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C'è chi i migranti li ospita davvero: storie di accoglienza familiare

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Una maglietta rossa per fermare l'emorragia di umanità.

L'iniziativa a sostegno dei migranti, promossa dall'associazione Libera, continua a far discutere. Come evidenziato dal quotidiano Il Tempo, sono pochi i personaggi pubblici dichiaratisi disponibili a ospitarne qualcuno in casa propria. Questo, tuttavia, è proprio ciò che oggi accade in alcune famiglie italiane. Persone comuni capaci di eccezionale generosità.

E' ad esempio il caso di Cristina Bottazzi e di suo marito Luca, che a Mestre ospitano Mohamed, un 19enne ivoriano. Galeotto fu un servizio de Le Iene sulla Refugees Welcome, un'associazione tedesca che da quattro anni si occupa dell'accoglienza dei rifugiati nelle famiglie europee. L'accordo stretto da queste ultime è su base volontaria, senza rimborsi né sussidi e per un periodo minimo di cinque mesi. “Quando Mohamed è arrivato eravamo un po' agitati”, confessa Cristina. La sua principale preoccupazione era “proteggerlo e cercare di farlo sentire a casa”. Dopo qualche mese, il bilancio è più che positivo: Caba – come viene comunemente chiamato il ragazzo – ha già trovato un impiego come aiuto cuoco e ha ricevuto i complimenti del suo datore di lavoro.

Sempre in Veneto, un'altra coppia ha scelto di rivolgersi alla Refugees Welcome. Si tratta di Andrea e Bruna Cavazzana, che risiedono il provincia di Padova. Fino allo scorso febbraio vivevano con Gumbadin e Hajikhan, due 24enni afghani. L'intento era quello di accompagnarli verso l'inclusione e l'autonomia. Non a caso, i giovani vivono ora nella vicina Monselice, dove hanno entrambi trovato un'occupazione. E i Cavazzana hanno già rinnovato all'associazione la loro disponibilità a ospitare altri migranti. “Certo, ci sono abitudini diverse, ma a tutto si trova rimedio – raccontano. I ragazzi ci hanno promesso che quando avranno nostalgia verranno a trovarci”.

Anas, un rifugiato siriano di 27 anni, ha invece trovato casa a Bologna. Nel capoluogo emiliano ha potuto ricevere le cure necessarie a salvare la sua gamba destra, ferita da due proiettili. “Stavo uscendo di casa per prendere qualcosa e, mentre scendevo le scale, mi sono trovato davanti un cecchino”. Da lì, l'inizio del suo viaggio verso una vita migliore. Resta anonima la famiglia ospitante. Manifesta invece la sua gratitudine: “Ringrazio le persone che mi hanno accolto, trattandomi come un essere umano e restituendomi speranza e dignità”.

Infine, sono ben tre i nuovi “inquilini” di due signore di Sciolze, in provincia di Torino: la nigeriana Vivian e i suoi bambini, di 3 e 7 anni. “L'arrivo di questa piccola famiglia ha profondamente modificato le nostre abitudini – riferiscono. C'è più movimento, più entusiasmo e giorno per giorno ci confrontiamo da vicino con una nuova cultura, diversa e distante della nostra”. Molti passi sono stati fatti da dicembre 2016: oggi i bambini frequentano le scuole e Vivian sta imparando la nostra lingua grazie a un corso di italiano.