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Treviso, i russi non pagano il padiglione Expo e l'azienda fallisce

Dopo 40 anni di attività la ditta è costretta a chiudere, gli operai sono già a casa e senza lavoro

Dalle stelle alle stalle, come si suol dire.

E' quello che è successo all'azienda Sech Costruzioni Metalliche Spa di Refrontolo, in provincia di Treviso. Dopo oltre quarant'anni l'attività chiude: il 17 ottobre, infatti, è arrivata al proprietario Alessandro Cesca la sentenza del Tribunale di Treviso che accoglie l'istanza dei fornitori e decreta il fallimento. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata Expo 2015: la società era incaricata di costruire il cantiere del padiglione della Russia, ma quei lavori pari a 400 mila euro non sono mai stati pagati.

E' passato circa un anno e mezzo da quando Cesca si congratulava con i suoi dipendenti per aver finito prima del tempo il padiglione della Russia. Era un lavoro importante portato a termine, così come lo sono stati gli altri loro successi: i tornelli dello stadio di San Siro a Milano, il museo del tappeto a Baku, Ajerbaijan, e la stazione di Porta Susa a Torino. Nel 2013, la Sech Costruzioni aveva anche comprato il capannone della Indesit, un'altra azienda della zona fallita, e assunto alcuni suoi dipendenti. 

In quest'anno e mezzo Cesca ha lottato tanto per riavere quei 400mila euro mai riscossi, quelli che hanno aperto la crisi di liquidità e che, quindi, hanno portato al crac. Il caos si è venuto a creare perchè le due società che gestivano la partecipazione della Russia all'Esposizione Universale - Rvs Holding Srl, committente del lavoro, e RT-Expo Srl - avevano segnalato alcune non conformità al termine dei lavori. Non conformità mai riscontrate dal Ctu del Tribunale di Milano. 

"Nessuno ci ha aiutati, e si è innescata la catena che sta portando alla distruzione di tutto il nostro sistema di imprese: i clienti non mi pagano, io non riesco a pagare i fornitori. Può capitare a tutti, è la fine del Nordest", ha affermato Cesca a La Stampa

Anche altre otto imprese italiane sono state coinvolte nell'affair: qualcuna si è accontentata di avere solo il 20-30% dell'importo, mentre altri hanno fatto causa alla Russia, come la Sech. Tuttavia, la prima sentenza sarà a dicembre, quando la ditta sarà probabilmente smantellata del tutto. 

"Ci siamo ritrovati a lottare contro tutto e tutti. Nessuno del mondo della politica si è adoperato per darci una mano, figuratevi cosa possiamo fare noi contro un gigante come la Russia  - ha dichiarato il titolare sempre al quotidiano torinese - Sì, ci sarà una sentenza tra un paio di mesi, ma anche se fosse favorevole, credete che quei soldi li riavremo? Intanto io sono stato costretto a chiudere tutto, gli operai sono a casa e nessuno di noi sa cosa farà".