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Pedofilia, don Mauro Inzoli risarcirà cinque vittime

Il capo di Cl Cremona era stato sospeso da Ratzinger. Con il risarcimento la difesa evita di avere nel processo le parti civili

L'ex capo carismatico di Comunione e Liberazione in provincia di Cremona, don Mauro Inzoli, risarcirà cinque vittime di abusi.

Alle famiglie di ciascuna di loro consegnerà 25mila euro: il più grande di loro ha 16 anni, il più piccolo ne ha 12. Sono parti offese nel procedimento che vede accusato di violenza sessuale davanti al Tribunale di Cremona il religioso originario di Crema, ora residente a Milano, che nel 2012 fu sospeso da Ratzinger.

Don Inzoli, di 66 anni, detto don Mercedes per la sua passione per le auto di lusso, è stato anche fondatore e presidente del Banco alimentare di Crema e animatore della onlus cremasca "Fraternità". Con il risarcimento la difesa evita di avere nel processo la costituzione di parti civili.

Il gup del Tribunale di Cremona, Letizia Platè, ha accolto anche la richiesta di processo con rito abbreviato. Si tornerà quindi in aula il 29 giugno.

Contestati otto episodi di violenza sessuale - Il procuratore Roberto di Martino contesta a don Inzoli otto episodi di violenza sessuale. Il sacerdote li avrebbe commessi fra il 2004 e il 2008, abusando della sua autorità, sia nell'ufficio dove teneva gli esercizi spirituali, sia negli alberghi dove Cl portava i ragazzi per la villeggiatura estiva. All'epoca il prete era rettore del liceo linguistico "Shakespeare" di Crema e parroco della chiesa della Santissima Trinità della stessa città.

Prescritti altri 15 casi di pedofilia - Sono invece prescritti altri episodi, una quindicina, delle quali sarebbero stati vittime giovani oggi maggiorenni.

La reazione del Vaticano - La Santa Sede, con papa Ratzinger, aveva agito nel 2012 riducendo don Inzoli allo stato laicale. Il ricorso del prete aveva fatto sì che la sanzione venisse però ammorbidita.

l 27 giugno del 2014 papa Francesco l'aveva trasformata in una "pena medicinale perpetua", che imponeva a don Inzoli una "vita di preghiera e di umile riservatezza come segni di conversione e penitenza".

Inchiesta penale partita grazie a un deputato di Sel - A promuovere l'azione penale davanti alla magistratura ordinaria italiana era stato Franco Bordo, deputato di Sel, che il 30 giugno 2014, tre giorni dopo la sentenza religiosa, presentò in procura l'esposto dal quale partì l'indagine. Il Vaticano si era opposto alla consegna degli atti dell'inchiesta ecclesiastica.