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Yara, Bossetti: "Quel Dna non è mio" Sull'arresto: "Trattato peggio di Riina"

Ripreso a Bergamo il processo per la morte della giovane. In aula anche la moglie Marita Comi. Lʼimputato: "Se uno è innocente non cede"

Yara, Bossetti:
ansa

E' ripreso il processo a Massimo Bossetti per l'omicidio di Yara Gambirasio.

"Il Dna trovato sugli abiti di Yara non mi appartiene - ha detto durante il secondo giorno di interrogatorio nell'aula di Bergamo -. E' un Dna strampalato che per metà non corrisponde. Tirate fuori le vere prove". Il muratore di Mapello ha poi ribadito di conoscere la ragazzina "solo di vista". Presente in aula anche Marita Comi, la moglie dell'imputato.

Seduta in prima fila, la donna non si è fermata a parlare con i giornalisti. Nei giorni scorsi, invece, quando il carpentiere di Mapello ha iniziato a rispondere alle domande del pm Letizia Ruggeri, non era presente.

Bossetti: "Non ho fatto niente e lo sapete" - "E' dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda - ha detto ancora Bossetti -. Non ho fatto niente e voi lo sapete". Il magistrato ha ribattuto che un giudice ha ritenuto che dovesse rimanere in carcere e un altro che gli elementi a suo carico sono stati giudicati tali da sostenere un giudizio. "Evidentemente la vicenda non è strampalata come dice lei", ha aggiunto la Ruggeri.

"Mai cercato 13enni sul web" - Nel corso dell'interrogatorio davanti alla Corte d'Assise, Bossetti ha poi escluso di aver mai fatto ricerche in Internet riguardanti su ragazzine o 13enni. "Assolutamente no, quelle ricerche nei nostri non possono esserci". Bossetti però ha ammesso che talvolta "in intimità, quando i figli erano a letto" lui e la moglie guardavano "entrambi" siti pornografici confermando così quanto in precedenza raccontato dalla stessa consorte.

"Trattato peggio di Riina" - "Il mio arresto è stato una schifezza, una cosa indegna: non avevo mai visto tante forze dell'ordine, 30 o 40 carabinieri. Neanche per Totò Riina". Lo ha detto Bossetti ricostruendo il suo arresto, il 16 giugno 2014. "Subito dopo pensai che Yara Gambirasio fosse stata uccisa per mettermi nei guai".

"Ero disperato, tentai suicidio" - Dopo il fermo, Bossetti è stato tenuto in isolamento per 45 giorni, periodo in cui era "disperato". Bossetti ha ricordato con la voce rotta dalla commozione di aver "tentato il suicidio: ma poi vedendo attaccata al muro l'unica foto che avevo, una foto della mia famiglia, non ce l'ho fatta. Ogni volta che ero preso dallo sconforto guardavo loro. Ho tratto forza da quella foto". Non è la prima volta che Bossetti parla di tentato suicidio. Successe già a luglio ma la polizia penitenziaria smentì.

"Il furgone ripreso non è il mio" - Incalzato dal pm Ruggeri, Bossetti ha "escluso categoricamente" che il furgone ripreso dalle telecamere di sorveglianza di Brembate di Sopra la sera della scomparsa di Yara sia il suo. Il carpentiere di Mapello, infatti, ha sottolineato che da "alcuni elementi visti nel video" è evidente "che non si tratta del mio autocarro". "In giro ce ne sono tanti simili - ha detto -, la cabina è uguale in tutti i furgoni Iveco ma la morfologia del cassone è molto diversa dal mio".

"Se uno è innocente non cede" - Rispondendo invece alle domande dei suoi legali riguardo possibili pressioni in carcere perché confessasse, l'imputato ha risposto: "Se uno è innocente, su che cosa deve cedere? Ho ricevuto pressioni da tutti". Bossetti ha aggiunto che sua moglie, durante i colloqui, gli fece un "quarto grado: se avessi mentito me lo avrebbe letto negli occhi".