dall'Italia. E così mentre da una parte si registrano (timidi) segnali di ripresa, dall'altra si continuano a pagare gli effetti (negativi) della crisi economica.


Del resto le difficoltà per le aziende non sono svanite nel nulla. L'accesso al credito, la principale fonte di finanziamento delle imprese, risulta ancora molto difficile: per Confesercenti, tra dicembre 2014 e febbraio 2015, si è registrata una contrazione media dello stock dei crediti concessi alle imprese non finanziarie del 2,5% su base annua. E così mantenere in vita la propria attività o essere puntuali nei pagamenti (secondo Crisis D&B, due aziende su tre sono in ritardo nel saldare quanto dovuto) è sempre più difficile.


Qualche timido segnale di miglioramento sembra esserci comunque: secondo l'Istat, ad esempio, a marzo la fiducia delle imprese è tornata a crescere, fino a toccare il suo livello più alto dal luglio del 2008. Una crescita che ha coinvolto tutti i settori, osserva l'Istituto di statistica: dalla manifattura alle costruzioni, passando per i servizi di mercato.