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Monza, condannati a tre anni di carcere per stalking ai vicini

Insulti sulle scale, taglio dei fili elettrici e disegni osceni sulla porta: i giudici hanno punito gli "atti persecutori" compiuti da una coppia

Monza, condannati a tre anni di carcere per stalking ai vicini - foto 1
ap-lapresse

Tre anni di carcere, niente sospensione condizionale della pena e niente attenuanti generiche, per aver invece molestato i vicini di casa in condominio.

E' la dura sentenza emessa dal Tribunale di Monza, nei confronti di due persone, condannate per stalking esercitato contro alcuni vicini di casa, attraverso "atti persecutori che hanno causato un perdurante e grave stato di ansia e paura nelle vite" degli inquilini.

Come riporta il Corriere, la coppia condannata, di 49 e 45 anni, ha messo in atto una serie di "dispetti" nei confronti dei vicini per i più futili motivi: dagli insulti proferiti (anche a bambini, con epiteti del calibro di "puttanella") nella scalinata comune al chiamare insistentemente l'ascensore per impedire agli altri di usarlo, fino ai disegni osceni sulla porta d'ingresso e alla rottura dei fili nel contatore elettrico.

Vessati da questi continui "atti persecutori", come li hanno definiti i giudici, i condomini hanno deciso di piazzare una telecamera di sorveglianza sul proprio pianerottolo. Di pronta risposta, gli autori delle malefatte hanno chiesto in assemblea condominiale, senza successo, di rimuovere il dispositivo per "violazione del decoro del palazzo e della privacy". "Sono libero di salire quando voglio senza che nessuno debba poter filmare la mia persona", aveva dichiarato in quell'occasione uno dei condannati.

Nonostante le forti provocazioni, si legge negli atti del processo, i vicini di casa vessati "non hanno in nessuna occasione replicato alle molestie e alle minacce ricevute, tenendo al contrario nei loro confronti un comportamento che molti dei loro conoscenti, ivi compresi alcuni di testimoni interrogati, avevano giudicato fin troppo arrendevole". Gli inquilini vittime di stalking si sono infatti "arresi" acquistando un altro appartamento e cambiando residenza: "Avevamo troppa paura, non si riusciva più a vivere". La giudice monocratica Angela Colella ha inoltre riconosciuto loro un anticipo di 15mila euro sul futuro "integrale risarcimento dei danni morali da stabilire in sede civile".