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Irpinia, 40 morti nel bus precipitato in una scarpata: rinviati a giudizio tutti i 15 indagati

La prima udienza sarà al tribunale di Avellino il 28 settembre, quando prenderà il via il processo. La strage risale al 28 luglio 2013

Il gup del Tribunale di Avellino ha rinviato a giudizio tutti i 15 indagati nell'inchiesta per la strage del bus precipitato dal viadotto Acqualonga dell'A16 a Monteforte Irpino (Avellino) il 28 luglio del 2013.

La tragedia costò la vita a 40 persone. Il giudice, Francesco Fiore, ha accolto le richieste della Procura, confermando le ipotesi di reato per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Il processo prenderà il via il 28 settembre.

Saranno giudicati, tra gli altri, i vertici della società Autostrade per l'Italia che, secondo i risultati dell'inchiesta della Procura di Avellino, "avevano l'obbligo giuridico di impedire il gravissimo incidente stradale": nella perizia commissionata dalla Procura a una equipe di esperti di fama nazionale, in particolare è emerso che la barriera protettiva del viadotto cedette all'impatto con il bus perché i "tirafondi", cioè i bulloni che fissano al suolo la barriera, erano vistosamente usurati dal tempo e non erano stati realizzati interventi di manutenzione.

Ma secondo i pm non furono solo le barriere a provocare il disastro. Il veicolo su cui viaggiava la comitiva non era stato revisionato e aveva percorso 800mila chilometri. La stessa perizia ha accertato che il bus, percorrendo il tratto in discesa in direzione Napoli, ebbe un guasto all'impianto frenante. L'autista, Ciro Lametta, morto nell'incidente, tentò di rallentare la corsa senza controllo dell'automezzo accostandosi alle barriere protettive del viadotto, che invece cedettero.

Sul banco degli imputati compariranno Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l'Italia spa, e Riccardo Muollo, all'epoca direttore generale, insieme ai componenti della direzione centrale della societa', Giulio Massimo Fornaci (responsabile pavimentazione e barriere di sicurezza); Marco Perna (responsabile delle barriere di sicurezza sull'intero tratto della Napoli-Canosa), con i direttori, succedutisi negli anni, del Sesto Tronco, nel quale ricade il viadotto "Acqualonga": Nicola Spadavecchia, Paolo Berti, Michele Renzi, Gianluca De Franceschi, Michele Maietta, Giovanni Marrone e Antonio Sorrentino.

Completano la lista degli imputati Gennaro Lametta, fratello di Ciro Lametta, titolare dell'agenzia che noleggiò il bus, e i due dipendenti della Motorizzazione Civile di Napoli, Vittorio Saulino e Antonietta Ceriola: devono rispondere anche di falso in atto pubblico per aver attestato falsamente l'avvenuta revisione del bus. I difensori dei vertici della società Autostrade avevano chiesto il proscioglimento dei loro assistiti. In particolare, il professor Franco Coppi, che assiste l'ad Giovanni Castellucci, aveva evidenziato che "l'organizzazione della società in nove dipartimenti, (ognuno dei quali corrisponde ad un tronco autostradale di 300 km), prevede l'autonomia operativa dei responsabili, che esclude il coinvolgimento in responsabilità dei vertici aziendali".

Delle 113 parti civili ammesse all'udienza preliminare ne arriveranno al processo meno della metà, in seguito all'accordo sui risarcimenti raggiunto in questi mesi con la compagnia assicuratrice della società Autostrade. Si tratta di parenti stretti delle vittime che quella domenica d'estate stavano tornando a Pozzuoli (Napoli) dopo una gita di alcuni giorni trascorsa nei luoghi di san Pio da Pietrelcina.