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"L'attacco dei leoni mangiatori di uomini"

Una storia vera raccontata da Wilbur Smith, re dei romanzi d'avventura e di azione Un episodio dellʼinfanzia dello scrittore, raccontato dalla sua magistrale penna

Ufficio stampa

Wilbur Smith, 122 milioni di copie nel mondo, 23 milioni solo in Italia, ci racconta un episodio della sua infanzia in Africa, un attacco di leoni mangiatori di uomini durante un safari. Le foto sono scatti originali e inediti dal safari. Il 31 gennaio uscirà in Italia in anteprima mondiale per Longanesi il 34° romanzo di Wilbur Smith, Vendetta di sangue. Leggi il racconto inedito di Wilbur Smith:

"Il primo eroe che ho conosciuto è stato mio padre. Era un uomo d'azione, ma sapeva usare tanto le mani quanto la testa. Ha iniziato che aveva soltanto una dotazione di strumenti artigianali e tanto coraggio e determinazione. Quand'ero piccolo, aveva già avviato una fiorente fabbrica di lamine metalliche nel Copperbelt (la Cintura del rame), nell'attuale Zambia, dove costruiva tubature per i sistemi di ventilazione che portavano l'aria fresca in fondo alle miniere di rame.

Nel mese di luglio l'azienda di famiglia restava chiusa. I tre grossi camion Ford, che durante gli altri undici mesi dell'anno trasportavano carichi di tubature per la ventilazione, venivano caricati di tende e strumenti vari, sedie e letti pieghevoli, pentole e tegami per la cucina da campo di mia madre, fucili e asce, e venti, trenta operai di papà scelti per la loro capacità di sopravvivere e di muoversi nei territori impervi. Papà si metteva alla testa del convoglio e dall'alto dell'abitacolo del camion lanciava il tradizionale urlo di “Akwende Safari! Mettiamoci in marcia!”.

Uno dei ricordi di quei mitici giorni in cui mio padre rifulgeva come un eroe è la notte in cui i terribili leoni mangiatori di uomini irruppero nel nostro campo. Quattro giorni prima un messaggero era giunto dal quartier generale del Commissario distrettuale, a cinquanta miglia di distanza. Portava una lettera in cui si diceva che un branco di tre leoni sanguinari stava seminando la morte nel distretto. Avevano già sbranato più di venti indigeni che non erano riusciti a difendersi. Visto che mio padre era un famoso cacciatore della zona, il Commissario distrettuale gli chiedeva di estirpare quella minaccia. Papà non dovette aspettare molto per compiere il proprio dovere. L'odore della carne fresca che si seccava al sole e i versi delle iene portarono i leoni dritti al nostro accampamento.

Mi svegliai nel sacco a pelo in mezzo al disordine e alle grida. Il leone maschio dalla criniera scura era entrato furtivamente nel campo, facendosi strada con la forza tra la barricata di rami che avevamo innalzato per proteggerci. Quando vide le guardie del campo addormentate intorno al fuoco, spostò la propria attenzione dalla carne secca sulle rastrelliere al suo cibo preferito: la carne umana. Peter si svegliò con il leone che incombeva su di lui. Anche Peter era uno dei miei eroi. Invece di urlare e coprirsi la testa con la coperta, afferrò l'ascia al suo fianco. L'animale ruggì e si lanciò su di lui. L'ascia, brandita sopra la testa, attirò l'attenzione del leone. La belva serrò le zanne sull'arma invece che sul braccio. Il ruggito del leone e l'urlo di Peter svegliarono tutto l'accampamento ed esplose il caos. Mio padre balzò in piedi dalla branda con la sola camicia del pigiama. Con una mano prese il fucile che teneva sempre accanto al letto e con l'altra afferrò la torcia lì vicino. Ancora mezzo addormentato inciampò nel telo della tenda e finì con la faccia dritto sul palo. Aveva un naso importante e nell'impatto si ruppe la cartilagine. Quell'urto accidentale lo svegliò del tutto. Fece un passo indietro e il leone, ruggendo e digrignando i denti, lo attaccò. 

Fu allora che sbirciai dal telo della tenda dove dormivo insieme a mia sorella. Feci appena in tempo a vedere la bestia con l'ascia ancora tra le mascelle che caricava mio padre. C'era polvere dappertutto, una trentina di uomini urlava, tre leoni ruggivano e io piangevo perché il mio adorato padre stava per essere sbranato. Questo è quel genere di situazione in cui gli eroi mostrano tutto il loro valore. Senza pantaloni, esibendo la propria nudità al mondo, con il sangue che gli colava dal naso ferito, papà tenne testa al leone maschio che l'assaliva. Gli puntò la luce addosso e sparò con il fucile nell'altra mano come se fosse una pistola, centrandolo in pieno petto. Vidi l'enorme carcassa cadere a terra e rotolare ai piedi di papà in una nube di polvere: adesso la belva era immobile. Con grande sangue freddo abbassò la torcia per ricaricare l'arma e nella penombra scaricò altri due colpi. A ogni colpo cadde una leonessa. Fu allora che proruppe in una selvaggia danza di guerra, lanciando una serie di urla lancinanti e scalciando nell'aria con i piedi nudi. Solo più tardi capimmo che non era una danza trionfale, ma che mio padre era finito sui carboni ardenti del bivacco sparsi per il campo e le braci si erano attaccate alle piante dei piedi.

Ho una foto sbiadita scattata la mattina dopo con la Box Brownie di mia madre. Io e mio padre siamo inginocchiati l'uno accanto all'altro, ciascuno regge la testa di un leone morto. Peter è in piedi sullo sfondo, vicino alla jeep da safari. Avvolto nella sua coperta, sfoggia un aspetto eroico e distaccato. Finalmente mio padre ha i pantaloni del pigiama, ma il naso è sempre tumefatto e ferito. Io porto uno dei suoi cappelli, imitandone l'espressione fiera ed eroica. Ecco a voi un bel terzetto di eroi. Un giorno racconterò la storia di mio padre".