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Blocco pensioni, il governo pensa a uno stop sopra i 2.300 euro

La sentenza della Consulta ha bocciato il blocco della rivalutazione. In ballo ci sono 8-10 miliardi di euro, una cifra che rischia di trasformarsi in un boomerang per i conti pubblici. Il governo sta cercando soluzioni per cercare di attenuare

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-afp

Dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato il blocco della rivalutazione "creando" un buco da 8-10 miliardi di euro, il dossier pensioni arriva sul tavolo del governo. Tra le ipotesi: rivalutare l'importo dalle tre volte il minimo (circa 1.500 euro lordi) a un livello più alto (oltre 5-6 volte), in modo da ridurre le somme da ridare. Si arriverebbe così a 2.342 euro: al di sotto recupero dell'inflazione, al di sopra rivalutazione minima.

Tra le ipotesi, anche la possibilità di procedere alla restituzione di quanto dovuto a rate in un certo numero di anni, in modo da diluire l'impatto sulle finanze pubbliche.

Il nodo è innanzitutto finanziario. Resta poi da vedere se il governo interverrà o meno con un decreto legge. Per quanto riguarda i rimborsi ai pensionati, tra le ipotesi, si potrebbe procedere alla restituzione di quanto dovuto (sarà l'Inps a ricalcolare gli assegni) a rate in un certo numero di anni, in modo da diluire l'impatto sulle finanze pubbliche.

Ma si potrebbe anche rimodulare l'intervento spostando l'asticella del blocco della rivalutazione dall'importo oltre tre volte il minimo (circa 1.500 euro lordi al mese, bocciato dalla Corte costituzionale) ad un livello più alto (ad esempio oltre cinque-sei volte), in modo da ridurre le somme da ridare.

Con il blocco della rivalutazione, negli anni 2012-2013 i risparmi sono ammontati a 8,2 miliardi (circa 3,8 miliardi nel 2012 e 4,4 miliardi nel 2013) che, "spalmati su 5,2 milioni di trattamenti interessati, ha determinato una riduzione media pro-capite di 1.584 euro", afferma l'esperto di welfare e docente di diritto del Lavoro, Giuliano Cazzola. Ma a pesare non sarebbero solo i rimborsi per gli anni in cui il blocco è stato dichiarato incostituzionale (2012 e 2013 appunto), ma anche quelli per i mancati esborsi degli anni successivi, in una sorta di effetto trascinamento. Di qui il conto che potrebbe salire ulteriormente fino a sfiorare i 10 miliardi di euro.