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Regionali,firme false:assolto ex presidente provincia Milano Podestà

Guido Podestà, che in primo grado era stato condannato a due anni e nove mesi di reclusione, è stato assolto "per non aver commesso il fatto"

E' stato assolto "per non aver commesso il fatto" dalla Corte d'appello di Milano Guido Podestà.

L'ex presidente della Provincia del capoluogo lombardo in primo grado era stato condannato a due anni e nove mesi di reclusione, per il caso delle circa 900 firme ritenute false e poste a sostegno del listino di Roberto Formigoni e della lista Pdl per le elezioni regionali lombarde del 2010.

In particolare, i giudici della seconda sezione penale della Corte d'Appello, oltre ad assolvere con formula piena Podestà), hanno confermato le condanne, ma con riduzione delle pene rispetto al primo grado perché hanno escluso delle aggravanti, per gli ex consiglieri provinciali del Pdl Massimo Turci (2 anni) e Barbara Calzavara (1 annno e 6 mesi con sospensione condizionale) e Marco Martino (8 mesi).

Per l'altro ex consigliere, Nicolò Mardegan, invece, è stata dichiarata la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti successivi con trasmissione degli stessi atti alla Procura. Per i tre ex consigliere condannati, inoltre, il risarcimento stabilito in primo grado a favore dell'amministrazione provinciale, parte civile, è stato ridotto e portato a 30 mila euro.

Per Podestà, che all'epoca era coordinatore lombardo del Pdl e nel processo difeso dal legale Gaetano Pecorella, il sostituto pg Felice Isnardi aveva chiesto la conferma della condanna a 2 anni e 9 mesi di carcere emessa nel novembre del 2014. Il giudice Monica Amicone della quarta sezione penale, tra l'altro, a seguito dell'inchiesta coordinata dall'allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo e scattata dopo un esposto dei Radicali, con la sentenza aveva riqualificato il reato contestato a Podestà e agli altri imputati da falso ideologico in falso elettorale (previsto dalla legge speciale n. 570 del maggio 1960).

L'ex presidente della Provincia, tirato in ballo nell'inchiesta dall'allora responsabile della raccolta firme Clotilde Strada (ha patteggiato la pena), si è sempre difeso dall'accusa parlando anche "della superficialità nella ricerca della verità da parte della Procura".