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Napoli, minore violentata dal branco costretta ad andare in Germania per rifarsi una vita: "Lasciata sola"

"Non si è fatto abbastanza per assicurare protezione alla 15enne", è lʼamaro commento del garante per lʼinfanzia e lʼadolescenza della Regione Campania

Per tornare a vivere ha lasciato con la famiglia il paese d'origine, Pimonte, Napoli, per andare in Germania.

La 15enne violentata un anno fa da un branco di 12 coetanei, tra i quali c'era il fidanzato, è stata lasciata senza supporto e senza gli aiuti psicologici promessi. Da qui la decisione di andar via dall'Italia. A denunciare il triste epilogo dell'altrettanto triste storia è stato il Garante per l'infanzia e l'adolescenza della Regione Campania Cesare Romano. "Sono costretto a constatare - denuncia - che non si è fatto abbastanza per assicurare protezione alla giovane: l'esclusione sociale che la ragazza ha dovuto subire ha aggravato il suo disagio psicologico; in Germania, forse, la minore e la sua famiglia potranno riacquistare la tranquillità di cui ha bisogno".

A centinaia di chilometri da casa, dunque, la 15enne potrà riguadagnare la tranquillità "negata" e un equilibrio psicologico andato in pezzi. "Circa un anno fa la comunità di Pimonte è stata sconvolta dalla terribile vicenda, - ricorda Romano - una situazione che ha destabilizzato psicologicamente la minore e la sua famiglia i quali con coraggio hanno trovato la forza di denunciare l'accaduto. All'indomani della notizia, molti gridavano allo scandalo stigmatizzando l'accaduto e sollecitando le istituzioni locali e regionali perché adottassero le iniziative necessarie a proteggere la minore e a sensibilizzare gli adolescenti di Pimonte per stimolare una condanna collettiva dell'accaduto".

"Sono costretto a constatare, purtroppo, - sottolinea il Garante - che non si è fatto abbastanza per assicurare protezione alla giovane: i continui scherni e l'esclusione sociale che la ragazza ha dovuto subire hanno aggravato il suo disagio psicologico al punto che la famiglia ha deciso di abbandonare il paese di Pimonte e trasferirsi nuovamente in Germania dove, forse, la minore e la sua famiglia potranno riacquistare la tranquillità di cui ha bisogno". Il dito, dunque, è puntato contro "l'insensibilità istituzionale dimostrata da chi aveva assunto impegno di interessare gli organi giudiziari sull'epilogo della vicenda e di voler recuperare un più attento protagonismo nell'accompagnare, almeno in questa ultima fase, la minore e la sua famiglia".

"Chi ha avuto il coraggio di denunciare - continua Romano - è costretto ad abbandonare la comunità dove era rientrato con entusiasmo e dopo tanti sacrifici, mentre gli autori dei fatti denunciati, che sono stati messi alla prova nello stesso comune, continueranno a scorrazzare indisturbati. Questo il modello per i nostri giovani? Questa la giustizia? Questa la protezione?".

All'epoca dei fatti, a Pimonte, le reazioni furono vibranti, soprattutto da parte del vescovo e dal sindaco anche se, qualcuno, tra i genitori dei violentatori minorenni, si permise di dire che la giovane "se l'era cercata". Undici ragazzi autori dello stupro di gruppo vennero trasferiti in una comunità di recupero con l'accusa di violenza sessuale. Un altro, che aveva meno di 14 anni, venne invece affidato alla famiglia. "Le vittime non sono mai colpevoli", disse il parroco di Pimonte, poco dopo avere appreso la notizia dello stupro. Un'esortazione a non coltivare sentimenti di vergogna che però, alla fine, hanno avuto la meglio sulla ragazzina, forse anche per colpa di chi avrebbe potuto fare di più per lei e invece non l'ha fatto.