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Papa,via crucis pensando a L'Aquila

"Appaia ai sofferenti luce del Risorto"

"Preghiamo con tutti i sofferenti della terra terremotata dell'Aquila, preghiamo perché appaia anche a loro la luce del Risorto".

Con queste parole Benedetto XVI ha concluso la tradizionale via crucis del Colosseo, che ha ripercorso "la vicenda tragica di un Uomo unico nella storia di tutti i tempi, che ha cambiato il mondo non uccidendo gli altri, ma lasciandosi uccidere appeso ad una croce".

"Il volto sfigurato di Gesù - ha detto con commozione il Pontefice - si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata".

"Vogliamo dire a noi stessi che tutto non è perduto nei momenti di difficoltaà. Quando le cattive notizie si susseguono, siamo oppressi dall'ansia. Quando la disgrazia ci colpisce più da vicino, ci scoraggiamo. Quando una calamità fa di noi le sue vittime, la fiducia in noi stessi è del tutto scossa e la nostra fede è messa alla prova. Ma non tutto è ancora perduto", recitava la meditazione letta dall'attrice Paola Pitagora mentre la croce di legno percorreva le varie stazioni passando di mano dal card. Agostino Vallini a una famiglia romana, ai frati di Terra Santa, a un handicappato in carrozzella, a una coppia di studenti africani.

Il testo preparato dal vescovo salesiano di Guwahati, nella martoriata terra indiana dell'Orissa, ha ricordato ai 20 mila fedeli presenti che "sotto la superficie di calamità naturali, guerre, rivoluzioni e conflitti di ogni genere, vi è una presenza silenziosa, vi è un'azione divina mirata: egli rimane nascosto nel mondo, nella società, nell'universo".

Una grande croce fiammeggiante dominava la scena, mentre bracieri accesi erano poggiati ai lati del Colosseo, illuminato dalle migliaia di faiccole tenute in mano dai fedeli. Il Papa è rimasto per tutto il tempo in ginocchio sulla terrazza del Palatino, con sulle spalle la mozzetta rossa, protetto da un semplice gazebo bianco. Alla vigilia dell'82esimo compleanno e con le fatiche dell'intero Triduo Pasquale è del tutto normale - si fa notare in Vaticano - che gli si sia risparmiato questo ulteriore sforzo. E anche l'anno scorso si era seguito lo stesso criterio.

Molto coinvolgenti le parole lette a commento delle 14 stazioni. "Cristo è in agonia tra di noi e nei nostri tempi". Accanto alle "persone innocenti che hanno sofferto, che sono morte combattendo per la libertà, l'uguaglianza o la giustizia", il Signore "è umiliato in nuovi modi anche oggi: quando realtà tra le più sacre e profonde della fede sono banalizzate, quando si lascia che il senso del sacro si sgretoli e il sentimento religioso è classificato tra i resti sgraditi dell'antichità".

"Nella vita pubblica tutto rischia di essere desacralizzato: persone, luoghi, promesse, preghiere, pratiche, parole, scritti sacri, formule religiose, simboli, cerimonie. La nostra vita sociale diviene sempre più secolarizzata. Il sacro è cancellato. La vita religiosa diventa timida. Così vediamo che le questioni più importanti sono collocate tra le inezie e le banalità glorificate. Valori e norme, che tenevano insieme le società e guidavano la gente a più alti ideali, sono derisi e gettati a mare. Gesù continua ad essere ridicolizzato".

E "vi sono anche società incuranti del proprio futuro. Cristo probabilmente piange per i loro figli. Dovunque vi sia noncuranza per il futuro, attraverso l'uso eccessivo delle risorse, il degrado dell'ambiente, l'oppressione delle donne, l'abbandono dei valori familiari, il mancato rispetto delle norme etiche, l'abbandono delle tradizioni religiose".