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Usura, sette arresti a Messina

Chiesti interessi fino al 300%

La polizia ha eseguito a Messina sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti degli esponenti di un'organizzazione accusati di usura, estorsioni e riciclaggio.

Gli indagati avrebbero praticato prestiti con interessi fino al 300% servendosi per fare pressioni sulle vittime dell'appoggio di un noto esponente della criminalità locale del clan Mangialupi di Messina. Tra le vittime un noto avvocato messinese.

Proprio il legale, noto in città, era costretto a commettere reati per poter pagare gli strozzini e far fronti ai debiti maturati dagli interessi.

L'operazione antiusura e antiracket che ha portato all'arresto di sette persone, sei delle quali in carcere e una ai domiciliari, è stata battezzata "brillantina". Il blitz della squadra mobile è lo sviluppo dell'arresto in flagranza di un finto perito assicurativo e avvocato, Nunzio Venuti, scattato lo scorso 7 aprile, mentre intascava da un venditore "porta a porta" mille euro su un prestito da 40mila euro concesso a un tasso del 30% mensile.

I provvedimenti cautelari sono stati firmati dal gip, Daria Orlando, su richiesta dei sostituti della Dda Angelo Cavallo e Fabrizio Monaco. E' stata fatta luce sulle modalità di un giro di usura che applicava tassi dal 240 al 360%.

Tra le persone finite in carcere anche l'avvocato Tommaso D'Arrigo che da vittima di Venuti ne è divenuto complice e che deve rispondere anche di circonvenzione d'incapace nei confronti di un professore di fisica deceduto nel 2009 e al quale erano stati sottratti 121mila euro di pensione d'invalidità, facendolo vivere in condizioni di miseria, con soli 20 euro a settimana. A garantire il "recupero crediti" a Venuti gli esponenti del clan Mangialupi e, in particolare, il boss Benedetto Aspri, al quale il provvedimento è stato notificato in carcere.

Tra le persone arrestate anche Felicia De Salvo e il cognato Gaetano Vento che avrebbero riciclato il denaro di Nunzio Venuti. A loro la Mobile ha sequestrato due appartamenti e un'auto di Venuti fittiziamente intestati a loro. Nunzio Venuti dopo anni di truffe assicurative si era inventato un'attività legale e aveva aperto uno studio utilizzando il tesserino dell'avvocato Tommaso D'Arrigo; studio che - secondo l'accusa - usava anche per ricatti sessuali filmando i suoi incontri con donne.