FOTO24 VIDEO24 Logo Mediaset ComingSoon.it Donne logo mastergame Grazia Meteo.it People sportmediaset_negative sportmediaset_positive TGCOM24 meteo.it
Podcast DirettaCanale 51
Temi del momento

Dopo 32 anni svolta nel delitto Caccia: arrestato uno dei presunti assassini

Un 62enne torinese, di origini calabresi, è finito in manette per lʼuccisione del procuratore capo di Torino. Nel 1993 fu preso il mandante

bruno caccia
ansa

Uno dei presunti assassini di Bruno Caccia, il procuratore capo di Torino ucciso nel 1983, è stato arrestato dalla polizia. Si tratta di Rocco Schirripa, 62enne torinese di origini calabresi, attualmente impegnato come panettiere nella periferia della città piemontese. Nei suoi confronti "sono state raccolte numerose fonti di prova". L'inchiesta è stata coordinata dalla procura di Milano.

Dopo 32 anni svolta nel delitto Caccia: arrestato uno dei presunti assassini

Nel 1983 il delitto, nel 1993 fu arrestato il mandante - Bruno Caccia fu ucciso la sera del 26 giugno 1983, 32 anni fa, con 14 colpi di pistola mentre portava a spasso il suo cane sotto casa. Entrò in azione un commando composto da due persone. Per l'accaduto fu arrestato, nel 1993, il mandante del delitto, Domenico Belfiore, esponente di spicco della 'ndrangheta in Piemonte, poi condannato all'ergastolo e dal 15 giugno ai domiciliari per motivi di salute. Caccia stava indagando su numerosi fatti di 'ndrangheta tra cui alcuni sequestri di persona.

Caccia, "nitido esempio di dedizione allo Stato" - Cinque gradi di giudizio, conclusi con la condanna del boss Belfiore, non sono bastati a far piena luce sul delitto di un "nitido esempio di dedizione allo Stato, un uomo con la giustizia nel cuore", come i suoi colleghi, dal procuratore generale Marcello Maddalena al procuratore capo Giancarlo Caselli, lo hanno ricordato in questi anni. "Ci sono ancora troppi buchi", diceva l'avvocato Fabio Repici, il legale della famiglia Caccia, che in occasione del trentennale della morte avevano chiesto di riaprire il caso.

Fu seguita anche la pista del terrorismo - Erano gli anni di Piombo e per le strade del capoluogo piemontese scorreva il sangue del terrorismo e della criminalità organizzata. Ai principali quotidiani nazionali arrivano le prime rivendicazioni: da principio le Brigate Rosse, poi Prima Linea e persino in Nar. La matrice, però, si rivelò falsa e si fece strada l'ipotesi del crimine organizzato.

L'arresto dopo la riapertura del caso - "Cercheremo di riportare a galla elementi di indagini trascurate negli anni, ma che potrebbero aggiungere elementi di verità", diceva l'avvocato Repici. "E' improbabile che Belfiore abbia agito da solo e senza movente", insisteva il legale, ipotizzando il "coinvolgimento in concorso di soggetti calabresi e catanesi". Quei dubbi, scritti nero su bianco nella richiesta che il legale ha presentato alla procura di Milano, hanno portato alla riapertura del caso e quindi all'arresto di Rocco Schirripa.

Killer incastrato con una lettera anonima - L'uomo è stato incastrato grazie ad una lettera anonima inviata dagli inquirenti milanesi al boss Belfiore. In seguito alla lettera, infatti, sono state intercettate le "reazioni" sul coinvolgimento di Schirripa. La lettera anonima conteneva la fotocopia di un articolo del quotidiano "La Stampa" di 32 anni fa, con la notizia dell'arresto di Belfiore. E, sul retro, gli investigatori hanno scritto il nome "Rocco Schirripa", con l'obiettivo di sondare la reazione su uno dei sospetti che, all'epoca, era un "soldato" della famiglia Belfiore. Reazioni che non si sono fatte attendere.

Aveva progettato la fuga ma è stato catturato - Belfiore, che attualmente si trova agli arresti domiciliari, non sapendo di essere intercettato, pur utilizzando diverse precauzioni ha parlato dell'episodio con suo cognato, Placido Barresi, che era stato assolto dall'accusa di omicidio. Barresi ne ha parlato a sua volta con Schirripa che, interrogandosi su chi avesse inviato la lettera anonima con il suo nome, aveva anche progettato la fuga. E' stato però arrestato dalla Squadra mobile di Torino.

Boccassini: "Emozionata per la svolta nelle indagini" - Ilda Boccassini si è detta "emozionata" per la svolta nelle indagini, che lei stessa ha coordinato assieme al pm Marcello Tatangelo. "Le indagini hanno confermato che i calabresi sono stati mandanti ed esecutori materiali di un omicidio di mafia di questa portata", ha spiegato il capo della Dda di Milano. "Le indagini vanno avanti - ha proseguito - e stiamo verificando se l'omicidio sia stato voluto dalla famiglia Belfiore con il beneplacito dell'organizzazione in Calabria".