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Terrorismo, chiusa indagine a Milano su siriani: preparavano armi chimiche

I 13 indagati sono accusati di aver commesso una serie di atti di violenza nel Milanese e in Siria tra il 2011 e il 2012. La maggior parte di loro è al momento irreperibile

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I magistrati di Milano hanno chiuso le indagini su un gruppo di 13 siriani accusati di aver commesso una serie di atti di violenza nel Milanese e in Siria tra il 2011 e il 2012. Sei di loro sono accusati di terrorismo internazionale e sono partiti dall'Italia per arruolarsi con l'Esercito libero siriano, il gruppo armato che combatte contro il presidente Assad e le sue truppe.

Tra gli atti di violenza commessi in Siria c'è anche la "preparazione" di armi chimiche. A Haisam Sakhanh, capo del gruppo che nell'hinterland milanese, che avrebbe intimidito con aggressioni almeno sei persone che sostenevano Assad, viene contestato anche di aver fatto parte di una banda di ribelli che in Siria fucilò 7 soldati di Assad, dopo averli torturati.

Un altro dei sei indagati nell'ambito dell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Alessandro Gobbis e Adriano Scudieri e condotta dalla Digos è Ammar Bacha, che viveva anche lui a Cologno Monzese e che sarebbe andato nello stesso periodo in Siria. Gli altri quattro avrebbero agito in Italia.

Al gruppo di 13 siriani, inoltre, vengono contestati una serie di atti di violenza tra Milano, Cologno Monzese, Brugherio, Parabiago e Busto Garolfo, contro altri siriani sostenitori del regime di Assad, tra l'estate del 2011 e i primi mesi del 2012. In quel periodo, infatti, due siriani titolari di un bar a Cologno Monzese sono stati aggrediti e gravemente feriti e il locale è stato distrutto con bastoni e tubi di ferro. Per questo agli indagati, a vario titolo, vengono anche contestate le accuse di lesioni aggravate, danneggiamento aggravato, minacce e violenza privata.

Inoltre, stando alle indagini, il gruppo di siriani avrebbe anche portato dall'Italia alla Siria materiale d'armamento, come visori notturni e puntatori di precisione. Sistemi di armamento, comunque, comerciabili liberamente e quindi per questi fatti non vengono contestati reati.

Lo scenario in cui si inquadra questa indagine è particolare e delicato perché fa riferimento ad un periodo storico, il 2012, in cui in Siria l'esercito libero siriano combatteva contro Assad. Alcune fazioni, però, già si stavano avvicinando al gruppo estremista islamico di Al Nusra, ma non l'Isis non aveva ancor preso piede in quell'area.

Haisam Sakhanh, detto Abu Omar, tra l'altro, stando a quanto accertato dagli investigatori, è uno dei ribelli siriani che vengono ripresi in un video del New York Times, pubblicato nel settembre 2013, mentre uccidono con una vera e propria esecuzione alcuni soldati dell'esercito siriano di Assad. Episodio questo, in violazione del diritto umanitario e del diritto bellico, contestato nell'inchiesta.

A quella esecuzione, poi, è anche legata la lettura di un proclama che evidenziava una svolta in chiave jihadista dei combattenti, tra cui Sakhanh. La gran parte dei siriani indagati sono tuttora in Siria o all'estero e dunque irreperibili.