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Achille Lauro, trentʼanni fa il sequestro della nave da crociera: a bordo 450 ostaggi

Per due giorni finì nelle mani di quattro terroristi palestinesi dellʼOlp

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7 ottobre 1985. Un commando di quattro terroristi palestinesi sequestra la nave da crociera italiana "Achille Lauro" al largo delle coste egiziane. La maggior parte dei passeggeri è a terra per un'escursione, e a bordo ci sono circa 450 persone, fra passeggeri e membri dell'equipaggio. Tra loro anche i quattro terroristi, che attorno alle 13 prendono con le armi il controllo della nave. Al processo dichiareranno che la loro intenzione era, in realtà, di compiere un attentato nel porto israeliano di Ashdod, tappa successiva del viaggio, ma di essere stati scoperti e di essere passati all'azione in anticipo.

Achille Lauro, trentʼanni fa il sequestro della nave da crociera: a bordo 450 ostaggi

Da subito, i quattro si dichiarano appartenenti all'Olp, e chiedono la liberazione di 52 palestinesi detenuti in Israele, ma da Tunisi Yasser Arafat nega ogni responsabilità. La verità è che il commando appartiene al Fronte per la liberazione della Palestina, un gruppo radicale che, all'interno dell'Olp, si oppone alla linea di Arafat. Il governo italiano, guidato da Bettino Craxi con Giulio Andreotti ministro degli Esteri, decide di puntare sulla presa di distanze di Arafat dall'azione e chiede la collaborazione del presidente palestinese.

La mediazione e la fine dell'incubo per i passeggeri - Arafat invia due mediatori, e uno di questi è proprio Abu Abbas. Con il loro arrivo, la situazione prende una piega favorevole: ed il 9 ottobre i dirottatori si consegnano alle autorità egiziane salendo a bordo di una motovedetta. L'Achille Lauro può così dirigersi verso Port Said, dove attracca il 10 ottobre. Ma con la fine del sequestro arriva la conferma che l'azione dei terroristi non è stata senza vittime: Leon Klinghoffer, ebreo, cittadino americano, costretto su una sedia a rotelle, è stato ucciso e gettato in mare l'8 ottobre. E gli Stati Uniti decidono di reagire.

La reazione degli Usa - Gli accordi presi per la liberazione degli ostaggi prevedono che i quattro responsabili del sequestro siano portati in un paese arabo di loro scelta. Nella notte fra il 10 e l'11 ottobre, un aereo egiziano decolla per portarli a Tunisi; con loro ci sono anche i mediatori dell'Olp, compreso Abu Abbas. Ma a questo punto scatta l'azione degli Stati Uniti: l'aereo egiziano viene intercettato dall'aviazione degli Stati Uniti e costretto ad atterrare nella base Nato di Sigonella, dopo che il presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, ha ottenuto da Craxi l'autorizzazione all'atterraggio.

L'intervento del governo italiano - Ma una volta che l'aereo si trova in territorio italiano, il governo di Roma rivendica la gestione della situazione, e non permette alle forze degli Stati Uniti di prendere in consegna i terroristi ed i mediatori dell'Olp. L'aereo viene circondato da militari italiani che impediscono agli americani di avvicinarsi. E non si tratta solo di difesa dell'orgoglio nazionale; a bordo dell'aereo, ricorderà Craxi anni dopo, c'erano anche dieci militari egiziani, guidati da un ufficiale che aveva l'ordine di difendere l'aereo con la forza; se gli americani fossero entrati con la forza, ci sarebbe stata una battaglia in piena regola.

Il ruolo di Abu Abbas - Alla fine, i terroristi sono fatti scendere e arrestati dagli italiani. A Reagan, che ne chiede la consegna per farli processare in America, Craxi risponde che sono colpevoli di reati commessi in acque internazionali su una nave italiana, e che quindi la competenza è della magistratura italiana. I terroristi vengono portati nel carcere di Siracusa. Negli anni successivi saranno processati e condannati. Quanto ad Abu Abbas, in quel momento è considerato ancora un mediatore, e non il capo che ha ordinato l'azione. Può così ripartire a bordo dell'aereo egiziano che arriva a Roma, e da qui sarà libero di raggiungere Belgrado. Solo più tardi verrà accusato e condannato in contumacia come mandante dell'azione. Rifugiatosi in Iraq, sarà catturato dagli americani nel 2003, durante l'invasione, e morirà in prigionia un anno dopo.