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Donna uccisa a coltellate a Pesaro, l'assassino ha confessato: massacrata per una frase offensiva

Il marocchino aveva negato per tutta la notte, poi è crollato

Donna uccisa a coltellate a Pesaro, l'assassino ha confessato: massacrata per una frase offensiva - foto 1
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E' un cittadino marocchino di 38 anni l'assassino di Sabrina Malipiero, la 52enne uccisa con una coltellata alla gola nella sua casa di Pesaro.

L'uomo, Zakaria Safri, è stato interrogato assieme a decine di altri sospetti e ha negato per tutta la notte. Soltanto in mattinata ha confessato. Alla base del delitto "futili motivi", probabilmente una frase ritenuta offensiva.

La vittima era una donna sola, forse fragile, finita in quello che gli inquirenti definiscono "un brutto giro" con la casa aperta a varie frequentazioni e conoscenti. Uno dei quali l'ha uccisa, durante una lite banale mentre era sotto l'effetto della cocaina. E ora non sa spiegarsi perché lo ha fatto.

Aveva aperto la porta al suo assassino. Un frequentatore abituale della casa. Una volta dentro, una frase denigratoria della donna ha scatenato una reazione abnorme: l'uomo ha preso a pugni Sabrina, lasciandole il volto tumefatto, poi le ha inferto due coltellate al collo, una delle quali l'ha raggiunta alla giugulare, provocando la morte per dissanguamento. Un massacro che Safri, davanti agli inquirenti ha tentato di giustificare dicendo di essere sotto l'effetto della cocaina.

Ha lavato l'arma del delitto, un coltello da cucina lasciando in casa. Poi ha fatto una serie di gesti sconclusionati, lasciando in giro una maglietta sporca di sangue, portando via alcuni oggetti ed effetti personali. E' fuggito a bordo della Daewoo Matiz della vittima: un'auto che in realtà aveva preso in prestito varie volte e che poi ha abbandonato in un'altra parte della città.

Il corpo della donna è stato scoperto quasi 24 ore dopo, intorno a mezzogiorno di sabato dal figlio di Sabrina, dopo che la madre non si era presentata al lavoro. Le indagini si sono presto focalizzate sulle frequentazioni più recenti e assidue della vittima, analizzando i contatti del suo telefono cellulare. Una decina di persone sono state convocate in Questura. Ma mentre gli altri sono andati via dopo essere stati sentiti, Safri è rimasto.

Ad insospettire gli investigatori, prima di tutto la mano destra tumefatta (con cui aveva preso a pugni quella che ha definito "la mia amica Sabrina"), poi un graffio sul petto (che la vittima gli ha procurato mentre cercava disperatamente di difendersi). E ancora le chiavi della Daewoo Matiz nera, gli oggetti (soprattutto bigiotteria) provenienti dall'abitazione di Sabrina trovati in casa sua. Per ore Safri ha negato, fornendo spiegazioni fuorvianti e sconclusionate, sempre più insostenibili, arrivando a dire di essere arrivato nell'appartamento dell'amica e di averla trovata già morta o agonizzante, di avere cercato di soccorrerla e poi di essere scappato per paura.

Solo domenica mattina presto è crollato e ha confessato tutto: ora si trova nel carcere di Villa Fastiggi, con l'accusa di omicidio volontario con l'aggravante dei futili motivi. Perché nessuno è riuscito sinora a dare una spiegazione sensata a quello che è avvenuto.