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Arrivano in libreria i voraci "Pescecani" di Mario Giordano

Lʼultimo lavoro del direttore del Tg4 inchioda "quelli che si riempono le tasche alle spalle del paese che affonda". In anteprima per Tgcom24 lʼintroduzione del volume

pescecani, giordano
tgcom24

Il nababbo di Treviso? Possiede 163 motociclette, 155 bici da corsa, 70 fra yacht e motoscafi e 493 auto, compresa la Jaguar di Diabolik. Tutto gelosamente custodito in una decina di capannoni. Collezionismo estremo: per soddisfarlo, ha sottratto 40 milioni di euro alle banche e messo 700 dipendenti sulla strada. Il Corona di Arzignano? Guadagnava 9 milioni di euro, denunciava al fisco 177 euro. Lo 0,0001 per cento. Il suo mito? Il re dei paparazzi Fabrizio Corona. La sua vita? Una cavalcata tra eccessi, belle donne e champagne. Le tasse? "Una parola complicata." Si sente un evasore? "Dov'è il problema? No go copà nisun." Non ha ammazzato nessuno. Eccoli qui i "Pescecani" raccontati nel libro del direttore del Tg4 Mario Giordano, quelli che negli ultimi anni si sono arricchiti alle spalle degli italiani che tiravano la cinghia.

Pare che siano sempre di più e i dati parlano chiaro: la crisi non ha aumentato solo le differenze tra ricchi e poveri, ma anche la percentuale di chi fa soldi in modo illegale. E il rischio è che, voraci come sono, i pescecani si stiano impadronendo del Paese. Che siano proprio loro a comandare, del resto, è apparso evidente quando è saltato il tappo della Cupola di Roma. E a chi chiede perché i problemi non si risolvono, ecco spiegata la ragione: perché ci sono loro, i pescecani, che nei nostri problemi ci sguazzano. E fanno soldi. Molte delle storie che leggerete in queste pagine vi faranno arrabbiare. Molte vi faranno sorridere.

In anteprima per i lettori di Tgcom24 le pagine introduttive di "Pescecani" che esce martedì 10 marzo

"Accendere un sigaro con una banconota, sdraiato su una pelle di zebra con una sciarpa di pelliccia e una bottiglia gigante di vodka: vita difficile, eh?" Nell'anno più nero, nel pieno della crisi, con la gente che non ce la fa più ad arrivare alla fine del mese e le famiglie che si arrampicano giorno dopo giorno sulla loro disperazione, questa foto appare sui social network come uno schiaffo alla povertà. Un insulto alla miseria. Fa parte della collezione dei Rich Kids, i ragazzi ricchi, che hanno pensato bene di rappresentare le loro faraoniche imprese del 2014: uno si immortala mentre versa Dom Perignon nella ciotola del cane (il diritto di Fido a caviale&champagne), un altro lo usa per fare il ragù, uno mostra una sobria Mercedes tutta ricoperta di oro massiccio, uno la collezione di venti Rolex accompagnati dall'amletico dubbio: "Quale scelgo oggi?".

C'è chi esibisce la paghetta appena ricevuta dalla mamma: 30.000 euro. C'è chi prenota un elicottero per andare a giocare a tennis. C'è chi ordina una Mathusalem di champagne rosé da 50.000 euro. E c'è chi pubblica orgoglioso il conto di una cena a Saint-Tropez da 6000 euro a persona. Bon appétit. Le foto arrivano da tutto il mondo: Costa Azzurra, Miami, Capri, Singapore, New York, costiera amalfitana. Poca differenza fa. Sono tutte simili: ci sono le auto più lussuose, le piscine più sfarzose, la ricchezza più ostentata. Sono gli "ubriachi di soldi", come sono stati definiti, che fanno a gara a chi beve più denaro, alla faccia di chi muore di sete. Oro, Ferrari, smeraldi e aragoste a gogò. Per altro non se ne vergognano nemmeno un po'.

Anzi, se ne vantano. Il loro motto è: "Con la crisi solo i poveri diventano più poveri". E fa effetto vedere che in Italia, a un certo punto, la pagina Internet dei Rich Kids, i ragazzi ricchi, viene sponsorizzata dal Conad ("persone oltre le cose") e dal servizio sanitario dell'Emilia Romagna. Sembra l'ultima beffa. L'ultimo affronto alle persone che in quei supermercati faticano a pagar la spesa. E che in quelle Asl versano ticket sempre più pesanti. Possibile che i soldi spremuti a chi è allo stremo possano essere girati a chi ostenta spreco di caviale beluga e champagne per Fido?

Con la crisi solo i poveri diventano più poveri. I ricchi, al contrario, diventano sempre più ricchi. Non c'è bisogno di scomodare il fin troppo citato economista Thomas Piketty per vedere che la recessione ha fatto aumentare le differenze. E le differenze sono aumentate di più proprio dove la recessione è stata più dura. Nel 2013 in Italia c'erano 203.000 persone con un patrimonio superiore al milione di euro: 28.000 in più dell'anno precedente. I super-ricchi che possiedono 22 milioni di euro sono 3000, il doppio della media europea. E il trend continua: fra il 2013 e il 2014, mentre la ricchezza italiana continuava a diminuire, la ricchezza dei nostri supermiliardari è aumentata del 18,6 per cento. Cioè ben più che nel resto del mondo (12 per cento).

È giusto? Non è giusto? Ci dobbiamo abituare? Non preoccupatevi: non è il tema di questo libro. Certo fa effetto leggere che l'ex amministratore delegato di Luxottica Andrea Guerra, lasciando l'azienda nel settembre 2014, avrebbe avuto una liquidazione di 170 milioni di euro, l'equivalente di 7727 anni di lavoro di un operaio. Così come fanno effetto i 27 milioni che Luca Cordero di Montezemolo ha ottenuto dalla Ferrari (salvo andare subito a piazzarsi sulla poltrona di presidente Alitalia). Evidentemente non sono stati per tutti anni di rinunce e sobrietà.

Sempre nel settembre 2014, al matrimonio dell'imprenditore Marco Carrai, uno degli uomini più vicini a Renzi, c'erano 350 invitati, 3 liste nozze, 100.000 euro di regali, fra cui un vassoio da 6800 euro, un backgammon da 890 euro e un centrotavola da 2940 euro. Per celebrare il loro decimo anniversario di nozze Jaki Elkann e Lavinia Borromeo hanno invitato 250 vip, tenendo impegnate decine di agenti e carabinieri. Ai quali, sia detto per inciso, viene sempre ripetuto: aumenti di stipendio? Non è possibile, non ci sono soldi… I soldi, invece, evidentemente ci sono. Infatti non si bada a spese per le feste chic, lo sfarzo funziona sempre, per farlo digerire basta dargli una pennellata pseudoculturale. La Ferrari nel giugno 2013 organizza un megaevento, sequestrando Ponte Vecchio, la Morgan Stanley nel maggio 2014 si prende la sala capitolare trecentesca di Santa Maria Novella, le spiagge di Anacapri vengono requisite a uso privato (agosto 2014) per fare in modo che Pupo possa cantare Happy Birthday dal vivo al festeggiato.

Non è difficile: la crisi umilia anche le nostre bellezze, il nostro patrimonio storico, i nostri tesori. L'Italia soffre, l'Italia s'offre. A poco prezzo. Sempre nell'agosto 2014 banchieri, finanzieri e guru della new economy hanno occupato il parco di Selinunte in Sicilia per la festa di Google: sono arrivati con aerei privati e velieri, hanno fatto sfilare David Beckham, Eva Longoria e Jovanotti, hanno ingaggiato lo chef di grido per rosolare il pesce all'ombra del tempio di Giunone, illuminato con impianti ad hoc. Hanno speso cifre folli. E sapete quanto è entrato nelle casse italiane? Appena 7000 euro. Settemila euro per l'affitto di uno dei posti più belli del mondo. Poco più del salone interrato di un hotel di periferia.

Poi dicono che per conservare i nostri tesori non ci sono soldi… Certo: non ci sono soldi per evitare che Pompei crolli o che le frane inghiottano il Paese. Non ci sono soldi nelle tasche dei comuni mortali. Non ci sono soldi per alzare le pensioni al minimo. Non ci sono soldi per sistemare gli ospedali o le scuole. Ma i soldi per comprare l'ex residenza di Coco Chanel a Cap Martin che vale 52 milioni di euro o una dimora sul lago di Como (da ristrutturare) a 39 milioni di euro, scommettete che si trovano? L'annuncio compare su 'Panorama», nella piccola lista delle occasioni, insieme a un attico a New York da 90 milioni e a una villetta a Londra da 194 milioni. Vi spaventano queste cifre? Macché, il lusso tira, il lusso regge, il lusso va in controtendenza: dal 2010 al 2013, secondo i dati di Altagamma, il valore della produzione fashion è cresciuta del 28 per cento. Con la crisi solo i poveri diventano più poveri. E forse per questo proprio nel settembre 2014 'Il Sole-24 Ore» lancia 'How to Spend It», la rivista patinata del lusso, dove si possono trovare oggetti non proprio alla portata di tutti: uno stivaletto in camoscio e oro da 4100 euro, una scacchiera da 15.200 euro, un blouson in pelle da 4200 euro da abbinare a una T-shirt da 360 euro, un orologio Chanel da 210.000 euro.

Indimenticabile il servizio pubblicato da 'How to Spend It» nell'autunno 2014, proprio nei giorni in cui i dati dell'economia confermavano la peggior recessione mai conosciuta nel nostro Paese: era dedicato ai 'corretti abbinamenti». Ci può essere una 'singolare simmetria tra auto e gioielli, come se esistessero anche lì coppie ideali, bilanciate nello stile, nel gusto e nella spesa», spiegava l'autore. E poi via con gli esempi: ti compri la Ferrari California? Devi inevitabilmente regalare un anello in oro bianco con cammeo in calcedonio intagliato del XIX secolo. Sali su una Porsche 911? Non puoi fare a meno di "Ma Bague" in oro bianco con 273 diamanti di Dior Joaillerie. Sono coppie bilanciate, si capisce. Nella spesa e soprattutto nel gusto. Non bisogna fare i moralisti. Se le vendite crescono, vuol dire che qualcuno compra. Se c'è quest'offerta, evidentemente c'è una domanda. E sicuramente è bene che ci sia, perché se i soldi girano si crea lavoro, si crea benessere, anche se non per tutti.

Forse dovremo abituarci a queste differenze sempre più marcate, alle file di italiani che affollano la mensa dei poveri accanto agli hotel sempre più lussuosi, pezzenti da una parte, Rolls-Royce dall'altra. Però, di fronte alle ricchezze che continuano a crescere, non può non venire voglia di andare a vedere come sono nate. Da dove vengono. Come sono state costruite. Perché, vedete, in fondo il discorso è uguale a quello che facemmo a suo tempo per le Sanguisughe: il problema, abbiamo detto allora e ripetiamo ora, non sono le pensioni d'oro, ma i trucchi e i furti con cui si sono formate. Allo stesso modo, qui il problema non è la ricchezza in sé, ma il modo in cui s'è formata. E allora non possiamo fare a meno di registrare un altro dato incontrovertibile: negli anni della crisi i reati finanziari si sono moltiplicati. Lo rivela sempre 'Il Sole-24 Ore», il 6 ottobre 2014, elaborando i dati di 43 Procure fra il 2012 e il 2014: fatture false +5,8 per cento, mancato versamento Iva +17,9 per cento, dichiarazioni fraudolente +15,6 per cento, dichiarazioni infedeli +29 per cento.

E poi tangenti, appropriazioni indebite, malversazioni. L'Italia, come è noto, ottiene solo un umiliante 69° posto nella classifica mondiale della corruzione, dietro a Paesi come Ghana, Georgia, Croazia, Turchia e Ruanda. E la corruzione ci costa lo 0,8 per cento del Pil l'anno: se l'avessimo ridotta al livello della Francia, per dire, nel 2014 avremmo avuto 300 miliardi in più… Ecco: il tema è tutto qui. Se ai tempi della crisi uno s'arricchisce legalmente, al massimo lo si può invidiare. È stato bravo, capace, fortunato. Ma se ai tempi della crisi uno s'arricchisce illegalmente, diventa uno sciacallo. Un pescecane. Uno che si nutre della debolezza altrui. Uno che nuota nel sangue dei suoi simili. Uno che trasforma la morte degli altri in un ghigno prepotente. Chi ruba è sempre da condannare, ma chi ruba per sbattere in faccia alla miseria altrui lo champagne da 50.000 euro o la bague in oro bianco con 273 diamanti Dior non si può sopportare.

Il problema è che, negli ultimi anni di crisi galoppante, questi soggetti si sono moltiplicati. E ho il sospetto che si stiano progressivamente impadronendo del Paese, alla faccia della politica, debole e corrotta, e dei suoi rappresentanti, che continuano a parlare parlare parlare senza combinare mai nulla. Che siano i pescecani a comandare e non i politici è apparso evidente a tutti nel dicembre 2014, quando è saltato il tappo della Cupola mafiosa di Roma: i due capi, Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, cioè Er Cecato e l'uomo delle coop, infatti, tiravano le fila degli affari qualsiasi giunta ci fosse. Veltroni? Alemanno? Marino? Mica faceva differenza. Destra o sinistra, centro o laterale, bianchi, neri, ros- si o gialloblù, a loro non è mai importato nulla. I pescecani dettano legge comunque. Trafficano comunque. Si spartiscono la torta, fanno affari. E decidono. Decidono sempre. Ovviamente soltanto nell'interesse loro.

Quante volte mi sono sentito chiedere: ma perché le cose non cambiano? Perché i problemi non si risolvono? Ecco perché le cose non cambiano. Ecco perché i problemi non si risolvono. Perché ci sono i pescecani. Che sui nostri problemi ci guadagnano. Nei nostri guai ci sguazzano. Non hanno interesse che si risolva il problema dell'immigrazione, perché sull'immigrazione fanno soldi. Non hanno interesse che si risolva il problema dei rom, perché sui rom fanno soldi. Non hanno interesse che si risolva il problema della burocrazia, perché sulla burocrazia fanno soldi. "Ci hai messo tre giorni a sbloccare una pratica che aspettavo da tre anni" dice ammirato un imprenditore a uno di loro, in un'intercettazione. Tre giorni, tre anni. La differenza è tutta lì: è nel centro dell'inefficienza che si esercita il potere assoluto dei pescecani. Loro stessi la chiamano "terra di mezzo".

È la terra che sta a metà fra il mondo di sopra, quello della politica indebolita, e il mondo di sotto, quello dei cittadini oppressi e depressi. Ed è la terra di mezzo che comanda, da Roma all'Expo, dal Mose alle banche, una terra di mezzo torbida e confusa, di interessi intrecciati da sempre, di collusioni e connivenze antiche. Fateci caso: da Tangentopoli a oggi rispuntano gli stessi nomi, le stesse aziende, le stesse procedure. E ai vertici delle banche malate ci sono sempre le stesse persone. Puoi votare chi vuoi, puoi eleggere chi vuoi: cambiano le targhette fuori dalle giunte, ma nella terra di mezzo non cambia mai nulla. Loro sono sempre lì, vero cancro d'Italia, a garantire la continuità del male. E a generare le cellule malate che ormai stanno dilagando e si apprestano a ucciderci. Ho passato l'intera vita professionale a denunciare i vizi della politica.

E continuerò fin che posso a scoperchiare il pentolone infinito dove cuociono senza sosta inefficienze di palazzo, sprechi poco onorevoli, magna magna regiona- li, poltronifici municipali, assurdità, vitalizi, doppi vitalizi, indecenze varie. Ma paradossalmente penso che oggi la politica, a forza di rovinarsi con la propria corruzione e la propria incapacità, sia diventata troppo debole. Così debole che lascia completamente spazio a poteri altri, ai tangentari e ai banchieri malfattori, alle fondazioni malate e ai truffatori di ogni specie. Che nel disastro del nostro Paese sguazzano come non mai. A me fa rabbia quando leggo sul 'New York Times» (11 dicembre 2014) che non c'è angolo dell'Italia che non sia corrotto. Intanto perché non mi piace che me lo dica il 'New York Times' e poi perché penso che non sia (ancora) così. Penso che l'Italia sia (ancora) un Paese straordinario. Penso che l'Italia sia un Paese pieno di persone perbene, di gente onesta e capace, di giovani coraggiosi e anziani meravigliosi, di storie intrise di genio, generosità e bravura.

Ogni anno, quando vado in giro a presentare il libro, fin nei più piccoli centri, da Frascaro a Favignana, da Courmayeur a Fano, rimango colpito dalla bellezza incantevole di ogni nostra contrada. E mi porto dietro, negli occhi e nel cuore, mille strette di mano, incontri, brevi conversazioni che valgono una vita, dolori e stupori, paure e proposte, rabbie e denunce, ritagli di giornale, ricordi, lettere e biscotti di mamme che mi fanno sentire com'è dolce, da Nord a Sud, il sapore della nostra terra. Ho incontrato, su e giù per la Penisola, centinaia di piccoli eroi quotidiani, di volontari commoventi, di persone che fanno il proprio dovere sempre e comunque, di commercianti calpestati eppure vivi, di piccoli artigiani vessati e combattivi, di padri portati alla disperazione e che nonostante tutto continuano a insegnare ai loro figli l'onestà. E per questo penso, sinceramente, che i delinquenti non l'abbiano ancora vinta, che gli abusivi siano ancora una minoranza rumorosa, che i farabutti non siano ancora abbastanza forti per lanciare l'Opa sull'intera nazione.

Ma il pericolo è dietro l'angolo. Le metastasi si sono moltiplicate. La disonestà sta diventando incurabile. E sarebbe un errore pensare che "è tutta colpa dei politici". I politici hanno commesso un errore fatale e imperdonabile quando hanno scelto per avidità ed egoismo l'autodistruzione. E proprio per questo sono finiti in balia dei pescecani. Che ci piaccia o no, ora noi dobbiamo imparare a riconoscere questi ultimi. Dobbiamo imparare a fermarli. A circoscriverli. A isolarli dal branco. Dobbiamo metterli a stecchetto e farli morire di fame. Dobbiamo evitare che s'impadroniscano definitivamente del Paese. E per farlo dobbiamo sfoderare l'arma più sicura e micidiale che abbiamo: la nostra onestà. Solo così questo Paese si potrà ancora salvare. p.s. Molte delle storie che leggerete nelle prossime pagine vi faranno arrabbiare. Molte vi faranno anche sorridere (lo spero). E molte vi sembreranno così assurde da non essere vere. Invece è tutto documentato, vi assicuro, fino all'ultima virgola. Mi verrebbe voglia di dire: purtroppo.

Pescecani

di Mario Giordano
Frecce Mondadori
Pagg. 228, euro 18