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Ilva, i giudici svizzeri bloccano il sequestro del tesoro dei Riva

Un miliardo e duecento milioni di euro restano nelle casseforti elvetiche perché "manca una sentenza, sarebbe un esproprio". I soldi servivano alla "bonifica" di Taranto

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Il tribunale federale di Bellinzona, in Svizzera, accogliendo il ricorso delle figlie di Emilio Riva, ha detto no al rientro in Italia di 1,2 miliardi di euro. I soldi erano stati sequestrati dai magistrati di Milano in una delle inchieste sulla gestione dell'Ilva. Per i magistrati elvetici, infatti, il rientro di questo patrimonio "costituirebbe un'espropriazione senza un giudizio penale".

La Procura di Zurigo potrà fare ricorso entro 10 giorni contro la decisione del Tribunale federale di Bellinzona che ha bocciato la richiesta di rientro in Italia dei circa 1,2 miliardi di euro sequestrati nel 2013 dai magistrati milanesi alla famiglia Riva che era proprietaria dell'Ilva di Taranto. Solo la Procura svizzera, dunque, potrà impugnare il provvedimento e non i magistrati di Milano. Nel frattempo, le somme restano sotto sequestro sui conti della banca Ubs di Lugano.

Lo scorso maggio, il gip di Milano Fabrizio D'Arcangelo aveva "sbloccato" il miliardo e 172 milioni di euro sequestrati nel maggio 2013, nell'ambito dell'inchiesta dei pm milanesi Stefano Civardi e Mauro Clerici, ai fratelli Emilio (morto l'anno scorso) e Adriano Riva e a due loro consulenti accusati di truffa ai danni dello Stato e trasferimento fittizio di beni.

I soldi servivano alla bonifica di Taranto - Nel decreto del giudice di Milano si applicava quanto previsto dalla legge cosiddetta "Salva Ilva", che prevede un sofisticato meccanismo tecnico per permettere al colosso siderurgico italiano in amministrazione straordinaria di utilizzare quei fondi, sequestrati ai Riva e sbloccati, e destinarli al risanamento e al rilancio dell'azienda, applicando tutte le prescrizioni del Piano Ambientale.

L'ordinanza del giudice era stata inoltrata dalla Procura di Milano a quella di Zurigo che, a sua volta, ha dato l'ok al rientro dei soldi in Italia e ha notificato il provvedimento alla banca Ubs di Lugano dove le somme erano custodite. A quel punto l'istituto di credito avrebbe dovuto far rientrare i fondi in Italia in modo che venissero impiegati, come prevede la "Salva Ilva", per la sottoscrizione di obbligazioni da parte dell'azienda di Taranto. Due figlie di Emilio Riva, però, nel frattempo hanno presentato nei mesi scorsi un ricorso in Svizzera per bloccare il provvedimento con il quale la Procura di Zurigo aveva dato il via libera al rientro dei soldi. E il Tribunale federale di Bellinzona ha dato ragione alle figlie dell'industriale.