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Consiglio Stato: legittime benedizioni a scuola extra lezioni

I giudici ritengono che il rito, per chi intenda praticarlo, "ha senso in quanto celebrato in un luogo determinato

Le benedizioni a scuola, fuori dalle lezioni e facoltative, sono legittime.

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato. I giudici hanno accolto il ricorso del ministero dell'Istruzione ribaltando la decisione del Tar Emilia Romagna che aveva annullato la delibera con cui un istituto di Bologna, nel 2015, le aveva autorizzate. Il rito non può "in alcun modo incidere sullo svolgimento della didattica e questo non diversamente da altre attività parascolastiche".

Nello specifico i giudici ritengono che il rito, per chi intenda praticarlo, "ha senso in quanto celebrato in un luogo determinato, mentre non avrebbe senso (o, comunque, il medesimo senso) se celebrato altrove; e ciò spiega il motivo per cui possa chiedersi che esso si svolga nelle scuole, alla presenza di chi vi acconsente e fuori dall'orario scolastico, senza che ciò possa minimamente ledere, neppure indirettamente, il pensiero o il sentimento, religioso o no, di chiunque altro che, pur appartenente alla medesima comunita', non condivida quel medesimo pensiero e che dunque, non partecipando all'evento, non possa in alcun senso sentirsi leso da esso".

Inoltre "non può logicamente attribuirsi al rito delle benedizioni pasquali", con i limiti stabiliti in questo caso, "un trattamento deteriore rispetto ad altre diverse attività 'parascolastiche' non aventi alcun nesso con la religione". "C'è da chiedersi - prosegue la sentenza - come sia possibile che un (minimo) impiego di tempo sottratto alle ordinarie e le attività scolastiche, sia del tutto legittimo o tollerabile se rivolto a consentire la partecipazione degli studenti" ad attività culturali, sportive o ricreative "mentre si trasformi, invece, in un non consentito dispendio di tempo se relativo ad un evento di natura religiosa, oltretutto rigorosamente al di fuori dell'orario scolastico".

I giudici aggiungono quindi che "per un elementare principio di non discriminazione, non puo' attribuirsi alla natura religiosa di un'attività, una valenza negativa tale da renderla vietata o intollerabile unicamente perché espressione di una fede religiosa, mentre, se non avesse tale carattere, sarebbe ritenuta ammissibile e legittima". E' la stessa Costituzione, nell'articolo 20, si ricorda, a porre "un divieto di trattamento deteriore, sotto ogni aspetto, delle manifestazioni religiose in quanto tali".