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Truffa, peculato e falso: indagati in Sicilia 34 medici, infermieri, impiegati

Gli addetti finiti nel mirino della Procura di Termini Imerese sono accusati di aver operato ai danni del Servizio sanitario regionale: avrebbero agevolato alcuni pazienti ai danni di altri

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Trentaquattro tra medici, infermieri e personale amministrativo di Palermo sono indagati per peculato, falso, abuso d'ufficio e truffa ai danni del Servizio sanitario regionale.

Nel mirino della Procura di Termini Imerese sono finiti dipendenti della fondazione ospedaliera di Cefalù e impiegati dell'assessorato regionale alla Salute. Le contestazioni sono in gran parte dovute all'agevolazione al ricovero per alcuni pazienti a danno di altri.

A far scattare le denunce sono stati i carabinieri del Nas e l'attività investigativa aveva avuto inizio nel 2012. Al centro dell'indagine l'Unità operativa di chirurgia generale della Fondazione di Cefalù, dove sarebbero stati danneggiati pazienti regolarmente in lista d'attesa per il ricovero e non assistiti da personale medico della struttura stessa, in violazione delle normative nazionali e regionali relative alla prenotazione delle prestazioni sanitarie e accesso alle liste per poi essere sottoposti a intervento chirurgico, e anche in violazione della compartecipazione al costo delle prestazioni sanitarie.

Favoritismi e discriminazioni - Risulta pertanto leso, con il compimento deliberato di favoritismi e discriminazioni, il principio fondamentale dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione.

Intervento chirurgico illegittimo - Le indagini erano state avviate quando, a seguito di un controllo delle sostanze ad effetto stupefacente in dotazione al blocco operatorio della Fondazione, furono scoperte sia irregolarità sulla loro gestione, sia su un intervento chirurgico eseguito in maniera illegittima dal primario della unità e da altri sanitari che non documentarono come previsto un'operazione chirurgica eseguito su una paziente minore.

Ingiusti profitti economici - Le indagini fecero emergere che l'intervento fantasma sulla bambina era solo uno dei tanti, compiuti con le medesime modalità illecite, per favorire l'attività libero professionale e trarne il conseguente ingiusto profitto economico. Nello specifico, sono stati eseguiti interventi chirurgici privati utilizzando illecitamente le sale operatorie e i farmaci in dotazione all'ospedale, avendo cura di non lasciare traccia alcuna sui relativi registri. Inoltre, il medico utilizzava, in favore dei pazienti privati sottoposti ad intervento nella struttura pubblica, alcune equipe mediche e infermieristiche che invece, in qualche caso, erano riservate per le urgenze.