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Perché ridurre il debito pubblico

Eppure unʼanalisi della Cassa depositi e prestiti sostiene che una riduzione del suo rapporto con il PIL garantirebbe dei benefici

Nei giorni scorsi la Banca d'Italia ha certificato che il debito pubblico italiano è sceso leggermente tra agosto e settembre (-12 miliardi di euro) per fermarsi a 2.212 miliardi.

Ma le buone notizie finiscono qui.

Se si considera un arco temporale più ampio, il discorso prende una piega diversa: da gennaio a settembre 2016 il debito pubblico è cresciuto di 39,9 miliardi. Eppure un'analisi della Cassa depositi e prestiti (CDP) sottolinea che una riduzione del suo rapporto con il PIL garantirebbe benefici.

Un'analisi di Unimpresa rivela che, degli oltre 2.200 miliardi di debito pubblico italiano – lo studio si basa sui dati relativi ad agosto –, il 30% è in possesso di investitori stranieri (743 miliardi). Mentre il resto è diviso tra le famiglie (115 miliardi di euro, pari al 5% del debito complessivo), le banche (661 miliardi, 29%) e le assicurazioni italiane (467 miliardi, 21%).

Una piccola porzione è in possesso della Banca d'Italia (236 miliardi di euro, 10%). Anche se, nota lo studio, nell'ultimo anno la quota di via Nazionale è raddoppiata: lo scorso anno aveva 142 miliardi, pari al 6%. Particolarmente importante, poi, il rapporto tra il debito pubblico e il Prodotto interno lordo che, secondo l'ISTAT, alla fine del 2015 era pari al 132,3% (+0,4% rispetto al 2014).

Dunque oltre la soglia prevista dal Trattato di Maastricht – il primo parametro del trattato prevede che il debito pubblico non deve superare il 60% del PIL – e a quanto suggerito dal Rapporto sulla finanza locale della Cassa depositi e prestiti. La CDP sostiene che gli effetti positivi degli investimenti pubblici tendono a perdere la loro efficacia – il capitale pubblico ha un impatto positivo sulla crescita della produttività, si legge nel report – quando il rapporto tra il debito pubblico e il PIL si avvicina all'80%, per poi diventare definitivamente negativi una volta oltrepassata tale soglia.

Restarne al di sotto, senza rinunciare agli investimenti pubblici, diventa fondamentale. Secondo la CDP, una riduzione del rapporto debito pubblico/PIL pari al 5% all'anno – il target previsto dal Fiscal Compact – consentirebbe all'Italia di tornare, nell'arco di dieci anni, a un livello di debito pienamente compatibile con un effetto positivo del capitale pubblico sulla crescita dell'economia.